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La scelta di Marina Ripa di Meana: cos’è la sedazione profonda

Dormire fino alla morte, senza più soffrire, è questa la possibilità data dalle cure palliative estreme. Niente a che vedere con l’eutanasia

La scelta di Marina Ripa di Meana cosè la sedazione profonda
di Redazione

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Il caso della morte di Marina Ripa di Meana, che aveva pensato al suicidio assistito in Svizzera e invece alla fina ha scelto la sedazione profonda o palliativa, ha riaperto il dibattito e le polemiche sulla “dolce morte”. Bisogna dire subito che la scelta estrema di Marina non ha niente a che fare con l’eutanasia ma proprio il fatto di avere saputo in extremis della possibilità di essere sedata in modo profondo fino alla morte ha dato origine ad un esposto all’Ordine dei medici di Roma da parte di Silvio Viale di Exit. Ma cosa è la sedazione profonda?

Il trattamento

E' un trattamento farmacologico che può essere scelto da un paziente quando la malattia ha ormai un decorso irreversibile e la sofferenza è diventata insopportabile. Può essere sottoscritta solo dopo consenso informato e un’attenta valutazione medica del singolo caso. Viene eseguita dalle équipe di medici e infermieri di cure palliative nell’imminenza della morte con prognosi di ore o pochi giorni. Al paziente vengono somministrati dei farmaci in grado di sedarlo completamente, fino ad annullare la consapevolezza e il dolore. In questo modo, pur mantenendo il livello dei liquidi nel corpo attraverso flebo, viene interrotta la percezione della sofferenza che può essere non solo fisica ma anche esistenziale.

La legge italiana

In Italia non c’è una norma sulla sedazione profonda, ma c’è quella sulle cure palliative, (la 38 del 2010), votata all’unanimità in Parlamento. Sancisce che queste cure, entrate nei livelli essenziali di assistenza, sono un diritto del paziente. Tutte le procedure terapeutiche che rientrano in questa categoria, compresa la sedazione profonda, sono lecite dal punto di vista legale, giuridico e deontologico. È una procedura che si utilizza nella fase avanzata e terminale di una malattia. Numerosi documenti delle società scientifiche delle Cure del dolore e palliative sottolineano che la sedazione profonda è un trattamento che non ha nulla da condividere con l’eutanasia o morte assistita, come ha spiegato in un’intervista a Tpi Luciano Orsi, anestesista rianimatore e palliativista, vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative, nata a Milano nel 1986 con l’obiettivo di diffondere e promuovere le cure palliative, e di occuparsi dei bisogni clinici e psicologici dei malati in fase avanzata e terminale.

Cosa dice il palliativista

Alcuni suoi chiarimenti spiegano bene le differenze: “Sono due procedimenti completamenti diversi. Diversi sono gli obiettivi, i mezzi utilizzati e i contesti. L’intervento palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato dalla sofferenza. L’eutanasia, invece, è la volontà di porre fine alla vita attraverso un farmaco, su esplicita richiesta del malato”.

I farmaci che sedano

“Si usano farmaci sedativi, non la morfina. Nel caso in cui i sintomi della malattia, quali ad esempio il dolore, la fatica nella respirazione, il delirio, cominciano ad aggravarsi, i farmaci vengono somministrati progressivamente nel corso di giorni. Se invece il paziente grava in uno stato emergenziale, come ad esempio un’emorragia interna o esterna, oppure un soffocamento, si procede con una somministrazione rapida per togliergli coscienza”.

Un percorso condiviso fra medico e paziente

“La decisione finale è condivisa tra un paziente cosciente e in grado di relazionarsi, che deve dare il proprio consenso, e il gruppo di medici, infermieri e psicologi che si occupa del trattamento palliativo. Dato che l’equipe sanitaria prende in carico la persona malata negli ultimi mesi di vita, se l’assistito lo desidera ha tutto il tempo per confrontarsi con chi gli sta vicino ogni giorno, dunque valutare, anticipare una scelta e poi dare il consenso nella fase finale. Più che una decisione, è un processo decisionale, maturato insieme passo dopo passo, in cui è fondamentale l’intesa, l’alleanza terapeutica tra il malato e coloro che lo assistono”.

Non accorcia la vita

“Tutte le ricerche scientifiche in merito hanno ampiamente dimostrato che la sedazione palliativa profonda non anticipa né accelera la morte. Al massimo, può solo allungare i tempi di sopravvivenza, non certo accorciarli. In certi casi, infatti, il malato sedato tende a vivere un po’ più a lungo di quello non sedato”.

09/01/2018