A Roma non sono solo i rifiuti a soffocare la città, l’altro problema si chiama arsenico nell’acqua, si chiama eternit delle vecchie tubature della rete idrica, si chiama cittadini lasciati a secco e tenuti all’oscuro delle ordinanze del sindaco sul divieto di toccare goccia. Una storia di silenzi, ritardi, liti, scaricabarile fra Asl, Comune di Roma, Acea Ato 2 e l’ex Ente Maremma, oggi Arsial, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura, tanto che anche la Procura di Roma tempo fa ha voluto vederci chiaro.
La storia dell’acqua all’arsenico, un problema lasciato andare alla deriva già anni fa e arginato solo a macchia di leopardo, continua a preoccupare molti cittadini romani che ora si ritrovano, nel bel mezzo dell’estate, senz’acqua a causa dell’interruzione della rete idrica per lavori – lavori prorogati e di cui nulla si sa –, nonché per quei rifornimenti via serbatoio promessi quindi interrotti, tanto da costringere i cittadini a mettere mano al portafoglio. Siamo a Roma Nord, dove i residenti di Casaccia-S. Brigida sono senz’acqua da quattro mesi. Qui ci sono le utenze allacciate all’acquedotto Casaccia-S. Brigida, soggetto a lavori di risanamento – che sarebbero dovuti finire da tempo – a opera di Acea Ato 2 cui l’Arsial ha ceduto la gestione e la ristrutturazione della rete di approvvigionamento idrico. Una situazione precipitata e talmente da spingere i residenti di Casaccia-S. Brigida a richiedere l’intervento del Movimento Difesa del Cittadino di Roma Nord, che ha denunciato il caso. Un caso emblematico per il caos in cui versano l’amministrazione capitolina e gli enti preposti.
Come vivono i residenti di Casaccia-S. Brigida in questa torrida estate? Il problema dei “livelli di arsenico superiore alla norma”, denuncia l’MDC non è stato ancora risolto, così come non sono stati ultimati i lavori per “assicurare l’erogazione dell’acqua”. Cittadini lasciati, così, con il “palliativo” di un “piccolo serbatoio idrico per uso domestico” portato in zona dall’Acea, “insufficiente per il fabbisogno di numerosi abitanti” e spesso lasciato a secco dalla società fornitrice per giorni e giorni con gravi disagi per la popolazione, in particolare sul piano dell’igiene personale. “Il tutto si traduce in un serio pericolo per la salute pubblica” così, ancora, l’MDC “anche considerato che in zona vi sono tanti anziani, bambini, donne in attesa e soggetti colpiti da gravi patologie”.
Abbandonati a se stessi, i cittadini – già umiliati dall’andare a raccattare, armati di taniche, la poca acqua della cisterna riempita da “autobotti in modo insufficiente a servire tutto il territorio” – sono stati costretti ad acquistare acqua da bere, per l’igiene personale e della casa, per la lavanderia “non potendo usare la lavatrice se non in condizioni davvero da terzo mondo”, denuncia l’MDC, che accusa la “società partecipata capitolina” Acea Ato 2 di aver disatteso gli “impegni di ristrutturazioni concordati”, lasciando, così, “irrisolti” i “gravi problemi delle tubature in eternit di cui è costituito l’impianto”, risalenti agli anni Cinquanta e “ormai obsolete e pericolose per la salute che, sfaldandosi, rischiano di compromettere l’acqua che verrà erogata”.
Un’acqua non adatta, e non solo quella di Casaccia-S. Brigida, al consumo umano, così l’ordinanza n. 36 del 21 febbraio 2014 del sindaco di Roma, Ignazio Marino, quindi l’ordinanza n. 64 del 26 marzo 2015, con cui fu vietata ai cittadini, con proroga al 31 agosto 2015, il consumo di acqua per le utenze Arsial allacciate agli acquedotti Casaccia-S. Brigida e Brandosa. E qui arriva l’altra denuncia. “L’ultima ordinanza del sindaco del 26 marzo 2015 che ha prorogato fino al 31 agosto 2015 i termini per i lavori, non è stata neanche comunicata ai cittadini”, così l’MDC. Né ai residenti è stato possibile sapere alcunché sui lavori e il loro andamento. Un muro contro legittime richieste: “Dello ‘stato attuativo degli interventi in corso’ ovvero delle opere realizzate fino ad oggi, non è stato possibile avere ancora contezza nonostante le continue richieste dei residenti agli organi preposti che non hanno dato alcuna risposta alle continue denunce”.
Perché ai cittadini, non è consentito sapere ciò che è loro diritto conoscere?
“Esasperati dall’interruzione del pubblico servizio e dalla mancata soluzione del problema dell’acqua all’arsenico e delle tubature in eternit, moltissimi residenti che non hanno acqua da quattro mesi dal rubinetto”, si sono pertanto rivolti all’MDC Roma Nord, che ha visitato la zona il 13 luglio con il suo presidente, Giovanni Maddaloni, e l’avvocato Francesca Giglio. Dopo un’assemblea, i residenti hanno dato mandato all’MDC Roma Nord per “intervenire con la massima urgenza” per “porre fine a una situazione gravissima” che “pone in serio pericolola salute dei cittadini” e che “nuoce all’ambiente”. MDC Roma Nord, forte dell’incarico, diffiderà, infatti, “tutti gli Enti e i Soggetti responsabili” per il ripristino immediato del servizio pubblico e affinché vengano eseguite le “opere necessarie per garantire il servizio con acqua corrente e potabile con tubature nuove ed adeguate alle normative vigenti”. L’associazione è inoltre pronta ad “agire per il risarcimento di tutti i danni fisici e morali subiti dalla popolazione residente, costretta a spese rilevanti per l’acquisto di acqua non solo da bere ma anche per l’igiene personale e della casa, per la lavanderia non potendo usare la lavatrice se non in condizioni davvero da terzo mondo”. In caso contrario, si pensa già di mettere in atto “tutte le azioni per l’accertamento delle responsabilità civili, penali ed amministrative di cui già sussistono i presupposti”.
Una situazione di esasperazione con radici profonde.
Perché, ad esempio, il Comune di Roma non informò i cittadini dell’ordinanza del 21 febbraio 2014 con cui si vietava l’uso di una certa acqua per il consumo umano? Cosa scoperta per puro caso, sul sito del Comune e una settimana dopo. “Sembrerebbe che l’acqua sia ricca di arsenico e altre sostanze inquinanti” così, all’epoca, Fabrizio Ghera capogruppo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale. “Comprendiamo e condividiamo le preoccupazioni dei residenti che solo dal 28 febbraio sono venuti a conoscenza dell’ordinanza firmata da Marino, e solamente attraverso il sito del Comune, che peraltro nemmeno in home page riporta la notizia. È gravissimo che il sindaco di Roma non informi adeguatamente la cittadinanza su un servizio che riguarda la salute dei cittadini. Presenterò nei prossimi giorni un’interrogazione a Marino affinché spieghi come mai non sia stato pianificato un piano di comunicazione adeguato e coordinato con i Municipi interessati e con i residenti, ma solo tardivamente e con scarsissima visibilità ne sia stata data comunicazione. Anche in questa occasione Marino dà prova di grande dilettantismo”.
Un black out informativo con cittadini, rimasti senz’acqua, che vengono privati di notizie utili alla loro quotidianità, a Roma, dove ancora oggi si va per acqua con le taniche, sperando, aperto il rubinetto, che non sia avvelenata.
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