logo tiscali tv

Ripensare la terra: la proposta di Legambiente per l'agricoltura

Ripensare la terra la proposta di Legambiente per lagricoltura
di La nuova ecologia

Leggi più veloce

'L'agricoltura è l'attività principale che regola lo scambio tra uomo e ambiente, a partire dalla produzione di cibo. L'agricoltura nei millenni ha plasmato la cultura e le tradizioni delle comunità locali italiane, ne ha scandito i ritmi di lavoro e i giorni di festa, ha disegnato i territori e il paesaggio'. Questo esordio del Manifesto della nuova agricoltura (reperibile all'interno del volume La terra che vogliamo) indica in estrema sintesi perché dovrebbe stare a cuore a tutti gli italiani un settore apparentemente marginale dal punto di vista del prodotto interno lordo.

Ma che cosa significa 'nuova' agricoltura? Non si tratta tanto di un riferimento ai giovani o alle nuove tecniche. Piuttosto di un confronto fra due visioni: quella della qualità e quella della quantità. Rovesciando una celebre frase di Hegel, siamo convinti che sarà la qualità a garantire la quantità (e il basso prezzo) e non viceversa.

Prendiamo un episodio recente. Lo scorso 20 giugno alle 14,30, sotto un sole rovente, piazza Montecitorio a Roma era invasa da un'onda gialla. Erano centinaia di agricoltori di Coldiretti che insieme a Legambiente, Aiab, Greenpeace, Slow Food e altre associazioni manifestavano contro l'autorizzazione a seminare mais transgenico in Friuli e contro le lentezze del governo nell'adottare misure già approvate dal Senato e da due ministeri per bloccare queste coltivazioni. Cosa spingeva questi agricoltori a compiere quest'atto di protesta in un torrido pomeriggio romano? Un'evidente incompatibilità professionale ed economica, oltre che culturale, con il progetto degli ogm. Loro da anni lavorano sulle filiere agroalimentari di qualità, sul recupero della varietà tradizionali italiane – molti sono anche agricoltori biologici e biodinamici – e non possono accettare che le loro coltivazioni rischino l'inquinamento genetico a causa di un'unica semente standard, brevetto di una multinazionale privata, che ha invaso circa un terzo dell'intera produzione mondiale di mais (47 milioni di ha di mais Gm su 161, secondo Isaaa e Fao 2010). Al di là del principio di precauzione, l 'Italia non ha nulla da guadagnare nell'adottare questi semi uguali in qualsiasi parte del mondo e a legarsi mani e piedi a un solo fornitore: non potrà mai competere con i prezzi del mais argentino o nordamericano e soprattutto non avrebbe alcuna qualità in più da offrire.

Quegli agricoltori in piazza col berretto giallo sono un esempio di che cosa intendiamo per 'nuova' agricoltura, mentre non lo è affatto ciò che propongono Monsanto e Aventis con i loro brevetti di piante geneticamente modificate. Sembra un paradosso trovare più innovativa una protesta di agricoltori rispetto alle tecniche di ricombinazione delle sequenze del genoma. Il punto è che lo sviluppo applicativo delle piante gm resta completamente circoscritto nel vecchio paradigma dell'agroindustria del Novecento e in particolare della cosiddetta 'Rivoluzione verde', tutta protesa verso un unico obiettivo: fornire più cibo possibile al minor prezzo. Un paradigma da guardare con rispetto perché ha consentito, almeno in Occidente e in parte dell'ex blocco sovietico, di eliminare lo spettro secolare della fame dalle campagne. Per la prima volta nella storia, le famiglie italiane – come ricordò negli anni Sessanta l'allora governatore della Banca d'Italia, Guido Carli – potevano disporre di carne o pesce ogni giorno sulla loro tavola.

Il ricorso massiccio alla chimica di sintesi, alla selezione genetica, agli allevamenti industriali senza terra e alla meccanizzazione agricola ha favorito infatti un balzo iniziale nella produttività delle colture, nonché una trasformazione radicale dei meccanismi della distribuzione e dei consumi alimentari. Ma a che prezzo? Sempre minore disponibilità di acque di falda e di superficie, impoverimento del suolo, deforestazione (tuttora in atto nell'area tropicale), erosione genetica, forzatura della maturazione e stagionalità dei prodotti con perdita dei sapori, cibi contaminati da residui chimici pericolosi per l'uomo e l'ambiente, rischi di malattie molto gravi anche per l'uomo come i virus dell'influenza aviaria e batteri resistenti agli antibiotici. Senza dimenticare il notevole contributo di fertilizzanti e allevamenti intensivi di bovini all'effetto serra.

Ma anche in termini culturali e salutistici il prezzo è piuttosto salato. È ormai luogo comune ricordare che un bambino italiano su tre risulta obeso. La possibilità di avere cibo a minor prezzo, arricchito di sali, zuccheri e grassi, ci ha reso più indifferenti al cibo che ingurgitiamo, magari in un caffè nella pausa pranzo. Cibo senza valore, che gettiamo allegramente per strada o in discarica, dal momento che per ogni individuo dell'Unione si sprecano 180 kg di cibo l'anno (Preparatory study on food waste across Eu 27 Commissione Europea, 2010). Spreco in buona parte (42%) responsabilità diretta delle famiglie e della sindrome da accaparramento che spesso guida la spesa nei supermercati.

La diffusione di pochissime varietà ogm in agricoltura, aldilà di tutte le perplessità sui rischi salutistici, non farebbe altro che accelerare l'impoverimento genetico degli ecosistemi riducendo, dunque, la loro 'resilienza', ossia la capacità di difendersi da attacchi esterni, proprio come la riduzione di anticorpi in un individuo umano. E appiattirebbe ulteriormente la qualità del cibo. Perché la qualità del cibo non nasce dalle ricette del cuoco, come pretende MasterChef, ma dalla qualità degli ingredienti, che a sua volta nasce dalla qualità del suolo, delle varietà usate e del modo di fare agricoltura. La più grande realtà del biologico italiano, Alce Nero, che raggruppa oltre mille agricoltori e apicoltori, in questi ultimi anni sta lavorando proprio sul recupero di varietà tradizionali di grano duro perché sono queste a fare la differenza di qualità e di resistenza naturale ai parassiti (quindi meno pesticidi). E anche di rese. Certe varietà di grano duro, come il Senatore Cappelli, un tempo diffuso ampiamente in sud Italia e che conferiva la speciale fragranza dei pani di Altamura o di Matera, con la meccanizzazione erano state abbandonate perché avevano spighe talmente pesanti che con le piogge spesso 'allettavano', ossia si piegavano a terra e diventava impossibile raccoglierle con le mietitrebbia degli anni Cinquanta. Ma il progresso tecnico fortunatamente fa evolvere anche le mietitrebbia. Anche una grande impresa alimentare come Barilla ha deciso di ripartire dall'agricoltura per garantire qualità e sicurezza alimentare. Dalle sperimentazioni condotte sul grano duro nel 2011-12 con 25 aziende agricole italiane, dislocate in vari territori della penisola, è emerso che alla fine proprio i sistemi più sostenibili (quelli che grazie a corrette rotazioni colturali sottraggono meno sostanza organica al terreno, consumando meno azoto, acqua ed energia) sono quelli che possono garantire maggiori rendimenti economici e meno rischi di micotossine negli alimenti.

La nuova agricoltura, delineata nel Manifesto di Legambiente, dunque è già all'opera ed è per sua natura 'multifunzionale' in quanto offre una pluralità di servizi ai cittadini. Innanzitutto può dare un contributo fondamentale alla tutela delle risorse naturali e degli ecosistemi e al contrasto dei cambiamenti climatici: il suolo è il più grande giacimento di carbonio (circa il doppio di quello in atmosfera) e il metodo più semplice per sequestrare il carbonio nel suolo sono alcune pratiche agricole, come i sovesci. Il principale protagonista di questa tutela è l'agricoltura biologica con le sue molteplici varianti, come l'agricoltura biodinamica o la permacoltura, in genere le mille forme di agricoltura legate alle vocazioni dei territori. Secondo, a partire dal rispetto delle risorse naturali e del benessere animale, nonché dalla salvaguardia del germoplasma locale, ci offre cibo sano e di qualità, garantisce tutela dei saperi e dei sapori che rendono unico e irripetibile ogni territorio italiano. Terzo, con questi prodotti, con l'ospitalità agrituristica, le fattorie didattiche, i percorsi della memoria, contribuisce a valorizzare il territorio e a tutelarne il paesaggio.

C'è un altro bene fondamentale che indichiamo nel Manifesto. Puntare alla tutela di un marchio territoriale, a prodotti certificati che garantiscano origine delle materie prime e processi di lavorazione, esige un lavoro di squadra. E questa capacità di fare rete, purtroppo ancora sconosciuta in vari territori rurali del Sud Italia, rende gli agricoltori più forti sul mercato e comporta un risultato straordinario anche sul piano dei diritti. Chi opera in filiere territoriali certificate, non solo è meno ricattabile dagli intermediatori commerciali, ma garantisce maggior rispetto delle regole, dei diritti del lavoro

Il futuro più promettente e dinamico dell'agricoltura italiana sono gli agricoltori e allevatori che non si limitano più a vendere sementi o altre materie prime, ma trasformano e vendono prodotti di eccellenza dentro i locali della loro azienda (2.795 gli spacci aziendali rilevati nel 2012 da Bio Bank, con una crescita del 120% in 5 anni), che spesso impiegano varietà e razze tradizionali, capaci d'innovare a anche di attingere agli antichi saperi della cultura rurale, come la conoscenza dei molteplici usi delle piante e delle erbe spontanee. È questo tipo di agricoltura, innovativa e multifunzionale, per cui vale la pena che si spenda il 40% del bilancio dell'Unione Europea, in quanto garantisce il benessere dei suoi cittadini. Ed è questo tipo di agricoltura che può destare impegno professionale e passione nei giovani. Lo segnalano anche alcuni dati recenti, forniti da Coldiretti.

In controtendenza rispetto alla crisi, nel primo trimestre 2013 non solo l'agricoltura italiana aumenta Pil e occupati (anche se di un modesto 0,1% e 0,7%), ma aumenta soprattutto il numero dei giovani assunti sotto i 35 anni (+ 9%), mentre le iscrizioni agli istituti professionali agrari hanno registrato una crescita record del 29%



23/10/2013