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World Press Photo 2018: i vincitori delle categorie natura e ambiente

World Press Photo 2018 i vincitori delle categorie natura e ambiente
di Stefania Elena Carnemolla

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Environment, ambiente, è la nuova categoria del World Press Photo, prestigioso concorso di fotogiornalismo mondiale della World Press Photo Foundation di Amsterdam. 312 le fotografie selezionate, in occasione dell’ultima edizione, per 8 categorie: Contemporary Issues, Environment, General News, Long-Term Projects, Nature, People, Sports, Spot News. 42 i fotografi selezionati, 22 i paesi di provenienza: Australia, Bangladesh, Belgio, Canada, Cina, Colombia, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Norvegia, Russia, Serbia, Sud Africa, Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Venezuela.

Il premio World Press Photo of the Year è andato al fotoreporter venezuelano Ronald Schemidt di Agence France-Presse e al suo scatto di un ragazzo che scappa, avvolto dalle fiamme a seguito dell’esplosione di una motocicletta, durante una manifestazione di protesta del 3 maggio 2017 contro il presidente Nicolás Maduro, a Caracas.    

Questo articolo vi parlerà, invece, dei vincitori delle categorie Environment e Nature.

Vincitori della categoria Environment sezione scatti singoli sono Neil Aldridge e Thomas P. Peschak.

Neil Aldridge ha vinto il primo premio con Waiting For Freedom. Lo scatto, del 21 settembre 2017, ritrae un giovane rinoceronte bianco, drogato e bendato, pronto ad essere rilasciato allo stato selvatico nel Delta dell’Okavango, in Botswana, dopo il suo trasferimento dal Sud Africa per proteggerlo dai bracconieri. Il Botswana sta, infatti, salvando i rinoceronti trasferendoli nei propri santuari naturali. I rinoceronti bianchi sono una specie a rischio a causa del corno, molto richiesto, in particolare in Cina e in Vietnam, per le sue presunte proprietà medicinali e usato anche come ingrediente di droghe ricreative. Il corno di rinoceronte viene venduto a peso d’oro, secondo alcune stime anche fra i 20.000 e i 30.00 euro al kg.

Thomas P. Peschak ha vinto il secondo premio con Attack of the Zombie Mouse. Lo scatto, del 1° maggio 2017, ritrae un giovane albatros dalla testa grigia sull’isola di Marion, nel territorio antartico del Sud Africa. L’albatros era rimasto ferito dopo un attacco di topi di una specie invasiva che si nutre di cuccioli di albatros e di giovani albatros. I topi furono introdotti sull’isola nell’Ottocento dai cacciatori di foche, convivendo con gli uccelli per quasi due secoli. Nel 1991 il Sud Africa eradicò i gatti selvatici dall’isola, dimenticando di farlo con i topi, la cui popolazione, in costante aumento, avrebbe finito, a causa delle scarse fonti di cibo, con l’attaccare albatros e procellarie. Una guardia ambientale è stata ora nominata per monitorare la popolazione di topi e condurre esperimenti con esche avvelenate su larga scala.

Sempre Thomas P. Peschak ha vinto il terzo premio con Back in Time. Lo scatto, dell’11 marzo 2017, ritrae un’immagine di una colonia di pinguini africani, scattata nel 1890 sull’isola di Halifax, in Namibia, in netto contrasto con quella della popolazione odierna di pinguini fotografati nella stessa località. Il pinguino africano, un tempo l’uccello marino più diffuso dell’Africa australe è, infatti, in via di estinzione, con la popolazione, secondo una ricerca dell’università di Città del Capo, negli ultimi 30 anni ridottasi più della metà. Dietro il declino, la richiesta di guano, gli escrementi, usato come fertilizzante, il consumo umano di uova, l’ormai quasi assenza nel mare intorno all’isola di Halifax di sardine e acciughe, di cui si nutrono i pinguini.

Vincitori della categoria Environment sezione Stories sono Kadir van Lohuizen/Noor Images, Luca Locatelli per National Geographic e Daniel Beltrá.

Kadir van Lohuizen/Noor Images ha vinto il primo premio con Wasteland, serie di scatti che riflettono sulla sovrapproduzione di rifiuti su scala globale. Secondo una ricerca della Banca Mondiale nel mondo vengono prodotti 3,5 milioni di tonnellate di rifiuti solidi al giorno, dieci volte la quantità di un secolo fa. L’aumento del numero di persone e della prosperità economica ne alimentano la crescita: man mano che i paesi diventano più ricchi, la composizione dei loro rifiuti, infatti, cambia fino a includere più imballaggi, componenti elettronici e apparecchi rotti, ma meno materia organica. Le discariche sono ormai al collasso e il World Economic Forum riferisce che entro il 2050 negli oceani vi sarà più plastica che pesci. Una documentazione dei sistemi di gestione dei rifiuti nelle metropoli di tutto il mondo indaga su come le diverse società gestiscono o mal gestiscono i loro rifiuti. Tra gli scatti quello del 21 gennaio 2017 che ritrae alcune persone in fila davanti ad un camion della spazzatura nella discarica di Olusosun, a Lagos, in Nigeria, per accaparrarsi i rifiuti fra materiale riciclabile o vendibile.

Luca Locatelli per National Geographic ha vinto il secondo premio con Hunger Solutions, serie di scatti sulla necessità di una maggior produzione di cibo e delle tecnologie utilizzate. Nei prossimi decenni il pianeta dovrà, infatti, produrre più cibo, più di quanto gli agricoltori non ne abbiano raccolto negli ultimi 8000 anni. Piccoli e densamenti popolati, i Paesi Bassi sono privi di fonti convenzionali per l’agricoltura su vasta scala. Grazie a pratiche agricole innovative sono tuttavia diventati il secondo esportatore mondiale di cibo misurato in base al valore. Dal 2000 gli agricoltori olandesi hanno drasticamente ridotto la dipendenza dall’acqua per le colture chiave, oltre ai pesticidi chimici e agli antibiotici. Gran parte di queste ricerche si svolgono alla Wageningen University and Research, universalmente considerata la principale istituzione di ricerca agricola del mondo e punto nodale di Food Valley, un cluster in espansione di start-up di tecnologie agricole e fattorie sperimentali che puntano a possibili soluzioni contro la crisi della fame del globo. Tra gli scatti quello del 20 febbraio 2017 che ritrae il ricercatore Ruud Veloo, ad AlgaePARC, Wageningen, nei Paesi Bassi, mentre monitora un fotobioreattore sperimentale con la luce che alimenta la crescita di microalghe utilizzate per la produzione di proteine e lipidi, alla base di molte catene alimentari.

Daniel Beltrá ha vinto, invece, il terzo premio con Amazon: Paradise Threatened, serie di scatti sulla deforestazione dell’Amazzonia brasiliana. Dopo il calo, rispetto ai principali picchi del 1995 e del 2004, nel 2016 il tasso di deforestazione nell’Amazzonia brasiliana è aumentato notevolmente sotto la pressione del disboscamento, estrazione mineraria, agricoltura ed energia idroelettrica. La foresta amazzonica è uno dei grandi “pozzi di assorbimento di carbonio” della Terra che assorbe miliardi di tonnellate di biossido di carbonio ogni anno, agendo come regolatore del clima. Senza, la capacità del mondo di bloccare il biossido di carbonio risulterebbe ridotta, aggravando gli effetti del riscaldamento globale. Tra gli scatti quello del 20 gennaio 2017 che ritrae la miniera di materiale ferroso di Zamapa, a 30 chilometri dal Parque Nacional Montanhas do Tumucumaque, ad Amapá, nell’Amazzonia brasiliana. L’agosto prima il presidente Michel Temer aveva emanato un decreto che autorizzava l’attività mineraria in un’area, precedentemente protetta, di Amapá, grande più o meno la Svizzera. Nonostante il ritiro del decreto, si teme  che la protezione possa essere nuovamente revocata.

Vincitori della categoria Nature sezione scatti singoli sono Corey Arnold, Thomas P. Peschak e Michael Patrick O’Neill.  

Corey Arnold ha vinto il primo premio con Dumpster Diver. Lo scatto, del 14 febbraio 2017, ritrae un’aquila calva, su un bidone della spazzatura di un supermercato di Dutch Harbor, Alaska, con in bocca un pezzo di carne. Un tempo vicina all’estinzione, l’aquila calva è di nuovo tornata, dopo lunghi sforzi congiunti per la sua conservazione. Dutch Harbor ha una popolazione di circa 5000 persone e 500 aquile. Circa 350 milioni di chilogrammi di pesce vi vengono sbarcati annualmente. Gli uccelli sono attratti dai pescherecci, ma si nutrono anche di spazzatura, strappando di tanto in tanto le borse della spesa dalle mani di ignari pedoni. Da queste parti l’uccello nazionale americano è conosciuto come piccione di Dutch Harbor.

Thomas P. Peschak ha vinto il secondo premio con Jump. Lo scatto, del 18 aprile 2017, ritrae alcuni pinguini Rockhopper a Marion Island, territorio antartico sudafricano nell’Oceano Indiano. Questi pinguini sono considerati vulnerabili: la loro popolazione è, infatti, in declino probabilmente a causa della diminuzione dell’offerta di cibo, arrivando a riva solo per la muta e per cibarsi, salvo immergersi fino a 100 metri di profondità in cerca di pesci, crostacei, calamari e krill, crostaceo diffuso in Antartide.

Michael Patrick O’Neill ha vinto, invece, il terzo premio con Flying Fish in Motion. Lo scatto, del 18 agosto 2017, ritrae un pesce volante mentre nuota sotto la superficie della Gulf Stream a tarda notte, al largo di Palm Beach, in Florida. Muovendo la pinna caudale fino a 70 volte al secondo, un pesce volante può raggiungere una velocità sottomarina di circa 60 chilometri all’ora. Portandosi verso l’alto, rompe la superficie continuando a muoversi sempre rapidamente e battendo la coda sott’acqua, prima di spiccare il volo, riuscendo a sfuggire a predatori come tonno, marlin e pesce spada.

Vincitori della categoria Nature sezione Stories sono Ami Vitale per National Geographic, Jasper Doest e Thomas P. Peschak per National Geographic.

Ami Vitale ha vinto il primo premio con Warriors Who Once Feared Elephants Now Protect Them, serie di scatti sul santuario degli elefanti di Reteti, nel nord del Kenya, dove gli elefanti orfani e abbandonati vengono riabilitati e riportati allo stato brado. Il santuario fa parte del Namunyak Wildlife Conservation Trust, situato nella terra ancestrale del popolo Samburu. Il santuario degli elefanti è stato fondato nel 2016 dai Samburu locali. Tutti gli uomini che vi lavorano sono o sono stati guerrieri Samburu. In passato la popolazione locale non era molto interessata a salvare gli elefanti, che consideravano una minaccia per gli uomini e le loro proprietà, ma ora stanno iniziando a relazionarsi con gli animali in modo nuovo. Gli elefanti si nutrono di cespugli bassi e abbattono piccoli alberi, promuovendo, così, la crescita dell’erba, un vantaggio per i Samburu, che vivono di pastorizia. Tra gli scatti quello del 3 ottobre 2016 che ritrae Mary Lengees, una delle prime donne a guardia del santuario mentre accarezza Suyan, il primo elefante a venire accolto, quando aveva quattro settimane.

Jasper Doest ha vinto il secondo premio con Sacred No More, serie di scatti sul macaco giapponese, meglio conosciuto come scimmia delle nevi e che negli ultimi anni si è abituato all’uomo. Suo habitat originario sono le zone di montagna, le regioni subalpine e di pianura. Abituato a saccheggiare i raccolti, è considerato un animale parassita. Nonostante una legge giapponese del 1947 a sua protezione, alcune leggi locali consentono che venga addomesticato o addestrato per l’industria dell’intrattenimento. Un tempo considerato tramite sacro fra uomo e divinità, in Giappone il macaco è visto anche come rappresentativo di esseri umani sgradevoli, meritevoli di ridicolo. L’intrattenimento commerciale che lo coinvolge esiste, in Giappone, da oltre 1000 anni. Tra gli scatti quello del 7 agosto 2017 con due macachi nella Utsunomiya Kayabukia Tavern, a nord di Tokyo, mentre recitano per gli ospiti. Ritratti di famosi attori e politici sono popolari e la maschera di Donald Trump, indossata da uno dei macachi, è tra le favorite dei turisti.

Thomas P. Peschak per National Geographic ha vinto, invece, il terzo premio con Galapagos: Rocking the Cradle, serie di scatti sull’arcipelago delle Galápagos, dove convergono quattro grandi correnti oceaniche che creano le condizioni per una straordinaria diversità di vita animale. Le isole ospitano almeno 7000 specie di flora e fauna, di cui il 97% dei rettili, l’80% degli uccelli terrestri, il 50% degli insetti e il 30% delle piante sono endemici. L’ecosistema locale è estremamente sensibile ai cambiamenti di temperatura, precipitazioni e correnti oceaniche che caratterizzano eventi climatici come El Niño e La Niña. Questi cambiamenti provocano forti fluttuazioni delle condizioni meteorologiche e della disponibilità di cibo. Molti scienziati si aspettano che la frequenza di El Niño e La Niña aumenti a causa dei cambiamenti climatici, rendendo le Galápagos un possibile luogo di allerta precoce per i loro effetti. Tra gli scatti quello del 1 3 aprile 2016 che ritrae alcune tartarughe marine mentre riposano parzialmente immerse in alcune pozze vicino a una fumarola vulcanica sul fondo del cratere del vulcano Alcedo, sull’isola Isabela.

 

Immagine di copertina

Warriors Who Once Feared Elephants Now Protect Them © Ami Vitale per National Geographic

 

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28/05/2018