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Alla scoperta della "Pompei d'Oriente" che ha stregato Muti: e il concerto si interrompe per il canto del muezzin

Al centro del viaggio lo splendido Anfiteatro romano di Jerash, scenario ideale per promuovere arte, incontro con l’altro e solidarietà

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“La musica non usa parole, la musica è un viaggio puramente spirituale, come Beethoven disse, “da cuore a cuore”. Unisce le persone, è sempre stato così, parla direttamente proprio al cuore, al di là di ogni barriera”.
E se a dirlo è il Maestro Riccardo Muti, ci si può credere. Chi meglio di lui, infatti, che ha diretto lo scorso luglio i tre concerti al centro del progetto Le Vie dell’Amicizia del Ravenna Festival (ravennafestival.org). Un’iniziativa che dal 1997 - quell’anno a inaugurarlo fu Sarajevo, sempre con Muti, colonna portante della manifestazione - tocca luoghi significativi per la storia antica e contemporanea. Quest’anno è stata scelta la Giordania, paese che supporta i profughi con l’UNHCR e diverse organizzazioni internazionali: protagonista lo splendido Anfiteatro romano di Jerash, la cosiddetta “Pompei d’Oriente”, scenario ideale per promuovere l’amicizia e la comunicazione attraverso la musica, insieme con Ravenna e Pompei, gli altri due centri nei quali si è tenuto l’evento. Un fil rouge all’insegna del comune passato romano che lega due città sepolte da tempo (una dalle ceneri del Vesuvio, l’altra dalle sabbie del deserto) a Ravenna, il cui porto di Classe fu individuato dall’imperatore Augusto per la sua flotta del Mediterraneo orientale. 
I musicisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, quelli dell’Orchestra del Conservatorio Nazionale di Amman, il Coro Cremona Antiqua insieme con i solisti e gli artisti italiani, giordani e siriani (oltre 200 elementi in totale) si sono riuniti per rendere omaggio a questo spirito di fratellanza, all’insegna di una simbiosi culturale e spirituale che ha coinvolto il pubblico grazie all’Orfeo e Euridice di Gluck, all’aria “Casta diva” di Bellini, al Canto del Destino di Brahms, ai brani struggenti della tradizione araba; un ensemble che ha creato una forte emozione tra gli spettatori raccolti nell’anfiteatro di Jerash, in particolare quando il Maestro Muti ha sospeso per qualche attimo l’esecuzione, durante il richiamo del muezzin alla preghiera, in segno di rispetto (chi desiderasse immergersi in questa magia, può farlo vedendo il concerto di Pompei in chiaro su RaiPlay, con anche alcune immagini della serata di Jerash). 

Il viaggio come incontro con l’”altro”

Momenti che lasciano una traccia e che permettono di percepire un comune sentire che travalica epoche, culture, religioni. Ci si rende conto di tutto ciò esplorando con calma proprio Jerash, l’antica Gerasa, da cui parte il nostro viaggio, e che consigliamo di assaporare al tramonto, quando la luce calda e la tranquillità le donano un fascino unico. Questo è il luogo dove, come ha ricordato Riccardo Muti, i Romani hanno portato non solo l’arte, ma anche il contatto con la bellezza. Tra i siti archeologici di epoca romana, è uno tra i meglio conservati al mondo e faceva parte della Decapoli, ossia l’insieme dei centri romani, situati in punti strategici, che nel I secolo dopo Cristo godevano di uno status speciale per la loro importanza commerciale e culturale; rimasta sepolta sotto la sabbia per secoli, è stata riportata alla luce negli ultimi 70 anni e colpisce subito per la sua magnificenza, con le strade lastricate e colonnate, l’Arco di Adriano, i templi che dominano dalle alture, le ampie piazze e, naturalmente, i teatri. Luogo di cui parla anche il cardinale Gianfranco Ravasi nel nuovo libro “Il fiume della vita” (TS Edizioni), dedicato al fiume Giordano, divenuto un grande simbolo dello spirito e della speranza; facendo riferimento al suo affluente Jabboq, scrive infatti che “si potrebbe giungere sino a Gerasa, la più affascinante delle citta ellenistiche della Decapoli col suo indimenticabile foro colonnato a corolla, coi grandi templi di Zeus e di Artemide, coi suoi teatri, con le molteplici chiese dei secoli cristiani...”. Un ulteriore spunto per andare alla scoperta del Paese seguendo le tracce di un corso d’acqua vivo, che si “ramifica” nel Vecchio e nel Nuovo Testamento.

Ci si rimette in viaggio seguendo sempre il fil rouge del rispetto, della convivenza tra culture e fedi diverse, per arrivare a As Salt: prima capitale giordana nel 1922, è entrata far parte del patrimonio Unesco nel 2021, quale “Città della tolleranza e dell’ospitalità urbana”. As Salt, in cui l’architettura delle case mescola stili europei e ottomani, è nota infatti come città della pace e dell’armonia, in cui coesistono moschee e chiese, musulmani e cristiani. In passato è stata un importante collegamento commerciale tra il deserto orientale e il versante occidentale, e l’arrivo di mercanti provenienti da Nablus, Siria e Libano la portò ad essere fiorente, ospitale, tollerante; la convivenza di diversi gruppi culturali e religiosi, con popolazioni beduine locali, artigiani, commercianti, funzionari ottomani e missionari cristiani diede l’impulso per la creazione e la crescita di un unicum, che ha dato luogo a ciò che tuttora esiste, all’insegna della cooperazione e dell’assenza di quartieri segregati. Un posto autentico da esplorare con calma, a piedi, perdendosi tra le viuzze, facendo un giro al mercato, rilassandosi a sorseggiare un tè o un caffè al cardamomo nella piacevole atmosfera del bar Iskandarani, in un edificio storico tra i simboli del periodo ottomano in città, magari scambiando due chiacchiere con delle ragazze del posto, come è capitato a noi, o rimanendo ammirati dalla destrezza di una signora che prepara un pane sottilissimo, cuocendolo su una piastra a forma di cupola, come si faceva un tempo.

Al nord, con lo sguardo rivolto verso i paesi confinanti

E si arriva all’estremo nord, a Umm Qais, conosciuta come Gadara, anch’essa parte della Decapoli, anticamente nota come centro culturale che diede i natali a poeti e filosofi del mondo classico, tra cui Teodoro, fondatore della scuola di retorica a Roma. Il sito archeologico vanta importanti resti romani, dal cardo massimo ai templi e ai teatri, sino al Ninfeo e le terme, ed è  situato in una posizione panoramica: una chicca al confine tra Siria, Israele, Palestina, con vista sulle alture del Golan e il lago di Tiberiade. A conquistarla nel 65 a. C. fu Pompeo, che la abbellì notevolmente; molti degli edifici furono costruiti in roccia basaltica nera, che dona all’area un fascino particolare. Proprio qui, inoltre, nel 1978 è stata scoperta la basilica cristiana ottagonale posta al centro della citta ed eretta attorno al 520 con le colonne degli edifici romani preesistenti (Gadara ebbe una sua sede episcopale dal IV al VII secolo). 
E oltre all’aspetto archeologico e storico, c’è anche quello legato alla cittadina in sé, altro esempio di ricerca di condivisione e ospitalità: Umm Qais è stata nominata tra i “Migliori borghi turistici 2022” dall’Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO), come riconoscimento per il suo impegno nell’innovazione e la sostenibilità. La maggior parte dei progetti sono gestiti dalla comunità locale, all’interno della quale le donne svolgono un ruolo fondamentale, dal punto di vista turistico ed economico.  
E’ infatti attiva l’iniziativa comunitaria Baraka Destination (barakadestinations.com) fondata da Muna Haddad, che ha coinvolto i residenti per offrire ai visitatori attività condotte dalle persone e dagli artigiani del posto. Sono stati realizzati Beit al Baraka, una guesthouse a dimensione familiare dove soggiornare, corsi di cucina, escursioni a piedi e in bici, e anche corsi di lavorazioni tipiche; il tutto sotto l’occhio attento delle abili “maestre” del posto, pronte a guidare chi voglia cimentarsi, per esempio,  nella creazione di oggetti fatti con l’intreccio di foglie di banani. E poi si può vivere un piccolo spaccato di vita quotidiana, autentica, per soddisfare la gola: allora niente di meglio di un pranzo coi fiocchi nella casa di Rufaeda e di suo marito Mahed, che affaccia proprio sulla vallata che spazia verso Israele, Siria e Palestina. Piatti tipici, saporiti e genuini, accompagnati da tanta voglia di comunicare e da sorrisi e gesti che sono un invito all’apertura e alla conoscenza reciproca, a dispetto delle barriere linguistiche.
Ancora una volta scambi di saperi, di sapori, di tradizioni e di culture, dunque, per vivere la dimensione del viaggio come arricchimento personale e umano.

Per organizzare il viaggio

Per viaggiare nel Regno Hashemita sono necessari il passaporto con validità residua di almeno sei mesi e il visto turistico (si può ottenere anche online eservices.moi.gov.jo, pagando 40 JOD, circa 50 euro). Non è però necessario pagare il visto se si acquista il Jordan Pass (www.jordanpass.jo), che comprende l’accesso libero a oltre 40 siti turistici, ed è disponibile in tre versioni.
Per quanto riguarda i voli, cinque gli aeroporti italiani (Roma Fiumicino, Milano Malpensa, Bologna, Venezia Marco Polo e Venezia Treviso) che offrono collegamenti diretti, anche low cost, cui si aggiungerà presto una novità: Ryanair ha infatti da poco annunciato una nuova rotta da Pisa ad Amman, con 4 voli settimanali a partire dal 31 ottobre.

Per informazioni dettagliate sul Paese: visitjordan.com

05/09/2023