Il capolavoro di Coppola divide Cannes: la follia di Megalopolis tra applausi, fischi e “buu!”

Non è un film facile, destinato a dividere, c’è chi lo amerà, e chi, proverà a distruggerlo. Un ritorno in grande stile, ma con limiti tecnici 10 minuti di applausi a scena aperta, ma anche disapprovazione

Coppola concepì "Megalopolis" per la prima volta all'inizio degli anni '80. È la quarta volta che il regista, 85enne, presenta un film in concorso a Cannes. Foto Ansa

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Che operazione folle! È il caso di dirlo, dopo aver visto in anteprima mondiale il nuovo film di Francis Ford Coppola, Megalopolis, probabilmente quello che maggiormente lo ha tormentato negli ultimi 40 anni. Il sogno di sempre, l’Utopia inseguita, contro tutti e tutti, poi realizzata pagando (e non poco) di tasca sua, si parla di 120 milioni di dollari (nessuno voleva produrlo) forse molti di più. Numeri, che si aggiungono ai rumours provenienti dal set, malumori di alcuni attori per una (forse) disorganizzazione su set, suoi comportamenti, parrebbe, come dire, non proprio consoni. Voci di corridoio, fraintendimenti, rimandati già al mittente. Alla fine il risultato e la pellicola (inserita nel concorso principale del Festival di Cannes), che riporta dunque sulla Croisette più famosa il regista-cult, 85 anni, della trilogia de Il Padrino, e in primis di Apocalypse Now, che proprio qui vinse la Palma d’Oro nel 1976.

Applausi e fischi

Un ritorno in grande stile, ma con limiti tecnici 10 minuti di applausi a scena aperta nella proiezione principale, ma anche qualche fischio e “buu” tra i giornalisti nella proiezione stampa del pomeriggio, per quello che è un viaggio illusorio, ma caotico, sì pieno di idee, ispirazioni (Art Decò), temi, rimandi, citazioni classiche, impregnato di allegorie e limiti. Probabilmente l’ultimo testamento visivo (qualcuno dirà autolesionista) personale e artistico, da lasciare in eredità e aggiungere alla carrellata di cose (straordinarie) fatte, ad altre dimenticabili.

Il sogno di Coppola

Una fiaba, come la descrive lui, la parola chiave, che appare poco dopo le prime immagini. Ma forse è riduttivo. Il film si apre con sguardo del personaggio principale, l’architetto Caesar Catilina (interpretato da Adam Driver), che si sporge dalla parte superiore del Chrysler Building, uno dei simboli di New York. In quel momento, in bilico, ordina al tempo di fermarsi. Sembra una mossa alla Matrix, e non è un caso (o forse sì) che di li a poco una voce fuori campo inizi a narrare, è l’attore Laurence Fishburne, che per i fratelli Wachowski impersonò il mitico Morpheus. La missione di Catalina (e dello stesso Coppola) è ambiziosa: creare una città-esempio perfetta, che dalla Manhattan moderna, si trasforma gradualmente in una Nuova Roma, dandogli così antico splendore, spazi sostenibili e futuristici, eleganza. Come fare? Col Megalon, un materiale innovativo e multiuso, al centro del suo progetto. Ma per poter sognare, si scontra però con il sindaco Franklyn Cicero, meno progressista (lui preferisce casinò e corruzione), e con chi lo vuole estromettere da ogni possibilità, ansioso di comandare, avido di fama e potere (bello il personaggio in questo caso losco interpretato da Shia LaBeouf), diviso, oltremodo con l’amore per Julia, la figlia di Cicero.

Un film non facile

Il film alla fine è un frullatore, in cui molti (nel cast) provano a risollevarne dall’interno le sorti (c’è Dustin Hoffman, o Jon Voight), ma anche ricco di sfumature, neoclassiche, kitch, grottesche, invenzioni illuminanti (come i costumi di Milena Canonero), in cui Coppola tenta di parlare di dilemmi morali, tradimenti, vendette, cospirazioni politiche, di umanità e società. Non è un film facile, ma dividerà, c’è chi lo amerà, e chi, dall’altra parte, proverà a distruggerlo.

17/05/2024
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