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Una bella ragazza massacrata, segreti, silenzi e piste sbagliate: cosa c'è di nuovo sul delitto di via poma

Una bella ragazza massacrata segreti silenzi e piste sbagliate cosa cè di nuovo sul delitto di via poma
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Se questa fosse una storia inventata ci sarebbero tutti gli elementi del best seller: una ragazza bella e semplice massacrata in un'estate caldissima dentro un condominio della Roma bene, quartiere Prati, dove sei anni prima c'era già stato un omicidio irrisolto, quello di Renata Moscatelli, anziana signorina tutta Chiesa e opere di carità. Un palazzo misterioso per una vicenda altrettanto sconcertante, mai chiarita. Lei, la protagonista, la vittima, di un giallo diventato quasi letteratura si chiamava Simonetta Cesaroni, aveva 21 anni. Era il 7 agosto del 1990 e Roma si scioglieva per l'afa, una città deserta, le saracinesche tirate giù, rari i negozi aperti e le persone in strada. Erano i tempi delle vacche grasse, quando si andava ancora in vacanza e la Capitale si svuotava. Pochi a lavoro. Tra i pochi lei, Simonetta. Era andata a sbrigare un po' di pratiche, le ultime prime delle ferie, nello studio dell'Associazione Italiana Alberghi della Gioventù, in via Poma 2, terzo piano dell’edifico 1B. Fu trovata morta ammazzata, seminuda, ai piedi i calzini bianchi, le scarpe da ginnastica fuori la porta.

L'esame autoptico

Sul corpo 29 ferite, probabilmente inferte con un tagliacarte: sei al viso, otto  tra le spalle, le braccia, sul seno; quattordici dal basso ventre al pube, ai lati dei genitali, sopra e sotto. Anche un morso, su una mammella.

Viene ritrovata senza vita dalla sorella Paola alle 23.30 di quel 7 di agosto, dopo una giornata di attesa, di ricerche, di ansia crescente. E' Paola a rintracciare il datore di lavoro di Simonetta, si chiama Salvatore Volponi. Ad aprire la porta dello studio, terzo piano dell'edificio 1B, sarà Giuseppa De Luca, moglie di Pierino Vanacore, il portiere di quel condominio elegante, color biscotto. Proprio Vanacore è il primo ad essere accusato, poi sarà il turno di Volponi, poi ancora di Federico Valle, il cui padre aveva uno studio nello stabile, e infine di Raniero Busco, l'ex fidanzato della ragazza. Tutte piste investigative che si concludono con un nulla di fatto, tutti buchi nell'acqua, tutti gli indagati saranno scagionati.

E allora chi è stato?

Chi è stato ad entrare in quello studio, a prendere Simonetta a schiaffi fino a tramortirla, a inseguirla nelle stanze dell'Associazione, a placcarla, farla cadere in terra, e poi a immobilizzarla premendole le ginocchia sui fianchi così forte da provocarle ematomi? E il sangue? Chi pulì il sangue di Simonetta da quell'appartamento usando addirittura la candeggina? E gli abiti della ragazza, i pochi gioielli che aveva addosso che fine fecero? E l'arma? Che arma fu usata? Dov'è? Mistero.

Segreti, silenzi e piste sbagliate sullo sfondo di un condominio chiuso su sé stesso come una conchiglia dove l'appartamento incriminato è stato prima affittato a un notaio "colpito dalla luminosità dell'immobile", oggi è un bed breakfast di lusso con grandi cuori in cartongesso a delimitare il perimetro delle stanze. Segreti e colpi di scena: esami del Dna fuori tempo massimo, l'ombra dei Servizi segreti, a un certo punto spuntò anche un super testimone che di fatto depistò le indagini. Tutti indagati ma nessun colpevole: l'ex fidanzato di Simonetta tirato in ballo a forza quando era evidente che non c'entrasse, che si sarebbe potuto risparmiare la gogna e un processo. Eppure questa storia è ancora un rivolo di sangue nero, rappreso sotto il sole rovente di un giorno d'agosto. Chi è entrato ed uscito dal giallo di via Poma porta ancora i segni. Pietrino Vanacore, il portiere, il primo sospettato come complice del delitto, si è tolto la vita il 9 marzo del 2010, si è ucciso gettandosi in mare, vicino a Torricella, lungo il litorale Tarantino dove viveva da anni, lasciando una scritta su un cartello: "20 anni di sofferenze e di sospetti ti portano al suicidio". Un suicidio in 50 centimetri d'acqua. Strano, vero? Ma di stranezze è piena questa vicenda oscura e terribile.

L'omicidio di Simonetta Cesaroni, come abbiamo detto,  è diventato quasi un genere letterario, tra inchieste e thriller. Proprio nel 2020 esce "Giallo di Via Poma", sorta di romanzo scritto da Massimo Lugli e Antonio del Greco, ovvero uno dei più capaci cronisti di nera d'Italia e un super poliziotto, ex dirigente della Omicidi, oggi direttore operativo della Italpol. Del Greco riceve una "soffiata" capace di fare traballare l'alibi di un personaggio già coinvolto nelle indagini all'epoca dei fatti:  l'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, ex presidente regionale degli Ostelli della gioventù. L'inchiesta viene riaperta dalla Procura di Roma. Sempre Di Sarno viene chiamato in causa in un altro testo-inchiesta uscito a gennaio 2023. L'ha scritto la giornalista Raffaella Fanelli per Ponte alle Grazie. Si intitola "Chi ha ucciso Simonetta Cesaroni?", che non ha dubbi su chi sia l'assassino.

Alla luce di questa nuova pista si può ipotizzare che il libro più attendibile scritto su via Poma fosse già nelle carte di 33 anni fa, in un verbale redatto da un poliziotto e inviato a un dirigente della Digos e chissà perché finito nel dimenticatoio. In due paginette l'avvocato Francesco Caracciolo di Sarno è descritto come "noto fra gli amici per la dubbia moralità e le reiterate molestie arrecate a giovani ragazze, episodi che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche alle 'amicizie influenti' dallo stesso vantate". E poco oltre: "Il giorno del delitto, pressappoco nell’ora riportata dai media come quella presunta dell’omicidio, l’avvocato sarebbe rientrato affannato e con un pacco mal avvolto presso la propria abitazione", distante poco meno di 100 metri da via Poma, uscendo poco dopo con una "grossa borsa". L'uomo, sentito anche a processo nel 2010, snocciolò una sequenza di "non ricordo e non so". Francesco Caracciolo di Sarno è morto sei anni fa.

Chissà se Simonetta avrà mai giustizia.

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