La denuncia di Carolina Crescentini: “Io, bullizzata. La mia taglia 42 per alcuni è un insulto"
"Alcune mie colleghe, per un festival, decidono di non partecipare per non essere umiliate. Vieni seriamente bullizzato": Crescentini come Giovanna Mezzogiorno. Entrambe hanno subito body shaming e si sono sentite discriminate per il peso da registi e colleghi
Un’attrice si sente fuori luogo, ma è tutto quello che la circonda, le persone, che la rendono tale. Il tema di Unfitting, il cortometraggio diretto e scritto da Giovanna Mezzogiorno, nato da un’idea di Silvia Grilli, direttrice di Grazia e da Bulgari, racconta proprio di questo, di discriminazione verso il proprio peso, il riferimento è a quanto lei stessa ha denunciato dopo la gravidanza dei suoi due gemelli. E seppur lo faccia con ironia, va al cuore di un problema diffusissimo, non solo nel mondo del cinema. A interpretare la protagonista è invece Carolina Crescentini, una donna che, prima di essere una tra le interpreti maggiormente versatili in circolazione, è una persona capace di esporsi da sempre, e non ha paura di farlo, anche quando entra in profondità sull’argomento e svela quanto le è successo.
«Io vivo lo stesso bullismo vissuto da Giovanna (Mezzogiorno, ndr)» dice.
«Porto una taglia 42, che sembra un insulto a tutto, alla moda e ai costumisti, che ti dicono “scusa potresti perdere peso perché io dovrei usare per questa scena quell’abito”. Magari scegliamone un altro che vada bene all’attore e non il contrario. Io ho un buon carattere, mi autoprendo in giro, ed è la mia difesa. Quando vengo bullizzata, perché di bullismo si parla, sono io che prendo in giro la situazione per stemperare, perché fa male. L’unico modo che ho è ridere di me, o ridere della situazione, ma è una continua e costante mancanza di rispetto ed educazione. Quindi, se questo cortometraggio può fa sentire a disagio, o in bilico, per almeno 3 minuti le persone che c’hanno fatto sentire così, è già una vittoria, perché noi ne abbiamo vissuti di più. In questi giorni, che sta uscendo la notizia, molte persone mi hanno scritto, ringraziandomi. Parliamo tanto di emancipazione, e poi ci perdiamo dietro a questo….beh siamo ridicoli tutti quanti, noi (donne) che lo abbiamo permesso fino a questo momento, e gli altri, che continuano a farlo con delle chiacchiere da bar. Perché, anzi, non tutto è bar».
Cosa le piacerebbe che passasse da questo lavoro?
«Che non siamo solo immagine. Noi siamo il tramite emotivo e intellettivo per passare dalla carta allo schermo. Sarebbe bello ricordare che forse tu (regista, ndr) mi scegli non solo per il mio involucro, ma per l’emotività che posso portare all’interno del tuo progetto».
Nel cortometraggio la accusano di tutti i difetti, troppo grassa, col doppio mento.
«Sui set accadono sempre queste cose. Io sono una persona ironica, ma mi sono chiesta se il mio sdrammatizzare continuamente non metta troppo comodi le persone che mi stanno davanti e mi stanno trattando male. Forse è arrivato il momento di essere un pochino meno accomodante e dire quello che mi stanno facendo subire. Diranno “Carolina è cambiata, è impazzita!” Forse ce l’hanno portata loro a questo punto».
La vediamo molto appassionata sul tema.
«Perché io queste situazioni le subisco, non sto scherzando. Alcune mie colleghe, per un festival, decidono anche di non partecipare per non passare un momento umiliante, che sia la prova dell’abito o la conferenza stampa, o la prima. Vieni seriamente bullizzato, è un dato di fatto, anzi magari non si presentano, così si levano un problema. Il cortometraggio è un invito a una riflessione: la famosa inclusione è ancora una parola, ma non nei fatti. Le donne? possono fare squadra o essere ferocissime».
Una parola per Giovanna Mezzogiorno.
«Stupenda. Sono pazza di lei, lo ero già come attrice. È una donna vera, attenta, controlla tutto, è forte, empatica, sensibile e poi coraggiosa. Spero che possa fare tante altre cose da regista, il piglio ce l’ha. Osservarla sul set mi ha fatto capire tante cose, di quanto abbia dovuto tacere di fronte a qualcosa che le è accaduto, e che ora non poteva più tacere».