Tumore al seno tra falsi miti e strumenti per la diagnosi precoce

Reggiseno e deodorante causano il tumore al seno? Angelina Jolie ha fatto bene a optare per la mastectomia preventiva? La displasia mammaria è un tumore?

di Stefania Elena Carnemolla

Tra i tumori che colpiscono le donne quello al seno è il più frequente e diffuso. I fattori di rischio, spiega l’ AIRC, fondazione per la ricerca sul cancro, riguardano l’età – nel 75% dei casi colpisce le donne sopra i 50 anni; la familiarità – tra il 5 e il 7% delle donne che s’ammalano ha storie di tumore al seno in famiglia; problemi genetici a causa delle mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili del 50% delle forme ereditarie di tumore del seno e dell’ovaio; l’uso eccessivo di estrogeni, gli ormoni femminili, mentre una la loro riduzione, come nel caso di una gravidanza, ha viceversa un effetto negativo; infine, fumo e obesità.

IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI PRECOCE

Contro il tumore al seno fondamentale è la diagnosi precoce, che può aiutare a ridurre la mortalità. Nelle donne che non abbiano segni o sintomi di tumore mammario, infatti, grazie a questo tipo di diagnosi, spiega l’AIRC, il trattamento può risultare più efficace, aumentando, così, la possibilità di guarigione.

Strumenti per la diagnosi precoce sono la mammografia, l’ecografia, la risonanza magnetica. La mammografia, particolarmente indicata per le donne oltre i 50 anni, è una radiografia del seno per l’individuazione di noduli, calcificazioni, formazioni sospette. Se l’esito è positivo, spiega l’AIRC, la paziente deve sottoporsi a una seconda mammografia, a un’ecografia e a una visita clinica che attestino la reale presenza di un tumore per poi procedere, come accade in genere, con un intervento chirurgico per la rimozione dei tessuti malati o, in alternativa, con la chirurgia conservativa per salvare il seno, asportando solo la zona con la lesione. Dai 40 ai 50 anni, spiega ancora l’AIRC, le donne, che abbiano una storia familiare di casi di tumore mammario, dovrebbero iniziare a sottoporsi alla mammografia da associare all’ecografia a causa della “struttura ancora densa del seno”. Dai 50 ai 69 anni, infine, è consigliata la mammografia ogni due anni.

L’ecografia è uno strumento diagnostico tradizionalmente per pazienti più giovani, il cui seno è, per natura, iperdenso. L’ecografia, inoltre, è indicata dietro consiglio medico qualora si sospetti la presenza di noduli. La risonanza magnetica, invece, è adatta a seni molto densi, rappresentando anche uno strumento per chiarire dubbi diagnostici.

VISITA SENOLOGICA E BIOPSIA

A chi è destinata, invece, la visita senologica, con un esame clinico completo del seno? Le più giovani, spiega l’AIRC, possono inizialmente rivolgersi al medico di base o al ginecologo, i quali potranno in tal caso consigliare una visita dal senologo. La visita senologica annuale è, invece, consigliata dopo i 40 anni, mentre fra i 20 e i 40 anni, in caso di storie di familiarità o scoperta di noduli, si può ricorrere a un’ecografia o a una biopsia del nodulo. La biopsia, che può essere eseguita in sala operatoria o in ambulatorio, prevede l’uso di un ago inserito nel nodulo per un esame citologico, cioè, delle cellule, o microistologico, cioè, del tessuto.

Oltre a quella classica, c’è la biopsia liquida, con l’introduzione di un liquido, attraverso i forellini del capezzolo, nei dotti galattofori, piccoli canali che raccolgono e trasportano all’esterno la secrezione lattea: “Il liquido raccolto dopo questo lavaggio” spiega l’AIRC “contiene alcune cellule della parete dei dotti stessi che possono essere studiate al microscopio alla ricerca di eventuali atipie. In questo modo è possibile valutare la presenza di cellule atipiche in un’area della mammella più ampia di quella che si riesce a coprire con la biopsia classica”.

AUTOPALPAZIONE

Si parla spesso di autopalpazione, da non confondere con il pap test o test di Papanicolaou, un esame citologico per l’individuazione di un eventuale tumore del collo dell’utero. L’autopalpazione è, invece, uno strumento, ma mai sostitutivo, con cui grazie all’osservazione e alla palpazione una donna può capire il reale stato di salute delle proprie mammelle: non solo presenza di noduli, ricorda l’AIRC, ma anche retrazione o cambiamenti della pelle del seno, perdite di liquido dai capezzoli, cambiamenti nella morfologia della mammella.

Con quale frequenza va fatta? Dai 20 anni, spiega l’AIRC, una volta al mese e tassativamente tra il settimo e il quattordicesimo giorno del ciclo, questo perchè la struttura del seno, che si modifica con i cambiamenti ormonali, potrebbe scatenare falsi allarmi, senza dimenticare che a modificare la struttura del seno possono concorrere anche età, peso corporeo, familiarità, contraccettivi orali. Tra i 40 e i 50 anni l’autopalpazione è considerata un prezioso strumento di prevenzione e, anche in questo caso, mai sostitutivo. In menopausa, infine, l’autopalpazione può essere effettuata in qualunque giorno del mese e con una certa regolarità.

DISPLASIA MAMMARIA E FIBROADENOMA

Il seno può essere colpito da displasia mammaria, che non è un tumore ma semplicemente un’alterazione benigna dei tessuti del seno e la cui forma più comune è la displasia fibrocistica a piccole o grandi cisti. La prima, spiega l’AIRC, frequente tra le donne fra i 30 e i 40 anni, si manifesta con cisti piene di liquido, anche doloranti, più evidenti nel periodo premestruale. Nella seconda, che interessa, in particolare, le donne fra i 40 e i 50 anni, le cisti, anche queste piene di liquido, sono rotondeggianti. Un tumore, questo sì tumore, ma benigno, è il fibroadenoma, che può comparire fra i 25 e i 30 anni. L’aspetto, spiega l’AIRC, è quello di un nodo singolo, duro, molto mobile, in genere doloroso. Sintomi comuni alla displasia e al fibroadenoma sono un senso di tensione al seno, dolore della mammella e noduli che “la donna può sentire con la mano”.

LA MAMMOGRAFIA È INUTILE E PERICOLOSA? 

Se di tumore alla mammella si può guarire, nonostante le informazioni capillari non mancano i falsi miti. C’è chi pensa, ad esempio, che la mammografia sia inutile, dannosa, pericolosa. Inutile perché sono solo radiazioni; dannosa perché potrebbe dare false positività che potrebbero scombussolare la paziente; pericolosa perché le radiazioni potrebbero causare un tumore. In realtà, grazie al progresso tecnologico, la quantità di raggi X è stata notevolmente ridotta, per non parlare della periodicità dell’esame, in molti casi con cadenza biennale. “Se la mammografia è dannosa” osserva  ISSalute nel criticare il falso mito “quale sarebbe l’alternativa proposta? Non fare nulla ed aspettare che il tumore divenga palpabile? No… si deve cercare il tumore quando è in fase iniziale e non ha ancora provocato molti danni. La mammografia ce lo consente in quanto identifica noduli anche di piccole dimensioni (inferiori a 1 cm). Se il tumore è piccolo aumentano le possibilità di guarigione e l’intervento chirurgico è meno aggressivo. Con la diagnosi precoce muoiono meno donne… donne molto più attente alla loro salute e molto più informate rispetto al passato!”

ASCELLE DEPILATE E DEODORANTI CAUSANO IL TUMORE AL SENO?

C’è chi non si depila o non spruzza il deodorante sotto le ascelle per paura di ammalarsi di tumore al seno a causa dell’alluminio e dei parabeni in genere contenuti nei deodoranti. Sarà vero? In realtà, spiega l’AIRC, gli studi epidemiologici non hanno evidenziato “relazioni significative” tra uso del deodorante e insorgere della malattia, mentre gli studi sull’alluminio non hanno rilevato un nesso tra il suo effetto sugli estrogeni e tumore della mammella. Quanto ai parabeni, benché sostanze con “lieve effetto” simile agli estrogeni, anche in questo caso gli studi sono risultati “poco conclusivi”. Da ricordare, infine, così l’AIRC, che il quarto superiore della mammella è la “sede più frequente” dei carcinomi mammari non perché sia vicino ai linfonodi ascellari quanto perché è il componente più voluminoso della ghiandola. Per il resto, utilizzando la giusta tecnica, è possibile depilarsi senza problemi.

IL REGGISENO FA AMMALARE DI TUMORE?

Nel 1995 il reggiseno finì sul banco degli imputati accusato di essere responsabile del tumore al seno. Dietro l’accusa, senza alcuna base scientifica, i due antropologi statunitensi Sydney Ross Singer e Soma Grismaijer, autori del libro Dressed to kill, ch’ebbe una larga eco sui media e con la teoria diffusa attraverso catene di posta elettronica. Secondo questa teoria il reggiseno, in particolare quello con ferretto o quello pensato per costringere, quasi soffocandolo, il seno, interferiva con la circolazione linfatica, impedendo alle mammelle di eliminare le sostanze di scarto e causando, così, un ristagno di tossine responsabile, per i due antropologi, del 70% dei casi di tumore alle mammelle. A sostegno della loro teoria i due s’appigliarono alla quasi assenza di tumore al seno fra le popolazioni abituate a girare a seno nudo, ricordando, ad esempio, i maori australiani, i cui casi di tumore mammario erano da attribuire, secondo i due antropologi, alla successiva adozione del reggiseno, tipico delle abitudini della popolazione bianca occidentale. Stesso motivo per cui il tumore al seno sarebbe stato registrato anche tra i giapponesi e gli abitanti delle isole Fiji. Non solo, esaminando le abitudini in materia di indumenti intimi di 4.700 donne statunitensi, di cui la metà malate di tumore al seno, i due avrebbero messo in correlazione le ore trascorse dentro un reggiseno con il rischio di sviluppare il tumore mammario, nonché con la sua aggressività.

La teoria, circolata fino a tempi recenti, è stata smentita definitivamente nel 2014 da Lu Chen, Kathleen E. Malone e Christopher I. Li, ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, negli Stati Uniti, con uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Cancer Epidemiology, Biomarkers & PreventionAl di là, ricorda ISSalute, non bisogna, tuttavia, dimenticare alcune precauzioni a proposito di un reggiseno troppo stretto, indossato a lungo durante il giorno e persino la notte, con il rischio di causare una “stasi della linfa con conseguente indolenzimento delle mammelle e dei cavi ascellari”, tutto qua, nulla, cioè, a che fare con un tumore mammario.

LA MASTECTOMIA PREVENTIVA DI ANGELINA JOLIE

Le star possono diventare fonte d’ispirazione anche nei tempi bui. C’è chi pensa di dover fare una mastectomia preventiva come Angelina Jolie solo perché la propria madre è morta per un tumore al seno. Il percorso mentale dell’attrice è stato: se mia madre è scomparsa per un tumore al seno e io ho una mutazione del gene BRCA1, tanto vale, considerato che rischio di ammalarmi dello stesso tumore, che opti per una mastectomia per non pensarci più. Le cose sono davvero così semplici? “La familiarità” spiega ISSalute “è un importante fattore di rischio, ma solo il 5-10% dei casi è dovuto ad una predisposizione ereditaria associata, soprattutto, a mutazioni nei geni BRCA1/BRCA2. Con la mastectomia preventiva il rischio di tumore tuttavia diminuisce, ma non si azzera (può presentarsi all’ovaio)”.

Come comportarsi allora se un test genetico è positivo? Optare, come Angelina Jolie, per un intervento chirurgico drastico, sempre tenendo presente che il rischio di tumore potrebbe presentarsi all’ovaio, oppure, come suggerisce ISSalute, affidarsi a “terapie preventive e a controlli periodici ravvicinati” per “battere sul tempo la malattia?” Solo un individuo “correttamente informato”, conclude ISSalute, grazie alla competenza del proprio medico, potrà gestire al meglio il proprio rischio oncologico.

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