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Lucia Fanelli e lo strano caso del thriller che aiuta le aziende nella formazione del personale

Fa un lavoro che nessuno capisce e che lei spiega con una battuta: “Il consulente è quello che ti chiede l’orologio e poi ti dice che ora è”. E ha scritto un romanzo che è originale in tutto e non soltanto nel titolo, "Immune, impune e altre storie a geometria variabile"

Videointervista a Lucia Fanelli

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È un romanzo decisamente originale quello scritto da Lucia Fanelli, così come è originale la storia della sua autrice che si è scoperta scrittrice dopo una vita trascorsa tra manager e imprese ai più alti livelli del management consulting, ridisegnando i processi aziendali e focalizzandosi sullo sviluppo di competenze delle persone. Un lavoro iper specializzato che lei, da ex bocconiana, ha fatto con dedizione assoluta ma che a noi spiega con semplicità e autoironia: “Ancora oggi molte persone fanno fatica a capire che cosa faccia un consulente di direzione. C’è una battuta che gira: “Il consulente è quello che ti chiede l’orologio e poi ti dice che ora è”. Ma in pratica il manager consulting è una sorta di dottore delle aziende: come il medico cura i malanni delle persone, il consulente di direzione cura le aziende rivedendo le procedure, i sistemi e le persone. E cerca quindi di fare una diagnosi per poi risolverla e migliorare le performance”.

Un giallo ambientato nel mondo del management che mette a nudo sentimenti viscerali

Una vita professionale soddisfacente che come milioni di altre esistenze ha subito un brusco stop durante la pandemia. Uno stop che nel suo caso ha però avuto un risvolto positivo, facendole scoprire una vena letteraria parcheggiata da quando era bambina. È così che è nato “Immune E impune e altre storie a Geometria variabile”, un romanzo davvero sui generis perché è un giallo ambientato nel mondo del management e dell’imprenditoria italiana che riesce a narrare un ambiente così poco bazzicato nei meandri letterari, mettendone a nudo sentimenti viscerali, contraddizioni, vizi e ambizioni.

Il protagonista viene avvelenato ma riesce a salvarsi e parte l'indagine

Il protagonista è Adriano Valsecchi, un imprenditore a capo di una affermata società di consulenza che è vittima di un avvelenamento dal quale riesce per fortuna a salvarsi, come conferma “l’immune” del titolo. Ma Valsecchi è anche un traditore, padre di un figlio fuori dal matrimonio e soprattutto un truffatore che riesce a farla franca, come suggerisce la seconda parola del titolo, “impune”. L’avvelenamento dà il via alle indagini che si sviluppano in svariate direzioni perché tra i colleghi e i familiari sono tante le motivazioni che possono aver spinto qualcuno a cercare di ucciderlo: c’è l’amore non ricambiato e ossessivo, ma anche la gelosia, la sete di vendetta e la rivalsa di chi da una vita subisce una sorta di sudditanza psicologica. Ed è proprio in tutte queste sfaccettature dell’animo umano che questa saga familiar-imprenditoriale dà il suo meglio perché nello scriverlo Lucia Fanelli ha utilizzato le armi a lei ben note di chi sa scannerizzare l’animo di una persona al primo sguardo.

Una "Comédie Humaine" aziendale

Ne viene fuori così una specie di “Comédie humaine” aziendale dove chiunque abbia mai lavorato in un’impresa potrà riconoscersi o riconoscere qualche vicino di banco o di ufficio. “Alla fine ognuno scrive di ciò che conosce e nella mia professione di assessor osservo molto il lato caratteriale delle persone. Nel romanzo c’è molta introspezione da parte del protagonista maschile che è Adriano ma anche della protagonista femminile, sua sorella Clara e funziona un po’ alla maniera buddista: dal pensiero si passa alle parole e poi ai comportamenti. Ma in realtà i miei personaggi sono caratterizzati anche per la capacità imprenditoriale. Adriano è dotato di “vision”, Rita di “planning”, è una bravissima pianificatrice, Anna di introspezione…”. 

L'idea innovativa: passare dalla narrativa alla formazione

E siccome Lucia Fanelli ha la forma mentis manageriale ecco l’idea davvero innovativa per la sua creatura, quella cioè di passare dalla narrativa alla formazione: “Questo libro può diventare un modo nuovo di fare formazione nelle aziende; non più qualcuno che dall’alto parla ad esempio di leadership ma un testo che tutti nelle aziende possano leggere e nel quale riconoscersi, puntando su un personaggio e sulla sua capacità prevalente. Se per esempio una persona si riconosce nella dottoressa Martelli che è lo Sherlock Holmes in gonnella che indaga sulla vicenda vorrà dire che si riconosce nel pensiero laterale. A quel punto attraverso un’autovalutazione e un processo di coaching si riesce a lavorare su quelle capacità manageriali che ha effettivamente bisogno di sviluppare. La cosa buffa è che io non ci avevo minimamente pensato a questo utilizzo. Me lo ha fatto notare un amico manager: così   ho riletto la storia in questa chiave e ho preparato un progetto in tal senso. C'è una grossa azienda italiana, ad esempio, che ha già comprato oltre duecento copie del libro per lavorare in questa direzione”.

Quando mi sentivo un criceto dentro la ruota

Insomma un thriller che da familiar-manageriale può diventare aziendale ma che non perde mai il senso più profondo della vita: che non deve essere soltanto lavoro, nemmeno ai livelli più alti: “Nel mio ambiente è sempre valsa la regola “up or out”, “o sali o sei fuori” e ovviamente la salita e la crescita professionale comportano non pochi sacrifici sul piano umano e personale. Oggi il mondo del lavoro sta un po’ cambiando e certi sacrifici i ragazzi non sono più disposti ad affrontarli . Ma in passato io stessa devo ammettere che mi sono sentita come il famoso criceto che corre incessantemente dentro la ruota. Poi, dopo che ho raggiunto degli obiettivi che mi ero prefissata, ho saputo ritagliarmi uno spazio di consulenza al di fuori delle aziende, uno spazio che mi ha permesso di riappropriarmi della vera ricchezza di una persona, e cioè il tempo e la sua gestione”.

La vera ricchezza? Il tempo 

Ed è a questo proposito che vale la pena riportare una riflessione della sua Clara: “Rifletteva spesso sul rapporto che abbiamo col tempo. Pur sapendo di non averne a disposizione all’infinito, spesso ci comportiamo come se fosse così: lo sprechiamo discutendo di questioni futili, lo sciupiamo dedicandoci ad attività o persone che neanche ci interessano. E se... al posto dei minuti, ci fossero monete? Una moneta da due euro per ogni minuto trascorso; modificheremmo i nostri comportamenti? Quanto denaro aveva sprecato tutte le volte che qualcuno le aveva chiesto al volo dieci minuti del suo tempo o l’aveva chiamata per un cosa veloce? Clara concludeva che la verità, triste ma non scontata, è che siamo molto più oculati nello spendere le nostre finanze, che nel valorizzare l’ineluttabile scorrere della nostra stessa, breve e preziosa, vita”.

19/05/2023