Al Porto Antico di Genova, dal 14 al 17 maggio, fra mercatini, laboratori, scuole di cucina, degustazioni, animerà la città ligure Slow Fish, la fiera internazionale del “pesce buono, pulito e giusto” organizzata da Slow Food Italia e Regione Liguria con il patrocinio del Comune di Genova e in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L’evento, giunto alla sua settima edizione e che ha scelto come slogan Cambiamo rotta per salvare il mare e nutrire il pianeta si propone, insieme a pescatori, ricercatori, scienziati, studenti, chef, artigiani del cibo, di capire come nutrire il pianeta a partire dalla tutela dei mari.
Nel presentare la manifestazione, Carlo Petrini, presidente di Slow Food Italia, ha ricordato come dal 2004 – anno della prima edizione – ad oggi la situazione di mari e oceani non sia “affatto migliorata” a causa, in particolare, dell’inquinamento che “non si è arrestato” e dell’ocean grabbing, “l’accaparramento delle risorse del mare da parte di multinazionali senza scrupoli”, una piaga che riguarda l’Africa e l’America Latina e che continua a compromettere “gravemente gli stock ittici e la sussistenza delle piccole comunità di pesca”.
“Soprattutto quest’anno, in concomitanza con Expo 2015” gli ha fatto eco Daniele Buttignolo, segretario generale di Slow Food Italia “vogliamo ribadire la centralità che il mare deve avere per nutrire il pianeta, perché in mare finiscono le conseguenze di tutte le nostre azioni sulla terra”. Ma “non basta cambiare rotta, dobbiamo anche sapere dove andiamo”, ha osservato Silvio Greco, presidente del Comitato scientifico di Slow Fish, che nel presentare l’evento ha ricordato il Mediterraneo sempre più soffocato dalle microplastiche e dal catrame pelagico, richiamando altresì l’attenzione sulla necessità di definire, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, una “strategia marina”.
Fra gli eventi di Slow Fish, i Laboratori dell’acqua, dove si parlerà di “pesca strategica”, con riflessioni sulla Marine Strategy di cui si stanno dotando le “nazioni europee”, tentando di capirne i criteri e il rapporto con la “normativa comunitaria che regolamenta la pesca” e interrogandosi sulla capacità dei paesi europei a “mettere al centro le esigenze di protezione ambientale” per poter “salvaguardare la pesca come cultura, professione ed economia”. Si parlerà di “pesca sprecona”, di come, cioè, le normative europee possano arginare il fenomeno delle “tonnellate di pesce” rigettate in mare dai “grandi pescherecci”; di “pesca avvelenata”, con l’inquinamento dei mari alla radice delle malformazioni e malattie che “colpiscono gli abitanti dei mari” e che coinvolgono anche l’uomo, al “vertice della catena alimentare”; di “pesca pericolosa”, quella delle pratiche illegali e di quelle consentite ma con un “forte impatto sull’ambiente, come la pesca sportiva e quella professionale, spesso praticate a danno di fondali, stock ittici, “pescatori onesti”; di “pesca protetta”, in relazione alle aree marine protette; di “pesca miracolosa”, quella che a causa di truffe e contraffazioni porta nei piatti “prodotti molto diversi da quelli pescati” con il “pangasio che diventa sogliola, lo squalo che diventa pesce spada, il pesce ghiaccio che diventa neonata”; di “pesca misurata”, quella che obbliga al rispetto, a protezione delle popolazioni ittiche, delle “taglie minime legali”; di “pesca rubata”, legata al saccheggio dei mari per mano delle multinazionali, in particolare cinesi e americane; di “pesca sicura”, sulla sicurezza del pesce destinato al consumo alimentare.
Si parlerà anche di chi pesca e chi consuma. “I consumi ittici europei” spiegano gli organizzatori “dipendono in larga parte dal pescato extracomunitario, ma i paesi della Comunità Europea hanno un’impronta ambientale circa cinque volte superiore a quella dei paesi in via di sviluppo. Il futuro della pesca (e quindi del consumo di pesce) dipende dalle scelte responsabili dei consumatori e chi adotta politiche di sostenibilità, in questo settore, ha anche il dovere di promuovere una corretta e ampia divulgazione”.
Una finestra verrà aperta anche sulla cooperazione con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, considerati strategici per “preservare e valorizzare l’ambiente costiero e le risorse marine”, una cooperazione che passa, proprio per “rispondere ai bisogni dei territori e delle comunità costiere”, attraverso interventi nei settori dell’acquicoltura, della piccola pesca artigianale e del turismo marittimo. Un focus riguarderà invece la piccola pesca, con riferimento alla formazione dei “futuri pescatori, dello sviluppo di nuove professionalità, la diversificazione delle attività economiche per l’integrazione del reddito e la cooperazione per lo scambio di conoscenze”, direttrici grazie cui “promuovere uno sviluppo sostenibile della piccola pesca e delle comunità costiere del Mediterraneo”. Sarà oggetto di dibattito anche la Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree Protette, considerata come “strumento metodologico di certificazione”, mentre intorno a una tavola rotonda, si discuterà dell’impatto della politica europea sulla piccola pesca.
Non solo incontri e dibattiti, a Slow Fish ci si potrà rilassare ai Laboratori del gusto dove fra gamberi rossi del Mediterraneo, ostriche, pesci di lago, calamari, crostacei, sgombri, cous cous e baccalà, si parlerà di “biodiversità marina in cucina”, con Silvio Greco, biologo marino e “chef promotore di cene tematiche”, che accompagnerà i curiosi in un “viaggio sotto il livello del mare alla scoperta di nuove specie e nuovi gusti in cucina”, rispondendo alla domanda: quante delle oltre quattrocento specie che popolano il Mediterraneo conosciamo davvero? E quante di queste “possiamo trovare sul banco del pesce” quindi “nei nostri piatti?”.
Curiosità marinare e culinarie riserverà invece la scuola di cucina, dove lo chef Gianfranco Bruno, con palamita ed erbe aromatiche, insegnerà ad affumicare il baccalà e, con olio extravergine di oliva, a ottenere il confit.
Con i suoi boccaccielli di mare lo chef Pietro Parisi insegnerà invece la vasocottura, una tecnica – utilizzata ad esempio per la genovese di pesce e la parmigiana di sardine – che si pensa cambierà il modo di concepire il pesce conservato, “non più in scatola” ma “in barattolo”, non “semplicemente condito” ma “sapientemente cucinato” e pronto da mangiare. Pietro Parisi insegnerà inoltre a cucinare piatti di pesce utilizzando “molte parti del pesce” solitamente non considerate “cibo, non perché non siano gradevoli al palato” ma “perché si ignorano quali siano le tecniche per trasformarle e cucinarle”. Lo chef promette: dopo la loro preparazione, non ci sarà lisca per gatti!
Lo chef siciliano Angelo Pumilia, che insegnerà a scegliere, pulire, sfilettare e cucinare il pesce spatola o sciabola, parlerà anche delle salse di mare, un “viaggio attraverso il tempo e le culture” che “hanno saputo cogliere e utilizzare al meglio il carattere sapido di pesci, molluschi e crostacei trasformandoli in salse, condimenti, intingoli e sughi” fino a “farne ingredienti che hanno caratterizzato lo stile gastronomico di cucine e paesi”.
E la pasta di piccoli formati adatta alla “preparazione di zuppe e minestre a base di pesce”, con Benedetta Dell’Oglio che selezionerà le materie prime impiegate secondo un “principio di qualità per cui la biodiversità, dei grani, dei pesci e dei profumi arricchisce il piatto, oltre che di piacevoli sapori, di cultura e di saperi”.
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