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Stop al falso cibo made in Italy

Stop al falso cibo made in Italy
di La nuova ecologia

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Si sono presentati, nonostante il freddo polare, in migliaia tra agricoltori e allevatori al valico del Brennero per combattere la loro “Battaglia di Natale” a difesa dei prodotti Italiani.

La manifestazione del 4 dicembre è stata indetta da Coldiretti per protestare contro le importazioni di prodotti scadenti spacciati per italiani e per chiedere l'emanazione di una legge che imponga l'etichettatura dei prodotti alimentari.

I manifestanti, dopo aver montato in un'area di sosta un tendone sotto il quale hanno preparato pasti e bevande calde, hanno iniziato a fermare i camion per chiedere quale merce trasportassero e quale fosse la provenienza della stessa. Significativi gli striscioni esposti: '615mila maiali in meno in Italia grazie alle importazioni alla diossina dalla Germania', '1 mozzarella su 4 è senza latte', 'Il falso prosciutto italiano ha fatto perdere il 10% dei posti di lavoro', 'Fuori i nomi di chi fa i formaggi con caseine e cagliate'.

Ma qual'è realmente la situazione del comparto agroalimentare in Italia? Secondo il Dossier presentato oggi dalla Coldiretti, il 33% dei prodotti alimentari in vendita in Italia o esportati, contiene materie prime importate. Ma il consumatore non può saperlo perché la presenza di componenti non autoctone non viene dichiarata sull'etichetta. Ma non basta, la carne di due prosciutti su tre proviene da allevamenti stranieri, tre cartoni di latte Uht su quattro, sono esteri. Persino prodotti tipici sono realizzati con materie prime scadenti e di importazione. Ad esempio, l'italianissima pasta, è preparata con un 30% di farine non autoctone, così come la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o persino con cagliate straniere, per non parlare poi delle salse al pomodoro ottenute utilizzando concentrato cinese o dell'olio d'oliva nord africano, del riso vietnamita, del miele cinese.

I produttori non si curano affatto della salute dei consumatori, mirano esclusivamente a conseguire guadagni elevati garantiti da materie prime a basso costo. Risultato? La chiusura di 140mila tra aziende alimentari e allevamenti, specialmente di maiali, la crisi dell'intero settore agroalimentare con 36mila occupati in meno. Perciò 'occorre dare completa attuazione alle leggi sulla etichettatura all'origine, rendere trasparente l'indicazione dei flussi commerciali con l'indicazione delle aziende che importano materie prime dall'estero ‒ afferma il presidente Moncalvo, che aggiunge – bloccare ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola. Rendere operativa la legge che vieta pratiche di commercio sleale, tali da permettere di pagare agli allevatori e agli agricoltori meno di quanto spendono per produrre'.

Un settore, quello agroalimentare, che potrebbe essere trainante per traghettare l'Italia fuori dalla crisi e che invece, a causa della mancanza di adeguate politiche di sostegno, produce appena il 70 per cento dei prodotti alimentari che si consumano nel Paese. In particolare, importiamo il 40 per cento di latte e carne, il 50 per cento del grano tenero destinato al pane, il 40 per cento del grano duro destinato alla pasta, il 20 per cento del mais e l'80 per cento della soia. Un trend in crescita del 22% dall'inizio della crisi ad oggi con in testa le importazioni di pomodoro fresco (+59 per cento), riso (+ 49 per cento), cereali (+45 per cento), latte (+26 per cento), frutta e verdura (+33 per cento) e carne di maiale (+16 per cento). Materie prime che una volta sbarcate in Italia vanno a comporre prodotti poi venduti o peggio esportati come made in Italy, rischiando di minare per sempre la credibilità del comparto alimentare italiano.

Ma lo scoglio maggiore per poter varare una legge efficace sulla tracciabilità risiede nel parlamento europeo dove le lobbies dell'agroalimentare dettano legge.



06/12/2013