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Il risveglio di Paola Cortellesi parte da uno schiaffone ben dato

Qualcuno l’ha definita (a ragione) la Stradivari del cinema italiano, certo non la scopriamo oggi. È una certezza in evoluzione, una voce da ascoltare, un interprete da ammirare. Con "C’è Ancora Domani" apre la 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma

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Tutto parte da uno schiaffone rifilato di prima mattina, è il buongiorno” che un marito riserva alla moglie. Sembra un sogno, o un incubo, ed invece è realtà scomoda, l’inizio di una giornata in cui tutto sembra filare nel verso sbagliato, tra umiliazioni, violenze e discriminazioni. È la giornata tipo di Delia, moglie, madre (coraggiosa) di tre figli protagonista del debutto alla regia di Paola Cortellesi, che ne anche interprete principale, ovvero C’è Ancora Domani, scelto come pellicola d’apertura della 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, in sala dal 26 ottobre distribuito da Vision Distribution. Ed è un risveglio, quello della Cortellesi dietro la macchina da presa, davvero sorprendente, luminoso e amaro nello stesso tempo, a cavallo tra tragico e comico, tra forza e vulnerabilità, ben ancorato a narrare un momento storico, lo sarà sul fronte femminile con il voto aperto alle donne nel giugno del 1946, riguardo a tutte quelle figure femminili mai narrate, maltrattate tra le mura domestiche, donne che non sentono di valere, che sentono di non essere abbastanza, ma che però hanno fatto la differenza, anche nel saper reagire nei confronti dalla manipolazione maschile e patriarcale di un tempo. Ieri come oggi, Sì perché il film, ambientato nella seconda metà degli anni ‘40, ha una connotazione surreale, ma ma volutamente modernissima, di rimandi e tematiche, in cui avvertiamo l’avversione e disperazione, così il desiderio di ribellarsi, guardando ad un nuovo domani. 

Da un lato c’è la miseria del Dopoguerra, vista in una Roma neorealista e in bianconero, ma dall’altro c’è soprattutto la miseria umana, la stessa di uomini-non uomini come Ivano (un bravissimo e “insopportabile” Valerio Mastandrea). Un padre-padrone di famiglia, il quale, senza rispetto (e con disprezzo) non perde l’occasione di sfoderare la cinghia e sottomettere la moglie, a fatti e parole, sottolineando la propria supremazia di maschio, a cui si aggiunge il suocero, di cui si prende cura come badante e che a sua volta incarna il peggio, e forse l’origine di ogni cosa. Una situazione al limite, che lei accetta e porta avanti, vivendo fuori da quelle mura in cerca di libertà, emancipazione, dividendosi tra piccoli lavoretti di rammendo, sistemazione ombrelli, e mettendo da parte i soldi per la figlia e il suo abito di nozze, qualora arrivasse la proposta giusta. Nel frattempo, intorno ci sono pochi volti di cui fidarsi, veri anticorpi con cui combattere le ansie: l’amica del cuore Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide leggerezza e alcune confidenze personali, e Nino (Vinicio Marchioni), un meccanico che di lei si è innamorato e rappresenta una speranza diversa.

Paola Cortellesi attrice, qualcuno l’ha definita (a ragione) la Stradivari del cinema italiano, certo non la scopriamo oggi. È una certezza in evoluzione, una voce da ascoltare, un interprete da ammirare (fu una bravissima Maria Montessori televisiva per dire) e su cui prendere appunti, ma passo dopo passo, qui, viene fuori oltremodo il suo sguardo pieno di compassione e forza, un modo di osservare la realtà dritta in faccia. Lo fa con severità e gioia, risolvendo i momenti “violenti”, trasformandoli a tratti in un piccolo musical a rallentatore, o usando le musiche strategicamente (Lucio Dalla, ma non solo) per andare a riannodare alcuni passaggi. Quando si presenta davanti alla stampa viene accolta da un applauso liberatorio e sentito, se ne sente il valore, il peso, non è di circostanza, il progetto ha fatto davvero breccia. 

“Avevo voglia di raccontare quelle donne che nessuno ha mai celebrato”, dice ancora la Cortellesi. “C’era forte dentro di me un immagine, quello di uno schiaffone in faccia dato da un marito alla moglie, e lei che sveglia, fa le sue cose quotidiane, come una povera Cenerentola. Siamo partiti da lì. C’era la voglia di raccontare storie di donne incredibili, che magari consumano nei cortili, donne che hanno di fatto costruito il tessuto sociale del nostro paese, assistendo figlie e mariti, considerate nullità a livello salariale e di equità di genere, donne che nessuno ricorda e di cui non ci si rendeva conto”. E in questo lavoro, come nelle tante cose che la Cortellesi porta avanti da sempre, non c’è mai nulla di casuale, tutto ha un senso profondo, sia che una risata fragorosa, sia una commozione da stringere forte che bypassa la classificazione.“Quando ho cominciato questo mestiere,”, continua, sentì un commento sul mio contratto. Non male, dissero, ottimo, per essere una donna… Ed è una cosa che non ho mai più voluto sentire, però è un dato di fatto. Ho avuto grandi opportunità, ma anche chi non le ha, a parità di competenze, dovrebbe avere lo stesso trattamento. Quando abbiamo scritto il film Scusate se esisto, capitava di fare proposte insieme agli altri autori, guardavano loro, non me. Sembravo invisibile. La regia? Certo che continuerò, mi piacerebbe, e sarà bellissimo”.

18/10/2023