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Se l’agricoltura diventa blu

di La nuova ecologia

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Il principio di una buona agricoltura è la copertura permanente del suolo, in moda da ridurre i rischi di dilavamento e mineralizzazione della sostanza organica ossia, detto in parole povere, di perdita di fertilità. Al contrario è normale incontrare d’inverno nelle nostre campagne, grandi distese nude di zolle scaravoltate dall’aratura. Da millenni del resto l’aratro è il simbolo stesso dell’agricoltura: dalla leggenda della fon- dazione di Roma ai manifesti del Grande Balzo in Avanti della Cina di Mao del 1958-60, che raccomandava alle Comuni di arare in profondità, fin oltre un metro nel sottosuolo, per ottenere “raccolti così fitti che i bambini ci avrebbero camminato sopra”. Ma la pratica di ripetere l’aratura a ogni nuovo ciclo colturale è una delle principali cause di erosione e perdita di sostanza organica del suolo.

Fu proprio nelle grandi pianure cerealicole del Nord America, patria della grande meccanizzazione e del Dust Bowl degli anni Trenta, che si iniziò a sperimentare negli anni Sessanta, di fronte all’evidente erosione dei suoli, le tecniche della cosiddetta agricoltura conservativa. Questa si basa su due princìpi essenziali: lavorazione minima del terreno o meglio ancora semina su sodo (semina diretta sui residui della coltura precedente) e ritorno alle rotazioni colturali per garantire la copertura permanente del terreno. Oggi le tecniche di agricoltura conservativa si sono diffuse in tutto il mondo e coprono ormai una superficie di circa 130 milioni di ha (10 volte la superficie agricola italiana), principalmente in Sud America, Australia e in vari Paesi in via di sviluppo. Anche in Italia l’agricoltura conservativa inizia a far proseliti, principalmente nelle Marche dove già si semina grano duro su sodo o con minime lavorazioni su un terzo della superficie agricola regionale (70.000 ha), nel Veneto grazie a una specifica misura di sostegno introdotta dalla Regione a favore della semina su sodo e delle pratiche che favoriscono l’aumento di carbonio nel suolo; e ancora nelle colline del Beneventano, dove un gruppo di giovani agricoltori col supporto tecnico del Cnr già da anni seminano grano o mais non irriguo su sodo e poi riseminano colza o veccia per garantire la copertura del terreno e offrire un’altra fonte di reddito a chi ancora resiste a fare agricoltura di collina.

I vantaggi sia economici che ambientali di questo tipo di agricoltura sono evidenti: si riducono notevolmente i consumi di gasolio e di acqua, e quindi i costi di coltivazione, e si riducono le emissioni e le esigenze idriche della pianta, si aumenta la fertilità del suolo e la biodiversità. La chiamano infatti anche “agricoltura blu” in quanto tende a salvaguardare acqua e aria. Nelle Marche, dove la sostanza organica ormai scarseggia (molti terreni ne contengono meno dell’1%, come in buona parte della dorsale adriatica), nei suoli su cui si pratica da oltre vent’anni la semina su sodo la sostanza organica è tornata sopra il 2% e, segnale più evidente, “sono tornati i lombrichi”. 

Un rimedio senza contro indicazioni dunque? Non proprio. Intanto è una pratica che all’inizio fa perdere reddito e aumentare i costi. Occorrono almeno 7-10 anni per ottenere i primi benefici di rese produttive e quindi di reddito. Occorre investire in macchine speciali per la semina su sodo e spesso si fa ampio ricorso alla chimica per disseccare la pianta di copertura ed eliminare le infestanti, prima della semina della coltura principale. Non a caso tra i più entusiasti promotori dell’agricoltura blu nel mondo troviamo diversi protagonisti del “BigFarma” come Bayer e Monsanto, che suggerisce di utilizzare prima di ogni intervento il suo celebre diserbante Roundup. Monsanto è nota anche per aver creato una varietà di soia geneticamente modificata (Gm), chiamata Roundup Ready, ossia resistente al Roundup. Siccome le infestanti hanno il viziaccio di crescere non solo prima della semina, ma anche dopo, su una coltura del genere puoi irrorare allegramente Roundup anche durante la crescita della pianta, ammazzando le infestanti senza ammazzare lei. Per questi aspetti quindi, l’agricoltura blu resta un approccio convenzionale che fa largo ricorso alla chimica di sintesi e non disdegna gli Ogm. Ma sarebbe un errore denunciare questi aspetti senza recepire la notevole importanza ecologica delle pratiche di lavorazione del terreno proposte dall’agricoltura conservativa. 

Il controllo delle infestanti tendenzialmente si può fare anche senza ricorso al diserbo, che in ogni caso provoca un forte squilibrio nella vita del suolo. Dipende in parte dalla scelta delle colture di copertura – un caso molto interessante è la veccia – e dall’adozione di tecniche idonee di pacciamatura e di sovescio, tecniche usuali in agricoltura biologica. Il Rodale In- stitute, una delle istituzioni di eccellenza mondiale dell’agricoltura biologica, creata da John Rodale come associazione non profit in Pennsylvania oltre 60 anni fa (1947), ha dimostrato che si può fare un buon notillage (semina su sodo) e rotazione con i metodi dell’agricoltura biologica, senza ricorrere a erbicidi o a fertilizzanti chimici. La rotazione delle colture è una pratica semplice e antica per la gestione della fertilità del suolo e per non favorire lo sviluppo dei parassiti di una specie. Per avere un’idea dell’efficacia di queste tecniche, sempre il Rodale Institute ha verificato che una buona rotazione biologica, accoppiata ai metodi dell’agricoltura conservativa (semina su sodo e coltura di copertura), consente di sequestrare nel suolomediamente una tonnellata di carbonio per ettaro ogni anno. Se applicassimo questo metodo all’intera superficie agricola italiana, in pochi anni avremmo azzerato il bilancio di emissioni serra dell’Italia. La copertura permanente del terreno è valutata come una delle forme più efficaci, insieme all’interramento del compost, di sequestro di carbonio nel suolo. Inoltre, nel raffronto con un metodo convenzionale di lavorazione del suolo, il metodo bio ‘no-till’ ha consentito un risparmio di gasolio del 70%.

Fate un po’ i conti.

07/06/2013