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Cybercondria: quando internet alimenta l’ipocondria

di Caterina Steri

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Nell’era del web, troviamo magicamente tutte le risposte alle nostre domande semplicemente con un click, a volte dando per scontato che tutto ciò che leggiamo corrisponda alla verità o cercando conferma alle ipotesi che abbiamo fatto.

La maggior parte delle notizie sono attendibili, soprattutto se ricavate da siti web ad hoc, ma la loro interpretazione può portare a travisarle e a causare preoccupazioni spesso eccessive ed errate. Facile poi concentrarsi su ciò che ci aspettiamo accada.

 Il rovescio della medaglia dell’era del tutto e subito via web è che chi non accetta di stare nell’indecisione e soffre ad esempio di ipocondria si può trovare a ricercare in modo ossessivo e compulsivo la conferma della paura di essere malato dando origine a quella che viene denominata cybercondria (termine derivante da dall'unione delle parole cyber ed ipocondria).

Le indagini di sintomatologie, di siti che pretendono di fare virtualmente delle diagnosi, la lettura di blog di persone che raccontano la lotta contro varie malattie, non fanno altro che contribuire ad alimentare l’ipocondria, quindi l’ansia, la depressione e la preoccupazione per il proprio stato di salute. Si può dire insomma che la cybercondria sia la versione moderna della classica ipocondria che viene alimentata dall’uso smodato di internet.

Nel caso della ricerca di diagnosi ai propri disturbi invece tutte le notizie devono necessariamente essere contestualizzate attraverso la raccolta di dati anamnestici precisi e di esami medici approfonditi che solo figure esperte possono fare.

Chi è affetto da ipocondria si ritrova a sottoporsi ad un numero esagerato di esami clinici e spesso quando vengono smentite scientificamente le sue preoccupazioni, tende a non credere a ciò che viene rimandato dai medici. Decide quindi di continuare la ricerca sul web per arrivare a confermare le ipotesi diagnostiche.

Il rapporto con i professionisti in carne ed ossa rischia di essere inficiato e pur di confermare le proprie paure si preferisce passare da un medico all’altro a volte “sventolando” il frutto della ricerca sul web.

A lungo andare, lo stress della continua ricerca della diagnosi ai propri mali non fa altro che peggiorare lo stato di salute della persona perché le energie e il tempo spesi stancano e le preoccupazioni non fanno altro che  fomentare l’ansia, la depressione, disturbi del sonno o dell’appetito o dare origine a somatizzazioni particolari che a loro volta, alimenteranno la convinzione di essere malati. Insomma si cade in un circolo vizioso di mali che si autoalimenta.

Senza contare che chi soffre di cybercondria (come il classico ipocondriaco), svolgendo esami clinici inutili e in quantità elevata va a gravare anche sui costi del Sistema Sanitario.

Cosa si può fare per rimediare e spezzare questo circolo?

Innanzitutto la presa di coscienza del problema è il passo essenziale per uscirne. Rendersi conto che la ricerca spasmodica di sintomi e la paura di avere delle malattie è una questione del tutto psicologica e che può essere risolta attraverso un lavoro su se stesso nello studio di uno psicoterapeuta.

Tutto ciò può essere fatto una volta che i medici abbiano escluso effettivamente la presenza di malattie organiche.

La psicoterapia strategica integrata ad esempio attraverso una serie di sedute basate su specifiche tecniche già testate su diversi pazienti porta alla risoluzione del problema in brevi periodi.

Detto ciò non voglio arrivare alla conclusione che non sia assolutamente il caso di informarsi su internet, ma semplicemente dire che devono essere sempre le persone specializzate ad avere l’ultima parola su eventuali diagnosi da fare.

12/11/2013