Milly Carlucci: 'Ora vi racconto il coraggio degli italiani capaci di ballare perfino in carrozzina'

Dal 20 gennaio su Rai1 c'è 'Ballando on the road': 'È una fotografia dell'Italia positiva capace di reagire e di non piangersi addosso. La tv di oggi? Senz'anima'

di Cinzia Marongiu

Per Milly Carlucci “Ballando con le stelle” più che un programma televisivo è sempre più una scelta di vita. Capace di tenerla occupata “365 giorni all’anno”. Così, eccola, febbricitante ma mai doma, raccontare l’ennesima sfida legata al suo talent ballerino che sta per battezzare su Raiuno. Da venerdì 20 gennaio “Ballando” si trasforma in “Ballando on the road” e si affaccia per quattro puntate all'interno de “La vita in diretta”. Cinquanta minuti in cui tante persone con la passione del ballo si giocheranno la chance di partecipare a “Ballando con le stelle”, previsto su Rai1 da sabato 19 febbraio. A selezionarli i temutissimi giudici Carolyn Smith, Fabio Canino e Guillermo Mariotto. Ma la gran “cerimoniera” è naturalmente lei che approfitta dell’inattività forzata anche per fare un ragionamento più ampio sulla tv di oggi e sul nostro Pease.

Allora Milly, “Ballando con le stelle” ora ha pure il suo spin off e sta per battezzare la dodicesima edizione. Qual è il segreto di questa longevità?
“Senza dubbio il fatto che sia un progetto artigianale di cui, con il mio gruppo autorale, voglio seguire ogni fase. Non si possono fare troppe cose contemporaneamente, meglio farne alcune ma bene. “Ballando” è un mondo, un modo di vivere, di fare squadra, di unire famiglie, ragazzi e single. Se lo avessi trattato come un prodotto industriale non sarebbe sopravvissuto a questo tipo di tv”.

A quale tipo di tv si riferisce?
“Alla tv senza anima che ci circonda. Una tv che sa dare un’ottima confezione ai suoi prodotti ma che non sa sfuggire alla standardizzazione. È un po’ come per certe librerie tutte uguali e fatte a moduli. Dentro puoi infilarci sassi rossi, vasetti o fotografie ma l’effetto globale è lo stesso. Resta una libreria e non potrà mai diventare, che so, un mobile rococò. Così è per tanta tv che anche se sembra diversa non è più capace di emozionare davvero. L’appiattimento non riguarda solo l’entertainment ma anche la fiction. E infatti quella che funziona davvero è quella artigianale dove a vincere è l’unicità”.

Del suo “Ballando” segue tutta la filiera creativa e organizzativa, fino al più piccolo dettaglio della messa in onda. Ha mai pensato di passare anche alla parte produttiva, magari creando una sua casa di produzione, sulla falsariga di ciò che ha fatto Maria De Filippi con “Fascino”?
“Il percorso di Maria in Rai sarebbe impossibile. Nessun conduttore televisivo può diventare produttore e poi partner della Rai. Ciò che si può fare è un discorso autoriale capace di rendere più efficaci i prodotti della prima serata aiutandoli con il day time. È una forma di promozione che si fa già da diversi anni. Mi ricordo ad esempio il day time dell’”Isola dei famosi” che faceva ascolti pazzeschi. Ma allora i social non erano così forti. Oggi tutto viene consumato molto più fretta. Comunque è importante esserci”.

Cioè?
“È importante occupare spazi nel palinsesto e farsi vedere, a meno che non si stia confezionando un evento che comunque comporta degli investimenti particolari”.

Quindi le piacerebbe che “Ballando” potesse trasformarsi in una striscia quotidiana?
“Certo, ma non necessariamente su Rai1, Ra2 o Rai3. Penso a canali come Rai Premium o Rai 4. Per ora stiamo cercando di far emergere accanto al mondo dei vip che ballano pur non essendo ballerini di mestiere, anche il mondo dei tanti appassionati non famosi. In Italia ci sono 6 milioni di praticanti, Un numero impressionante, più di un partito politico capace di essere trasversale alle età, all’estrazione sociale e al reddito. L’Italia è piena di gruppi di ballo dove accanto all’imprenditore o al professionista c’è la casalinga, lo studente o il disoccupato. Persone che lo vivono come una piccola via di fuga dai problemi quotidiani. Ecco, per me riuscire a far emergere questa Italia positiva che non si piange addosso è una grandissima soddisfazione”.

Nelle selezioni che avete fatto in giro per l’Italia avete incontrato più di diecimila persone. Ballerini più o meno validi, ma di sicuro persone portatrici di storie che magari vale la pena raccontare. Ce n’è qualcuna che le è rimasta particolarmente impressa?
“Ce ne sono diverse che mi hanno colpito e commosso. Sono quelle di chi ha affrontato momenti bui della propria esistenza e che, grazie al ballo, ha ritrovato un modo per tornare a sorridere. Mi viene in mente un muratore di Cosenza che in seguito a un incidente ha perso l’uso della gambe. Per chi fa il suo lavoro vuol dire ritrovarsi anche una vita lavorativa finita. Ecco quest’uomo, grazie a un gruppo di amici, si è iscritto a una scuola di ballo e si è fatto coinvolgere ed entusiasmare nelle prove, nelle scenografie, nei vestiti e soprattutto è riuscito in qualche modo a ballare con la sua carrozzina. Oppure la storia di una ragazzina di Brindisi colpita da una misteriosa malattia neurologica. Anche a lei l’uso delle gambe stava venendo meno. Passava il suo tempo a letto e camminava sempre meno. Mi ricordo che la madre l’ha portata in braccio ai provini. Ecco, la cosa incredibile è che questa ragazza ballando riesce a muovere le gambe. E poi mi ricordo i tantissimi bambini che abbiamo incontrato, delle vere e proprie pesti che sanno scatenarsi come nessun altro. E ancora tanti ragazzi che nell’hip hop e nei balli da strada hanno trovato un modo per scampare a ben altre tentazioni. Insomma, un’Italia positiva che merita di essere raccontata dalla tv del servizio pubblico in modo spettacolare e leggero. Credo che sarebbe un modo per conoscere il nostro Paese anche più efficace di tanti programmi socio-culturali”.

Qualche mese fa l’abbiamo trovata in una nuova veste, quella di autrice e regista di un documentario in tre puntate sul grandissimo Giorgio Albertazzi. Questa esperienza le ha fatto venire la voglia di misurarsi anche in altre strade?
“È stata un’esperienza strepitosa dal punto di vista umano ma anche dal punto di vista della crescita professionale. È vero, mi si è aperta davanti una strada. Ho delle idee, farò delle proposte alla Rai. E staremo a vedere che succede”.