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Saldi ecosostenibili, quando lo shopping è green

Diffidare della moda fast & cheap, delle tinture chimiche e dei tessuti sintetici, largo alle fibre naturali e biologiche. Ecco i saldi green

di Stefania Elena Carnemolla

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Tempo di saldi e di gincane tra negozi alla ricerca dell’occasione migliore tra abbigliamento, calzature e accessori. Nella fretta spesso, però, non si bada alla qualità, all’impatto ambientale e ai lati oscuri del mondo della moda: “Con l’inizio del nuovo anno, come di consuetudine, prendono il via anche i saldi invernali. In questo periodo subiranno un sensibile aumento le vendite nei negozi di abbigliamento, con moltissime persone che approfitteranno delle offerte per rinnovare un po’ il proprio guardaroba” così, Barbara Molinario, esperta di moda e presidentessa di Road to Green 2020, associazione no profit per la promozione dello sviluppo sostenibile, la sostenibilità energetico-ambientale, l’innovazione sostenibile e i benefici ambientali e sociali. “L’importante però” continua “è scegliere i capi giusti che non siano solo di tendenza, ma che siano anche rispettosi dell’ambiente. Non dimentichiamo che l’inquinamento dell’industria del fashion è secondo solo al petrolio, con una produzione di gas serra maggiore rispetto a quella prodotta da tutti gli spostamenti navali e aerei del mondo. Per questo tutti noi dovremmo prediligere quei produttori che realizzano le proprie creazioni senza impattare troppo sull’ambiente”.

Saldi ecosostenibili 

Anche i saldi, pertanto, possono essere concepiti in chiave ecosostenibile, seguendo, ad esempio, alcuni consigli  pensati per l’occasione da Road to Green 2020. Tutto ruota intorno al diffidare della moda fast & cheap, delle tinture chimiche e, sostanzialmente, dei tessuti sintetici, cui andrebbero preferite le fibre naturali meglio se biologiche. In questo senso diventa fondamentale leggere le etichette alla ricerca dell’indicazione del tipo di fibre utilizzate, della percetuale presente, se il capo, ad esempio, non abbia ricevuto certificazioni come il Global Organic Textile Standard, che attesta l’utilizzo di filati da agricoltura biologica, o quella, ancora, che indica l’impiego di tinture biocompatibili e una certificazione come quella conosciuta come Fair Trade, che riguarda l’etica: “Per orientare le nostre scelte” raccomanda, pertanto, Barbara Molinario “è bene imparare a leggere le etichette degli abiti”.

Tinture chimiche e tessuti sintetici

Alcune sostanze impiegate per tingere i tessuti sono tossiche per l’ambiente perché contaminano le acque di scarico dell’industria che le produce. Una soluzione tuttavia c’è e riguarda gli impianti di depurazione, di cui non tutti i produttori sono “provvisti”. Anche i tessuti sintetici possono nuocere all’ambiente: “Queste fibre, infatti” ricorda Road to Green 2020 “sono spesso derivate dal petrolio, la loro lavorazione produce gas nocivi e il prodotto finale è qualcosa di non naturale e non biodegradabile”.

Fibre naturali

Le fibre naturali, in particolare se da agricoltura biologica, sono da preferire a quelle sintetiche perché hanno un minore impatto sull’ambiente. Né è un caso che il 2009 sia stato scelto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come Anno internazionale delle fibre naturali per “accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica e delle industrie del fashion e incentivarne l’utilizzo”. Oggi, rispetto al passato, ricorda Road to Green 2020, in commercio si trovano tessuti naturali alternativi provenienti dalla lavorazione di materiali organici di scarto come bucce di agrumi, crusca, esoscheletro dei crostacei e la vinaccia, tutti “completamente biocompatibili”.

Moda fast & cheap?

La moda fast & cheap è ormai una realtà, con capi, scarpe e accessori a buon mercato ma di scarsa qualità, che durano spesso una sola stagione nell’ottica dell’usa e getta e dietro la cui lavorazione si nascondono frequenti episodi di sfruttamento della manodopera: “Per immettere sul mercato a prezzo bassissimo” spiega Road to Green 2020 “un prodotto che deve essere seminato, cresciuto, raccolto, filato, tagliato e cucito, lavorato, impacchettato e trasportato, i produttori non si limitano ad utilizzare materie prime di bassa qualità, ma sono costretti a pagare meno del dovuto tutti i lavoratori della filiera, con situazioni che talvolta arrivano al limite dello sfruttamento. Meglio, dunque, orientarsi verso prodotti equo e solidali, realizzati non solo rispettando l’ambiente, ma anche tutti i lavoratori che hanno contribuito al processo produttivo, garantendo loro condizioni e paghe eque. Acquistando uno di questi capi, stiamo, di fatto, aiutando lo sviluppo economico di un determinato distretto, in Italia o all’estero”.

Riciclare e smaltire gli abiti usati

Indossa, usa e getta, alt: c’è un’alternativa agli abiti usati? La prima donarli, anche personalmente, a chi ne ha bisogno o portarli nei centri di raccolta. Liberarsene gettandoli nella spazzatura non solo non è etico, ma dannoso per l’ambiente. Le alternative, a parte la donazione, infatti ci sono: “La maglia comprata la scorsa stagione non ti piace più? Non gettarla nella spazzatura” così, Road to Green 2020. “Finirebbe nelle discariche per poi essere bruciata, producendo gas nocivi, o sotterrata, con un impatto negativo sull’ambiente. Approfittate dei programmi lanciati da molti grandi marchi della moda che, in cambio dei vostri vecchi capi, vi doneranno dei buoni shopping, spesso utilizzabili anche nel periodo dei saldi. I vestiti raccolti saranno riciclati, in un’ottica di economia circolare”.

 

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08/01/2019