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Vino biologico e biodinamico, il nuovo volto dei vigneti italiani

Vino biologico e biodinamico il nuovo volto dei vigneti italiani

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Tra i mille volti capaci di rappresentare il vino nostrano stanno guadagnando un ruolo da protagonisti il vino biologico e quello biodinamico, sorseggiati con interesse dai consumatori nazionali e internazionali. Vediamo quali sono le caratteristiche che li accomunano e quali le differenze che ne esaltano l’unicità.

Nel Belpaese il vino biologico si è ritagliato uno spazio economico importante e una certezza normativa. Secondo i dati del Sinab (Sistema di informazione nazionale sull'agricoltura biologica) i vigneti bio nel 2012 hanno superato i 57mila ettari, ovvero l'8,6% in più rispetto all'anno precedente. E a incoraggiare il trend ora contribuisce l’approvazione del Regolamento Europeo 203/2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della UE il 9 Marzo 2012, che ha regolarizzato il processo produttivo di questo comparto del vino, dichiarandone un’esistenza ufficiale che sfocia nel poter stampare sulle etichette la dicitura “vino biologico”, e nel poter inserire il logo europeo che contraddistingue tutti i prodotti bio (la foglia formata da dodici stelle bianche su sfondo verde brillante). 

La normativa stabilisce che un vigneto è biologico quando si produce uva coltivata senza far ricorso a sostanze chimiche di sintesi (concimi, insetticidi, diserbanti, pesticidi di vario genere) e senza l’impiego di organismi geneticamente modificati  (Ogm).
In cantina, per quanto riguarda gli ingredienti e i coadiuvanti di processo (le sostanze aggiunte ai mosti o ai vini per favorire determinate reazioni), vengono ammessi quasi tutti quelli di origine naturale, con la raccomandazione di preferire i biologici a quelli di sintesi chimica.
Il regolamento europeo fa poi chiarezza sul tenore massimo di solfiti (sostanze che derivano dal processo di fermentazione alcolica) fissandoli per il vino rosso a 100 mg per litro (150 mg/l per il vino convenzionale) e per il vino bianco e rosé a 150mg per litro (200 mg/l per il vino convenzionale).
In ultimo, ma solo in ordine di elenco, ogni azienda vitivinicola produttrice di vino biologico necessita di una certificazione di conformità da parte di un ente certificatore.

Nelle enoteche sempre più spesso accanto ai vini biologici stanno comparendo i vini ottenuti con uve prodotte secondo il metodo biodinamico, formulato negli anni ’20 del secolo scorso dal filosofo e pedagogista austriaco Rudolf Steiner. Tra i principi base del metodo agricolo biodinamico quelli di conservare la fertilità della terra concimandola con materie nutritive naturali, di rendere sane le piante in modo che possano resistere alle malattie e ai parassiti, e di produrre alimenti di eccelsa qualità.
Nel caso del vino, affinché si possa parlare di uve provenienti da agricoltura biodinamica, ci sono regole e limiti da rispettare durante le fasi di coltivazione dell’uva, della vendemmia e durante il processo di vinificazione. Regole che sono stabilite da alcuni enti e associazioni, ma al momento non c’è un riferimento normativo europeo univoco. Infatti, ciascun vino biodinamico rispecchia il disciplinare dell’ente specifico cui appartengono i produttori vinicoli.

Su territorio nazionale, ad esempio, è presente l’associazione francese La Renaissance d’Appellation che nella sua Carta di qualità esclude l’utilizzo di ogni varietà di additivi aromatici, di enzimi e batteri, di zuccheri, ed esclude i metodi di alterazione dell’acidificazione, della chiarificazione e così via. Nel caso dell’associazione di produttori biodinamici Demeter Italia che ha registrato il marchio di vino Demeter/Biodynamic ®, ogni produttore deve, invece, rispettare uno standard entrato in vigore nell’agosto del 2013, riassumibile nell’utilizzo al 100% di uve certificate Demeter e coltivate in Italia, nella raccolta manuale dell’uva in fase di vendemmia con il ritorno delle vinacce alla vigna dopo un adeguato compostaggio, nell’uso di macchinari che rispettino il più possibile l’integrità del processo di trasformazione uva-vino, nel ricorso a contenitori di legno, acciaio o terracotta, e al rispetto di altre numerose norme riportate nello Standard per la vinificazione.

10/03/2014