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Trap e sessismo: le canzoni incitano davvero alla violenza contro le donne? La risposta definitiva della linguista

Pensiamo a uno Sfera Ebbasta quando dà della “troia” o della “porca” alla “tipa” che vuole portarsi a letto: ecco cosa sostiene la specialista Beatrice Cristalli

Trap e sessismo le canzoni incitano davvero alla violenza contro le donne La risposta definitiva della linguista

La linguista Beatrice Cristalli

di Stefano Miliani

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I testi delle canzoni della trap, genere che va per la maggiore tra i giovanissimi, istigano alla violenza? Al sessismo? Incitano alla violenza contro le donne? Alla gelosia possessiva? Favoriscono gli stereotipi con un’immagine delle donne-oggetto a beneficio del macho di turno? Inneggiano al mito dei soldi? Quando un Emis Killa canta “preferisco morta che saperti con un altro” interpreta un personaggio e chi lo ascolta comprende o ne fa un modello di vita? Ne parla qui Beatrice Cristalli. Nata a Piacenza nel 1992, è linguista che esplora “l’evoluzione dei linguaggi giovanili, soprattutto attraverso i linguaggi musicali”. La studiosa collabora con l’Enciclopedia Treccani, è consulente di editoria scolastica per il Gruppo Mondadori, lavora nella formazione e si confronta in modo diretto con ragazze e ragazzi innamorati di questo genere nato da una costola del rap. Senza demonizzare, né facendo sconti. 

La studiosa cita una collega impegnata su terreni analoghi: “Luisa di Valvasone, che in questo campo lavora principalmente per l’Accademia della Crusca, e io ci siamo messe in gioco, abbiamo pubblicato articoli e approfondimenti che, come formatrice, ho spesso portato in laboratori didattici nelle scuole con i ragazzi”. In una scuola secondaria di primo grado a Milano, racconta, “ho cercato di ragionare sugli stereotipi di genere, sull’identità femminile e maschile utilizzando le parole di canzoni trap famose”. 

Tra artiste e artisti vari Beatrice Cristalli ha scelto per esempio Anna Pepe o Shiva. Un obiettivo è comprendere “attraverso le pratiche laboratoriali come determinate parole o determinati verbi possano contribuire a rafforzare un immaginario collettivo che riguarda il genere e la relazione di genere”. Due strofe della canzone “Everyday” di Takagi & Ketra featuring Shiva, Anna (ex Pepe) e Geolier recitano: “Io ti ammazzo solo perché parli con lei / Voglio te, voglio te every day / E divento pazza se non so dove sei / Voglio te, voglio te, voglio te // Tu mi ammazzi solo perché parlo con lei / Voglio te, voglio te every day / E diventi pazza quando torno alle sei / Voglio te, voglio te every day”. 

Come hanno reagito, nelle classi?

“Al primo impatto minimizzano, si mettono a ridere – risponde la studiosa - Non negano che il verbo ‘ammazzare’ sia forte ma dicono che è un modo di dire, è figurato. Però è una spia e ci invita a riflettere su quale significato attribuiscono alla gelosia, che rapporti costruiscono con i compagni di classe o con le persone di cui sono innamorate. La canzone diventa un espediente per capire quale significato attribuiscono a parole anche molto forti e, dopo aver minimizzato, iniziano a condividere esperienze sulla loro percezione. Così il testo diventa uno strumento efficace per parlare di temi profondi legati all’alfabetizzazione affettiva”. 

Le cantanti, che ruolo hanno?

“Anche se sono cresciute artiste come Beba, Chadia Rodriguez o Madame, una delle prime a giocare a livello linguistico in canzoni come ‘Sciccherie’, il trapper è prevalentemente maschile. C’è l’immagine dell’uomo che immagina la donna in un rapporto di sottomissione, si rafforza un’idea del macho, di una mascolinità molto basica, promossa insieme a successo, soldi e potere”. Un termine ricorre spesso: “bitch”. Letteralmente “puttana, troia”, con un malcelato disprezzo. “Il tema è sistemico – commenta Cristalli– Intanto negli ultimi anni si è rinnovata un’attenzione sul tema benché ci siano ancora canzoni dove la donna è trattata come un oggetto, passiva. Però sul tema di genere soprattutto nella scuola, un ente fondamentale per promuovere nuovi paradigmi ma non l’unico, si stanno facendo grandi passi avanti, l’immaginario collettivo si sta rinnovando. Lo vedo nei libri scolastici che usciranno, gli effetti si vedranno con gli anni. Ma ci deve essere una formazione mirata dei docenti, serve una direzione pedagogica per quanto si fa ogni giorno in classe. La parità sta nel riformulare e togliere quegli stereotipi che hanno giocato un ruolo importante, a volte implicito, ed è bene parlarne”. 

Un interrogativo richiede per lo meno una riflessione: cosa ci racconta l’ampio successo di canzoni dove possesso, volgarità e denaro sono gli obiettivi di vita?

Pensiamo a uno Sfera Ebbasta quando dà della “troia” o della “porca” alla “tipa” che vuole portarsi a letto, oppure ai Dark Polo Gang quando in “Cavallini” sognano “montagne di soldi e i vari modi per spenderli” oppure “nella padella pollo e cocaina / Trasformo pacchi in contanti in orologi”.

“Nella nostra società vengono promosse figure e pose di successo che hanno come denominatore l’arroganza, la prepotenza, il potere di chi urla per garantirsi il posto nella conversazione, di chi aggredisce e usa la parolaccia per avere potere sull’altro: è chiaro che queste idee solleticano l’immaginario di una identità in divenire”, risponde la studiosa. “Non mi stupisce che un giovanissimo già nella prima media si vesta come i trapper e abbia un atteggiamento di ostilità nei confronti degli altri”, tanto più che un adolescente cerca “disperatamente l’approvazione del gruppo, è il suo modo di sentirsi al sicuro”. 

Anche se “La trasgressione è necessaria per costruirsi un’identità, sono contenta quando vedo lo scontro generazionale”, non a caso, rileva, “hanno più successo brani che promuovono successo, donne, droga, perché questa dimensione sembra funzionare in tante radio e concerti. Mi viene in mente Paky: i suoi video con macchine, droga e pistole mi sembrano tutti uguali però hanno più visualizzazioni”. 

Secondo Beatrice Cristalli gli adulti non possono tirarsi fuori da questo discorso:

“Non è tanto la musica trap a influenzare e rendere più violento il mondo dei giovanissimi. A influenzare il giovane è la società che valida un modo di comportarsi in cui sono invisibili il rispetto dell’altro, la gentilezza, l’accoglienza della diversità. Il giovane impara che l’unico modo per essere accettato è imitare quel modello”. Infatti l’aggressività viene spesso premiata, come minimo in termini di risonanza. “Lo si vede anche nei commenti sui social: chi offende, usa volgarità, insulta, discrimina vince perché è facile da maneggiare”. Più complesso è “capire la diversità dell’altro, che c’è un’altra persona. La regola che diamo in pasto alle nuove generazioni è ‘faccio quanto mi pare per avere successo’. Si tratta di un fenomeno di deumanizzazione”. 

Attenti a non appiattire tutto, avverte comunque la linguista.

“Il rap italiano ha tante tipologie, molti artisti sono impegnati, e anche nella trap ci sono cantanti che parlano di altro, esiste una diversificazione”. Il nodo da sciogliere resta quello di una società malsana: “L’idea che l’uomo deve possedere ragazze e denaro per essere riconosciuto socialmente è entrato nella mentalità – conclude - Queste dinamiche hanno successo perché cristallizzate nella nostra percezione del mondo e dei generi, solleticano una parte di noi non esplicita ma in cui credono le persone che ascoltano quei modelli, anche distrattamente ma li ascoltano”.

26/01/2024