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La confessione di Massimo Ranieri: "Sono un traditore seriale e un ultrà del colpo di fulmine. Mi piace innamorarmi"

E' un pezzo della storia della canzone italiana che si apre al suo pubblico e spiega qual è il senso della serialità dei suoi tradimenti: "Faccio l’amore con ciascuno dei miei spettatori quando canto"

Foto Ansa e Instagram

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Sono innamorato dell’amore e ogni volta sogno di innamorarmi, ma poi alla fine l’amore mi sfugge sempre dalle mani. Perché sono un traditore seriale. Ma non con altre donne, macché. Sono un traditore seriale col mio mestiere e faccio l’amore con ciascuno dei miei spettatori quando canto, nemmeno fossi Rocco Siffredi”.

La confessione

La confessione di Massimo Ranieri è ancora più forte perché arriva davanti a un teatro Carlo Felice strapieno, ovunque, persino in posti che l’ultima volta erano stati occupati anni fa. Ed è un popolo, quello di Ranieri, che lo ama incondizionatamente, quando canta i grandi classici, quando propone i brani di “Tutti i sogni ancora in volo”, che è ovviamente un verso di “Perdere l’amore”, ma che è anche il titolo del suo ultimo disco di inediti, il primo dopo 25 anni con grandi firme fra gli autori, e del suo libro.

Ma a fare un’ulteriore differenza con Ranieri sono i racconti della propria vita e della propria storia.

Anche e soprattutto delle proprie storie d’amore: “Vedete, il 90 per cento delle mie canzoni sono d’amore, anzi il 95 per cento delle cinquecento canzoni che ho cantato perché io amo l’amore, farei l’amore con l’amore, sono un ultrà del colpo di fulmine e, ogni volta che esco di casa, girando l’angolo, mi piacerebbe innamorarmi”.

Il manuale del colpo di fulmine 

Il racconto di Massimo Ranieri è quasi un manuale d’amore e del colpo di fulmine: “”Ti manca il fiato ed è come se non respirassi più, come se ti si fermasse il cuore, anzi come se il cuore tornasse a battere. Perché, vedete, l’amore, prende testa, cuore ed anima ed è una sensazione meravigliosa”.

Ed è per questo che l’urlo di Massimo-Giovanni - e più avanti racconteremo la dicotomia fra i due, Massimo Ranieri con il suo  nome d’arte e Giovanni Calone che è scritto sul documento di identità – è fortissimo: “Io non mi arrendo e ogni giorno sogno di innamorami”.

Un po’ come capitò quella volta che lui stava recitando a teatro, con il suo mentore Giorgio Strehler e la sua collega con cui condivideva il ruolo di protagonista nello spettacolo, a fine rappresentazione bussò al suo camerino e gli chiese: “Giovanni – perché lei mi chiamava Giovanni - hai voglia di venire a mangiare una cosa?”. Lo sventurato rispose: “No, ti ringrazio, stasera sono stanco, ho un po’ di acidità di stomaco, preferisco riposarmi…”. Allora, lei disse: “Vabbè, allora andiamo solo io e la mia amica…”.

Il racconto di Massimo Ranieri, a questo punto è fatto talmente bene che sembra passare davanti agli occhi anche degli spettatori: “Mi si materializzò davanti l’amica. Avete presente la sorella bella di Monica Bellucci? Ecco, lei era esattamente così. A questo punto dissi: “Sai, forse la cena mi aiuterà a superare la stanchezza. E anche lo stomaco ora sta meglio, sta venendomi l’appetito….”. Insomma, da lì iniziò una grande storia d’amore.

Le origini

Ma, con l’evocazione dei “58 anni di carriera e fra tre mesi 72 d’età”, Ranieri parla anche del resto della sua vita: la stanza piccolissima dove viveva con la sua famiglia, in un basso napoletano, ma dalla cui finestrella si vedeva il mare, e lo sdoppiamento della sua personalità: “Mi sento molto dottor Jekyll e mister Hyde. Dove il primo è Giovanni Calone, uomo appassionato dai pisolini sul divano, pigrissimo  e indolente, mentre il secondo starebbe sempre sul palco a cantare. E ovviamente è Massimo Ranieri”

Ma anche l’arrivo al nome d’arte non è stato indolore: “A dodici anni, quando iniziai a cantare, mi invitai il nome di Johnny Rock, con cui venivo presentato nelle feste di piazza e nelle sagre. Il problema è che, poi, dopo aver letto sui manifesti che avrebbe cantato Johnny Rock, vedevano me, un ragazzetto esilissimo, che cantava “Preghiera”, e il nome ci stava proprio poco. Peraltro, io in vita mia una canzone rock, non l’ho mai fatta a dire il vero”.

La carriera

Fu a questo punto che discografici e cantante si riunirono per trovare un altro pseudonimo: “Sul cognome fummo subito tutti d’accordo e anche a me piacque subito: Ranieri, mi sembrava di essere il principe di Monaco”. Il problema fu il nome: “Ciro Ranieri, Alfio Ranieri, Gennaro Ranieri, cadevano tutti miseramente uno dopo l’altro. Finchè, quando si arrivò a Massimo Ranieri, fu un plebiscito…”.

In quegli anni, giovanissimo, Massimo si imbarcò un giorno da Napoli per l’America: “Era sera e andai a dormire. La mattina successiva, svegliandomi e andando sul ponte, pensai: “Ma non ci siamo mossi, siamo ancora a Napoli”: E la struttura mediterranea e i vicoli di Genova, davvero ricordano moltissimo quelli di Napoli, quindi qui mi trovo a casa”.

Per il disco di inediti, “Tutti i sogni ancora in volo”, Massimo Ranieri ha usato brani inediti di grandi autori, alcuni dei quali hanno scritto apposta per lui, da Massimo Ranieri a Giuliano Sangiorgi, da Pino Donaggio a Bruno Lauzi a cui dedica parole bellissime: “Un piccolo grande uomo di un’umanità e di una simpatia assolute, ricco di ironia. Soffriva di Parkinson e scrisse questa canzone sulla “Mano a farfalla”….”.

Il pubblico è entusiasta, giustamente, di un grande concerto e, fra il pubblico, a cantare ogni strofa o a emozionarsi ci sono anche volti noti: da Sergio Cofferati, che è melomane, ma che sua moglie Raffaella Rocca ha trascinato e contagiato positivamente di massimoranierite, a Claudio Orazi che è uno dei maggiori, se non addirittura il migliore sovrintendente di Fondazioni lirico sinfoniche italiane, cultore e filologo dell’opera, e Vincenzo Spera, che è il promoter della serata, ma è soprattutto il numero uno di Assomusica, l’associazione che riunisce gli organizzatori di concerti italiani.

Il resto è una scaletta straordinaria: “Quando l’amore diventa poesia”, “La vestaglia”, “Erba di casa mia”, “Luna rossa”, “Pigliate ‘na pastiglia”, “Tu vuò fa’ l’americano”, “Lettera al di là del mare” che migliora di anno in anno dopo quel Sanremo, “Se bruciasse la città”, “Asini”, “Mi troverai”, “Rose rosse” (“Non me la fecero cantare perché ero troppo giovane e veniva ritenuta inadatta a un ragazzino, poi dopo tanti anni mi ricapitò di cantarla e dal giorno dopo divenne un grandissimo successo”) fino alla splendida “Vent’anni”. E a “Perdere l’amore”. Che non è un bis, è la celebrazione di un rito laico.

27/01/2023