logo tiscali tv

L’efficienza gioca in casa

di La nuova ecologia

Leggi più veloce

L’efficienza energetica è una fonte alternativa poco nota e poco sfruttata, in particolare nel settore edilizio. In Italia i consumi energetici del comparto civile, residenziale e terziario, coprono da soli circa il 32% del totale nazionale e incidono del 27% sulle emissioni di gas climalteran-ti. A frenare la riqualificazione sono soprattutto la mancanza di una chiara politica nazionale e un modello produttivo che lascia ampio spazio all’irregolarità del lavoro e alle infiltrazioni criminali.

Ripartire dal 55%
«L’efficienza non ha bisogno di incentivi elevati – sottolinea Dario Di Santo, direttore della Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia (Fire) – ma di inter- venti certi da parte del legislatore. Utile, per esempio, stabilizzare fino al 2020 la detrazione del 55% sulle spese documentate per la riqualificazione energetica degli edifici. La percentuale potrebbe essere elevata al 60% e sganciata dai limiti temporali nel caso in cui la riqualificazione energetica fosse associata a quella sismica». 

Il territorio è la nostra prima infrastruttura e la rigenerazione ecosostenibile degli edifici e di intere aree urbane può diventare il tramite per la messa in sicurezza del costruito nazionale, l’emersione del lavoro nero e, in un periodo di crisi drammatica, il rilancio dell’occupazione.  «Non è sufficiente guardare all’edificio se questo rimane slegato dal contesto sociale ed economico – precisa Roberto Rizzo, scrittore e giornalista scientifico esperto in tematiche energetiche – È necessario ripensare l’urbanismo nell’ottica del minor consumo, progettare i quartieri in modo differente. Il prototipo di casa passiva Canopea che 

ha vinto il Solar Decathlon 2012 di Madrid lo scorso settembre, è un aggregato urbano di nanotowers, cioè piccoli grattacieli, dove convi- vono uffici, negozi e abitazioni che strizzano l’occhio alla mobilità sostenibile. L’ultimo piano è di condivisione: spazi comuni che ospitano la lavanderia e consentono di ridurre non solo i consumi energetici ma anche quelli di materie prime preziose come l’acqua».

Ricostruire il futuro
Se si vuole ripensare il modello abitativo il vero campo di intervento è il costruito. Gli edifici nuovi rappresentano infatti una quota inferiore all’1% del patrimonio complessivo, che è databile in larga parte al secondo dopoguerra e poco attento agli aspetti energetici. In questo scenario edilizio viene da chiedersi quale sia la valenza della direttiva europea 31/2010 in tema di obiettivo Nearly Zero Emission sugli edifici nuovi.  «I risultati che questa normativa può produrre direttamente – spiega Dario Di Santo – sono pochi. Iniziative di questo genere hanno il pregio di creare imitazione e stimolare il rinnovamento del costruito esistente attraverso un’operazione mediatica: al tiggì passano i servizi sulle nuove abitazioni sostenibili e questo crea attenzione verso il problema e spinge ad efficientare il vecchio. Una sfilza di numeri sui risparmi possibili di un retrofit a emissioni zero non è accattivante come una bella immagine».
In Italia la riqualificazione del patrimonio esistente soffre anche per l’approccio miope e meramente conservativo riservato agli edifici di valore storico, sottovalutati da una legislazione che tende ad essere più incisiva sulle nuove costruzioni. Occorrono modelli di recupero e utilizzo che non si fermino al semplice restauro ma che incrocino le esigenze dell’efficientamento e la fruibilità dei valori culturali.  Ricorda Roberto Rizzo che «oggi possediamo tecniche, strumenti e materiali innovativi che consentono di proteggere questi beni, come i moduli solari a basso impatto visivo simili alle tegole dei nostri centri storici, quello che manca sono le azioni di monitoraggio e le linee guida operative per il progettista che spesso si scontra con il parere negativo delle soprintendenze». 

Famiglie da formare
Per sostenere i progetti di riqualificazione è necessario formare gli operatori del settore: molte soluzioni tecnologiche sono poco note e quindi non vengono proposte al consumatore finale. In più le famiglie sono spesso ancorate a un’idea di comfort che ha elevati costi ambientali e che deriva da una cattiva informazione. Il risparmio energetico è associato a una diminuzione del benessere perché non si comprende che l’efficienza non riduce i consumi, ma spinge l’innovazione tecnologica ad assicurare lo stesso livello di agi a costi inferiori. «Siamo culturalmente molto limitati – continua Roberto Rizzo – raramente abbiamo fatto attenzione ai temi energetici: è sufficiente che l’elettricista metta a norma la nostra caldaietta e ci sentiamo in regola con la coscienza. Tuttavia l’aumento dei costi delle bollette elettriche ha imposto una maggiore attenzione che si è tradotta in un risparmio annuo di circa 500 euro a famiglia». Insomma, i vincoli attuali ci spingono verso nuove soluzioni meno energivore e investire sul rispar- mio è una strategia vincente. 

07/06/2013