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La gogna Selvaggia e i giustizialisti social: come funziona il metodo Lucarelli

Nell'ondeggiare tra atteggiamenti da bulla e lamentele da vittima, ciò che più colpisce è che da parte della blogger non arrivi nemmeno un momento di riflessione o di dispiacere

Foto Ansa e Instagram 

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Chiamiamolo metodo Lucarelli. Ecco come funziona. Primo passo: scelta della preda più succulenta, tra le decine che ogni giorno la cronaca offre. Secondo: attacco alla preda medesima, sotto la definizione in voga di “debunking” (confutazione delle notizie false). Terzo: se qualcosa va storto, interpretare la parte della vittima martoriata dagli haters, dai politici, dai giornalisti. E addirittura lamentarsi delle minacce subite.

Schema che si è ripetuto nel caso di Giovanna Pedretti

Parliamo della titolare della pizzeria di Sant’Angelo Lodigiano che è stata ritrovata nel Lambro, forse perché non ha retto al terribile gioco dello “sputtanamento” collettivo dopo la questione del famoso post fake. Certo, chiariamoci, non è nostra intenzione unirci alla gogna contro Selvaggia, alla “goduria generale” per le sue sfortunate ultime vicende. Perché non si può criticare una persona che mette alla berlina i malcapitati e poi usare lo stesso trattamento con lei. Però, chi si erge a moralizzatore dei costumi altrui, non può sottrarsi al giudizio.

E dunque, basta leggere i post lanciati a raffica da Lucarelli nelle ultime ore per rimanere basiti dalla mancanza di umanità e dalla incapacità di mettersi in dubbio dopo che una persona è morta. Uccisa dall’umiliazione subita. Anche - ma non solo - a causa delle inchieste da lei rilanciate. Non c’è traccia in quelle righe di dispiacere vero per quanto successo, non c’è apertura alla possibilità di aver esagerato (“non c’è stata gogna mediatica - ribadisce - ma ricerca della verità…”). C’è soltanto una difesa strenua e arrogante del proprio operato (“può succedere che uno finito sulla cronaca si suicidi…”) e di quello del fidanzato Lorenzo Biagiarelli, che di lavoro fa il blogger culinario ma che ha voluto infilarsi nell’onda lunga della compagna e andare a fare inchieste su una signora che ha commesso il “terrificante” delitto di pasticciare con i social. E che - scrive ancora Selvaggia lasciando basiti - si sarebbe uccisa per problemi suoi, non a causa dello “shit storm” a cui è stata sottoposta: “Il suicidio si inserisce in un quadro più complesso…”.

E qui, a nostro parere, sta il punto:

perché infierire su una donna, una semplice titolare di una pizzeria, quando si è a conoscenza che è fragile, già problematica? Perché non trattare con le pinze una situazione quantomeno confusa? Perché è indubbio che Biagiarelli sapesse bene chi si trovava di fronte visto che ha indagato sulla signora e le ha fatto anche una lunga telefonata - come da lui stesso raccontato - in cui poteva capire benissimo il soggetto. Lo stesso dicasi per la Lucarelli, ben più esperta del compagno, che ha rilanciato la sua “inchiesta” nel tritacarne dei social. Invece, la Lucarelli, dopo l’auto-assoluzione, è passata a lamentarsi per gli insulti e le minacce subite, proprio lei che ogni volta che lancia una campagna provoca, come schiacciasse un bottone, un’ondata di odio da parte dei suoi followers.

Degna chiusura, in questo ondeggiare tra bulla e vittima, è:

paventare i timori che “essere associati a suicidi (si riferisce al compagno Lorenzo) potrebbe uccidere molto di più che una critica per aver raccontato una bugia”. Ci si aspetterebbe un momento di riflessione. Soprattutto perché di toppe negli ultimi tempi ce ne sono state altre, come le critiche sulla raccolta di fondi a favore del ragazzo colpito da uno squalo. Un momento di pausa come ha scelto di fare forzatamente Chiara Ferragni, che pure è caduta sotto la scure della Lucarelli per il caso del pandoro finto benefico. E, come lei, è passata in poche ore da eroina nazionale a essere negletto. Anzi l’esempio negativo della parabola dell’influencer più famosa del mondo dovrebbe spingere chiunque a fermarsi un attimo. Ma Selvaggia no. Manco prova a scusarsi, con una vestaglia (finta) povera, qualche lacrima, i capelli raccolti e il rimmel che cala dagli occhi. Selvaggia no, lei continua ad alzare le palette, a giudicare gli altri. Ma, forse, tutti dovremmo fermarci a riflettere. Tutti noi operatori dell’informazione, con tesserino dell’Ordine dei giornalisti o meno. Perché, anche se quelli con il tesserino delle regole ce le hanno, tutti siamo - volenti o nolenti - catturati dal vortice dei social.

18/01/2024