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Cenere, lava e lapilli, l’Etna è cambiato: ecco come

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L’Etna, il vulcano più famoso e fotografato al mondo, è, con le sue fontane, colate di lava e colonne di cenere, più attivo che mai. Vive e si trasforma. Le prove sono nelle mappe topografiche tridimensionali che alcuni ricercatori dell’INGV, l’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, hanno realizzato con i dati raccolti durante due campagne di osservazione – nel 2007 e nel 2010 – che hanno interessato l’area della sommità del vulcano e il suo fianco orientale superiore. Uno studio che ha coinvolto le sezioni INGV di Catania, Pisa e Bologna.

Grazie alle moderne tecnologie anche i vulcani attivi vengono osservati con tecnica di telerilevamento LiDAR – acronimo di Laser Imagery Detection and Ranging o Light Detection and Ranging –, osservazione con raccolta dati che garantisce grande accuratezza. Come spiega Marco Neri, ricercatore della sezione INGV di Catania e che ha coordinato lo studio, osservare i vulcani “da remoto”, contando su “strumenti sempre più sofisticati”, garantisce “informazioni estremamente precise” sulla sua superficie. La tecnologia LiDAR, che trova diverse applicazioni come, ad esempio, in silvicoltura, è stata utilizzata dai ricercatori INGV per misurare l’entità dei cambiamenti morfologici che hanno interessato l’Etna fra il 2007 e il 2010. Il telerilevamento per l’esecuzione di rilievi topografici attraverso mezzo aereo prevede l’installazione di un laser scanner composto da trasmettitore laser, ricevitore, sistema di acquisizione ed elaborazione dati. Per il loro studio i ricercatori INGV hanno utilizzato in tutte e due le missioni l’altimetro laser Optech ALTM Gemini.

Grazie ai dati acquisiti è stato possibile creare un DEM o Digital Model Elevation, un modello, cioè, digitale di elevazione, che altro non è che una rappresentazione in 3D di una superficie osservata. Diverse, le tecniche disponibili per la sua realizzazione, ma i modelli più affinati sono quelli ottenuti con tecniche di telerilevamento mediante elaborazione di dati acquisiti con un sensore montato su un satellite, un aeromobile o una stazione a terra. Il DEM dell’Etna con la sua morfologia così come si presentava nel giugno 2007 e quello del settembre 2010 sono stati quindi confrontati, ciò che ha consentito di misurare con estrema precisione le variazioni di volume e i cambiamenti morfometrici avvenuti nell’area sommitale del vulcano e lungo la Valle del Bove. “Quantificare i cambiamenti occorsi all’Etna è di fondamentale importanza per comprendere le dinamiche eruttive recenti” spiega Alessandro Fornaciai, ricercatore dell’INGV di Pisa. “Il LiDAR da aereo, grazie alla visione di insieme che fornisce e all’accuratezza che raggiunge, è di grande aiuto perché consente di ottenere, tramite opportune correzioni ed elaborazioni, sequenze temporali di modelli digitali di elevazione (DEM) ad alta risoluzione dell’area investigata”.

In vulcanologia la quantificazione dell’attività eruttiva rappresenta, infatti, una sfida importante. Lo studio dei ricercatori INGV ha, ad esempio, potuto registrare volume di lava e tasso medio di eruzione del parossismo del 10 maggio 2008 con la zona frontale del flusso fermatosi a 6,2 km dallo sfiato, non lontano dalla città di Zafferana Etnea. In dettaglio, cosa è accaduto in tre anni nell’area studiata? È accaduto che si sono accumulati oltre 86 milioni di prodotti vulcanici, di cui 74 eruttati da una fessura che si è aperta sull’alto fianco occidentale della Valle del Bove, che ne è così risultata “profondamente modificata”. Lo studio dei ricercatori INGV è stato pubblicato, corredato dalla mappa topografica aggiornata al 2010, su Geophysical Research Letters come Lidar surveys reveal eruptive volumes and rates at Etna, 2007-2010. Non un semplice traguardo. “La nuova topografia del 2010” spiega, infatti, Boris Behncke, ricercatore INGV della sezione di Catania “rappresenta anche un punto di partenza per il calcolo dei successivi mutamenti morfo-strutturali del vulcano. Mutamenti importanti, come quelli accaduti dal gennaio 2011 in poi, che hanno dato vita a una lunga serie di eventi eruttivi sommitali, costruendo, negli anni successivi, il nuovo cono del Cratere di Sud-Est, alto 300 m e cresciuto più velocemente di qualsiasi altro vulcano nella storia documentata”.

Con questo articolo presentiamo, oltre ad immagini di repertorio del vulcano in varie fasi della sua vita, la mappa topografica INGV del 2010, quindi cinque immagini originali dei ricercatori INGV: quella, elaborata dalla sezione di Pisa, con vista prospettica dell’Etna e spessore dei depositi, per lo più colate di lava, quella, quindi, con le prime luci dell’alba dell’8 maggio 2007 con l’ultima eruzione del Cratere di Sud Est, sorto nel 1971, e oggi non più attivo, con la sua attività, come spiegano i ricercatori INGV, migrata in corrispondenza di una bocca sul basso fianco orientale del cono, ciò che è all’origine del Nuovo Cratere di Sud Est. Un’immagine, quindi, dell’eruzione del 2008-2009 con il cratere lungo la fessura eruttiva e una seconda con la visione aerea da Est dell’area sommitale dell’Etna, dove, a sinistra, si vede il cono del Cratere di Sud-Est “bucato” in corrispondenza della sua base orientale dalla bocca eruttiva che costituirà, dal 2011, il Nuovo Cratere di Sud-Est, mentre a destra, è possibile osservare la frattura eruttiva che ha alimentato l’eruzione laterale del 2008-2009. 

Ultima delle cinque immagini quella con le prime luci dell’alba dell’8 marzo 2009 con Valle del Bove ripresa da Monte Fontane con l’enorme massa lavica, circa 74 milioni di metri cubi, riversatasi lungo la sua parete occidentale durante l’eruzione del 2008-2009, un “rivolo di lava incandescente” che “alimenta blandamente il campo lavico”.

 

Abbiamo parlato di:

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Lidar surveys reveal eruptive volumes and rates at Etna, 2007-2010 Articolo