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La difficoltà di dichiararsi omosessuale

La difficoltà di dichiararsi omosessuale

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Sono un centro dell’NBA di 34 anni. Sono nero. E sono gay. Non intendevo essere il primo atleta dichiaratamente gay di un torneo americano professionistico a squadre. Dal momento che lo sono, sono felice di parlarne. Non volevo essere il bambino che alza la mano in classe dicendo: “Sono diverso”. Se fosse per me, qualcuno altro avrebbe già potuto farlo. Nessuno l’ha fatto, ed è per questo che sto alzando la mano (…)” (tradotto da Sport Illustrated, 29 aprile 2013).

Bastano poche parole per far cadere una barriera. Jason Collins, veterano di 713 partite che nel 2012-13 ne ha giocate 38 tra Washington e Boston, ci ha messo 34 anni per realizzare di essere omosessuale e ha deciso di abbattere il muro, diventando il primo giocatore in attività apertamente gay negli sport professionistici di squadra più importanti degli Usa.

La notizia ha destato molto clamore, probabilmente perché avvenuta nell’ambito del mondo dello sport, in cui gli uomini hanno un’immagine virile da preservare. Questa notizia è stata preceduta da tante altre ammissioni di omosessualità nel mondo dello sport, della musica o dello spettacolo; basti pensare a: Martina Navratilova, Ricky Martin, Jodie Foster, ecc.

Sono molti però gli omosessuali che vorrebbero dichiarare chi sono davvero agli altri, ma che per tanti motivi non ci riescono. Quali sono i problemi legati all’esprimere ciò che si è davvero e come farlo?

Fare coming out rispetto alla propria natura sessuale è importante perché collegato al concetto di identità e di accettazione di sé. Chi riesce a dichiararsi di fronte ad amici, parenti, colleghi, seppur con difficoltà, successivamente ne trarrà giovamento in quanto comunicare al mondo esterno ciò che si è senza paura e senza più doversi o volersi nascondere ha moltissimi benefici sulla salute e sulla psiche. Purtroppo il percorso di chi è omosessuale e decide di dichiararsi non è così semplice. Innanzitutto la prima difficoltà è l’auto-accettazione; se prima non si è fatto questo passo come si può condividere con qualcun altro la propria natura? In questo caso è necessario concentrarsi su se stessi, il proprio stato d’animo e il proprio benessere. Come si sta vivendo l’omosessualità? Con senso di colpa, vergogna, imbarazzo, confusione oppure con serenità e gioia? Per i giovani e gli adulti che hanno scoperto da poco di essere attratti da persone dello stesso sesso il primo passo da fare è capire che non c’è nulla di sbagliato nell’essere omosessuali. Successivamente è fondamentale “ascoltarsi”, sentire le proprie emozioni e imparare a condividerle e a confrontarsi con altri, magari tramite un’associazione. Questo passaggio è necessario per superare la frequente fase in cui si rifiuta la propria omosessualità per poi passare all’essere rassegnati perché si pensa che non si potrà mai avere una vita normale e che ci si dovrà sempre nascondere. Questa fase può durare anche tutta la vita se si rimane legati ai condizionamenti sociali e alla paura di non essere accettati. Per questo motivo è importante condividere queste difficoltà con persone che vivono lo stesso problema o che l’hanno già superato. Parlarne aiuta a normalizzare la situazione e ad accettarsi per come si è. A questo punto non si avrà più paura di parlarne con gli altri. Molto spesso è anche il sentimento forte verso il proprio partner che aiuta a trovare la forza di uscire allo scoperto. Chi invece ha già fatto outing ma ha avuto problemi, deve fare i conti con la chiusura mentale che spesso la società impone con i suoi preconcetti e pregiudizi inculcati nelle persone.

La famiglia tende a riprodurre se stessa come unico modello di unione nella società, pertanto un figlio gay irrimediabilmente si sente incompreso in partenza e in grande difficoltà rispetto alla possibilità di comunicare la propria natura sessuale. Rispetto ai propri familiari bisogna lasciare loro il tempo di accettare la situazione, parlarne e cercare di rispondere alle loro domande (che sicuramente ci sono). I genitori, condizionati dagli stereotipi sociali, possono pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato nell’educare il proprio figlio o la propria figlia, ma in questo vanno rassicurati e spesso anche “rieducati”. Spesso l’ignoranza crea molte barriere psicologiche per cui è bene far conoscere ai propri familiari il mondo dell’omosessualità senza che vengano lasciati soli a dare libero sfogo alle loro fantasie senza che vi siano fondamenti con la realtà. È bene comunque lasciare loro il tempo di assimilare l’informazione: d’altra parte quanto è stato lungo il percorso di auto-accettazione?

Se si hanno problemi sul lavoro è importante inquadrare bene la situazione. L’omosessualità non deve essere un elemento discriminante nell’ambito lavorativo. Parlarne con tono professionale a colleghi o al superiore può essere un primo passo per dare il tempo di sedare pettegolezzi o pregiudizi. La professionalità sul lavoro è la risposta a condizionamenti sociali e ai preconcetti. Con gli amici il dialogo e la condivisione delle proprie difficoltà sono gli elementi chiave per cercare un punto di incontro e di accettazione. Allo stesso tempo, si ha anche modo di scoprire la vera amicizia che non ha paura di supportare la persona in un periodo difficile e particolare della propria vita.

06/09/2013