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David Bowie, l'uomo delle stelle che ha influenzato la società e la moda

di LaPresse

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(LaPresse) - Con David Bowie, morto il 10 gennaio a 69 anni, non scompare solo uno dei più grandi artisti del mondo, ma anche un’icona dello stile. Se c'è infatti stato un trendsetter che ha influenzato il mondo della moda per tutti i suoi 50 anni di carriera è lui. Personalità prorompente e camaleontica, sempre innovativa e rivoluzionaria sin dagli esordi nel 1962, in mezzo secolo è stato il ribelle che non si è mai fermato e non ha mai annoiato, cambiando pelle e alter ego, da Major Tom a Ziggy Stardust, da Aladdin Sane al Duca Bianco, da Halloween Jack al detective Nathan Adler. “Essere artista per me non è mai stato solo esprimere il mio lavoro; quello che ho voluto più di qualsiasi cosa era contribuire in qualche modo alla cultura in cui vivevo, e mi sembrava una sfida spingerla sempre un po’ in là nella direzione in cui mi sembrava interessante potesse andare” aveva detto in un’intervista all’edizione britannica di GQ, quando la rivista gli aveva assegnato il premio alla carriera nel 2002.

In mezzo secolo la sua instancabile creatività non si è riflessa solo sulla musica ma appunto nella sua immagine. Come ha ricordato Lory Del Santo nel corso della trasmissione ‘Un giorno da pecora’ su Rai Radio2, durante una cena a cui aveva partecipato insieme al suo allora compagno Eric Clapton, “Bowie parlava con Eric e gli diceva: tu sei limitato, perché canti e basta. Mentre l'arte è essere ovunque, un artista deve fare tutto nella vita, l'attore, il performer, qualsiasi cosa, l'arte è una cosa globale. Anche nel vestirsi e nel pettinarsi, l'arte è ovunque”.

Dotato di un carisma e un sex appeal che lo rendevano affascinante per uomini e donne, Bowie è stato la prima rockstar mainstream a portare sul palcoscenico la moda dall’identità sessuale flessibile. L’immagine pubblica di Bowie giocava sull’androginia quasi extraterrestre, tramite sia acconciature sperimentali e makeup sgargianti, sia costumi scenografici e spettacolari che hanno rivoluzionato la moda negli anni ‘70, diventando un punto di riferimento per le tendenze per i look maschili e femminili nei decenni a venire.

Giocando con il suo lato androgino e femminile in un puro spirito d’avanguardia, tra tacchi e zeppe, tute attillate, abiti in cui riuniva alcune sue ossessioni, come il teatro kabuki giapponese e la fantascienza, e questo ne ha fatto un portavoce della libertà sessuale. Perché a Bowie non interessava il ‘genere’ né la mascolinità convenzionale: “Ho sempre avuto un bisogno ripugnante di essere qualcosa più che umano. Mi sentivo molto debole come umano, e ho pensato ‘Voglio essere superumano’”.

Con gli anni Ottanta prima e Novanta poi ha proseguito in una continua evoluzione di se stesso che gli ha permesso di mostrare varie sfaccettature della sua arte nel corso della sua prolifica carriera. E se ha ripreso in mano look progressivamente più mascolini e classici, non ha mai perso l’aura di icona che sfidava la fluidità di genere. “Ho reinventato la mia immagine così tante volte che devo negare di essere stato in origine una donna coreana in sovrappeso” aveva detto nel corso della trasmissione ‘Late Night with Conan O'Brien’, ed era essere sorpreso della costante risonanza che aveva il suo gioco di specchi. “Mi stupisco sempre di come le persone prendano sul serio quello che dico. Io non so nemmeno prendere sul serio quello che sono”, diceva.

Eppure è stato preso sul serio e a modello da molti: star della musica influenzate dai suoi coup de theatre da Marilyn Manson a Lady Gaga, e stilisti che hanno preso le sue innovazioni e le hanno fatte proprie in passerella, da Jean Paul Gaultier a Riccardo Tisci, da Miuccia Prada a Dries Van Noten.

Recentemente la splendida mostra 'David Bowie Is', a cura del Victoria & Albert Museum di Londra, ha esplorato il suo magnetismo, l'inesauribile creatività e i vari aspetti della sua spettacolare carriera attraverso circa 300 oggetti tra costumi di scena, testi originali, foto e strumenti. Dopo la prima esposizione a Londra, la mostra è andata in tour in tutto il mondo: al momento è ospitata dal Groninger Museum di Groninga nei Paesi Bassi, dall’11 dicembre al 13 marzo. L’ideale per cogliere l'enorme influenza che ha avuto questo artista straordinario sulla cultura occidentale. Più che mai, ora che è diventato quello ‘Starman’ di cui cantava nel 1972.

Virginia Michetti

(LaPresse) - Con David Bowie, morto il 10 gennaio a 69 anni, non scompare solo uno dei più grandi artisti del mondo, ma anche un’icona dello stile. Se c'è infatti stato un trendsetter che ha influenzato il mondo della moda per tutti i suoi 50 anni di carriera è lui. Personalità prorompente e camaleontica, sempre innovativa e rivoluzionaria sin dagli esordi nel 1962, in mezzo secolo è stato il ribelle che non si è mai fermato e non ha mai annoiato, cambiando pelle e alter ego, da Major Tom a Ziggy Stardust, da Aladdin Sane al Duca Bianco, da Halloween Jack al detective Nathan Adler. “Essere artista per me non è mai stato solo esprimere il mio lavoro; quello che ho voluto più di qualsiasi cosa era contribuire in qualche modo alla cultura in cui vivevo, e mi sembrava una sfida spingerla sempre un po’ in là nella direzione in cui mi sembrava interessante potesse andare” aveva detto in un’intervista all’edizione britannica di GQ, quando la rivista gli aveva assegnato il premio alla carriera nel 2002.

In mezzo secolo la sua instancabile creatività non si è riflessa solo sulla musica ma appunto nella sua immagine. Come ha ricordato Lory Del Santo nel corso della trasmissione ‘Un giorno da pecora’ su Rai Radio2, durante una cena a cui aveva partecipato insieme al suo allora compagno Eric Clapton, “Bowie parlava con Eric e gli diceva: tu sei limitato, perché canti e basta. Mentre l'arte è essere ovunque, un artista deve fare tutto nella vita, l'attore, il performer, qualsiasi cosa, l'arte è una cosa globale. Anche nel vestirsi e nel pettinarsi, l'arte è ovunque”.

Dotato di un carisma e un sex appeal che lo rendevano affascinante per uomini e donne, Bowie è stato la prima rockstar mainstream a portare sul palcoscenico la moda dall’identità sessuale flessibile. L’immagine pubblica di Bowie giocava sull’androginia quasi extraterrestre, tramite sia acconciature sperimentali e makeup sgargianti, sia costumi scenografici e spettacolari che hanno rivoluzionato la moda negli anni ‘70, diventando un punto di riferimento per le tendenze per i look maschili e femminili nei decenni a venire.

Giocando con il suo lato androgino e femminile in un puro spirito d’avanguardia, tra tacchi e zeppe, tute attillate, abiti in cui riuniva alcune sue ossessioni, come il teatro kabuki giapponese e la fantascienza, e questo ne ha fatto un portavoce della libertà sessuale. Perché a Bowie non interessava il ‘genere’ né la mascolinità convenzionale: “Ho sempre avuto un bisogno ripugnante di essere qualcosa più che umano. Mi sentivo molto debole come umano, e ho pensato ‘Voglio essere superumano’”.

Con gli anni Ottanta prima e Novanta poi ha proseguito in una continua evoluzione di se stesso che gli ha permesso di mostrare varie sfaccettature della sua arte nel corso della sua prolifica carriera. E se ha ripreso in mano look progressivamente più mascolini e classici, non ha mai perso l’aura di icona che sfidava la fluidità di genere. “Ho reinventato la mia immagine così tante volte che devo negare di essere stato in origine una donna coreana in sovrappeso” aveva detto nel corso della trasmissione ‘Late Night with Conan O'Brien’, ed era essere sorpreso della costante risonanza che aveva il suo gioco di specchi. “Mi stupisco sempre di come le persone prendano sul serio quello che dico. Io non so nemmeno prendere sul serio quello che sono”, diceva.

Eppure è stato preso sul serio e a modello da molti: star della musica influenzate dai suoi coup de theatre da Marilyn Manson a Lady Gaga, e stilisti che hanno preso le sue innovazioni e le hanno fatte proprie in passerella, da Jean Paul Gaultier a Riccardo Tisci, da Miuccia Prada a Dries Van Noten.

Recentemente la splendida mostra 'David Bowie Is', a cura del Victoria & Albert Museum di Londra, ha esplorato il suo magnetismo, l'inesauribile creatività e i vari aspetti della sua spettacolare carriera attraverso circa 300 oggetti tra costumi di scena, testi originali, foto e strumenti. Dopo la prima esposizione a Londra, la mostra è andata in tour in tutto il mondo: al momento è ospitata dal Groninger Museum di Groninga nei Paesi Bassi, dall’11 dicembre al 13 marzo. L’ideale per cogliere l'enorme influenza che ha avuto questo artista straordinario sulla cultura occidentale. Più che mai, ora che è diventato quello ‘Starman’ di cui cantava nel 1972.

Virginia Michetti

12/01/2016