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Mark Jenkins, denunciare il degrado ambientale, sorridendo del mondo

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Camminare per una qualsiasi città del mondo e trovarsi di fronte a creature dal tronco di sacchi di spazzatura o ricoperte di bottiglie di plastica. Passare da un cavalcavia e inciampare su un corpo ricoperto da erbacce e sommerso da rifiuti. Vedere delle gambe penzolare da un cassonetto squassato. Passare da un vicoletto e vedere dei cani di pellicola che annusano fra vecchi materassi e sporcizia. Rilassarsi su una spiaggetta e ritrovarsi come vicino uno con tronco di sacco di spazzatura. Sedersi e riflettere. Non è per caso vero che oggi si vive fra immondizie?

Camminare per una qualsiasi città del mondo e trovare, riverso sul marciapiede, un graffitaro con un coltello conficcato nella schiena e con ancora in mano la bomboletta spray con cui aveva sporcato i muri della città. Camminare e vedere un orso di peluche chiedere aiuto in mezzo al traffico fra i gas delle auto che appestano la città. Passeggiare in un bosco e vedere delle piccole creature trasparenti che giocano tra i rifiuti.

Sono le trappole di Mark Jenkins, urban artist americano, che con le sue installazioni aiuta a riflettere sul mondo che ci circonda. Originario della Virginia, dove è nato nel 1970, Mark Jenkins è un artista autodidatta, esponente della tape sculpture. Nel 2003 a Rio de Janeiro modella per la prima volta il nastro d’imballaggio. Nel 2004 si trasferisce a Washington, dove inizia a collaborare con Sandra Fernandez e a realizzare con nastro e pellicola, quindi in parte con giornali e cemento, bambole, manichini, cani, giraffe, alberi, anatre, proiettandoli, in particolare, sulla scena urbana, dove i passanti da spettatori diventano i protagonisti di un esperimento sociologico con l’artista, al di qua della scena, che osserva le reazioni di chi rivede se stesso nel mondo che ha contribuito a deturpare.