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Vaccini dalle foglie di tabacco contro i virus dell’uomo

Vaccini dalle foglie di tabacco contro i virus delluomo
di Stefania Elena Carnemolla

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Il tabacco può fare miracoli, se pensato come scudo contro agenti infettivi. Il concetto è semplice: le piante possono diventare biofabbriche per lo sviluppo di vaccini. Come, per l’appunto, la pianta del tabacco. Siamo in Italia, dove i ricercatori Enea hanno trasformato, secondo un processo di modular farming, la pianta del tabacco Nicotiana benthiamana in una “fabbrica di molecole”, producendo molecole del virus che causa la SARS, la sindrome respiratoria acuta grave che nel 2003 colonizzò le cronache e che ancora oggi costituisce fonte di rischio, anche perché non c’è ancora un vaccino.

La molecola del virus prodotta nella pianta di tabacco, con la pianta considerata come bioreattore, è stata riconosciuta dagli anticorpi di chi aveva contratto la SARS. Lo studio o Antigen Production in Plant to Tackle Infectious Diseases Flare Up: The Case of SARS – condotto in collaborazione con l’ Istituto Superiore di Sanità e il Prince Wales Hospital di Hong Kong e frutto della sinergia fra biologia molecolare, biotecnologie vegetali, virologia, medicina e immunologia – è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Frontiers in Plant ScienceE nuova frontiera per la prevenzione di epidemie e pandemie sono proprio i vaccini ricavati dalle piante, ben visti poiché sicuri, economici e veloci da ottenere – anche due settimane. “Le piante” spiegano i ricercatori Enea “offrono diversi vantaggi rispetto ai sistemi convenzionali impiegati per la produzione di molecole di interesse farmaceutico. Oltre al fatto che sono in grado di dare origine a molecole con elevata autenticità strutturale, hanno dalla loro la capacità di crescere velocemente in condizioni di non-sterilità e a bassi costi, e per questo rappresentano una piattaforma di produzione sicura per l’uomo in quanto non contengono virus o altri patogeni umani”.

E se lo studio si è focalizzato sulla SARS, già si pensa agli agenti infettivi con “possibile uso terroristico” o con “potenziale pandemico”, come il virus Zika. Durante l’ultima epidemia di Ebola, ad esempio, due americani contagiati dal virus furono curati, con risultati positivi, con lo ZMapp, un farmaco sperimentale della Mapp Biopharmaceutical di San Diego prodotto con la pianta del tabacco, rivelatasi capace di produrre rapidamente anticorpi.

I ricercatori sono ormai sempre più consapevoli della necessità di produrre a costi contenuti e in maniera tempestiva strumenti diagnostici e vaccini come, ad esempio, quelli ottenuti dalle piante. “L’attenzione da parte degli Stati e delle industrie farmaceutiche rispetto a questi eventi contagiosi non è sempre costante soprattutto in termini di attività di ricerca, prevenzione e investimenti” così Rosella Franconi, ricercatrice Enea. “Avere competenze per produrre velocemente e a costi contenuti, strumenti diagnostici e vaccini, può dare un contributo importante alla gestione e alla risoluzione di queste emergenze ma è necessario mantenere elevata la sorveglianza sanitaria e la profilassi internazionale, come pure sostenere la ricerca pubblica finalizzata ad accelerare lo sviluppo di tecnologie preventive e di controllo contro le infezioni causate da virus emergenti e ri-emergenti”. 

Rosella Franconi, romana – nel suo curriculum docenza alla  Tuscia di Viterbo, il consiglio scientifico della piattaforma tecnologica italiana Plants for the Future, pubblicazioni, riviste e progetti internazionali – lavora all’Enea dal 1989. Laureatasi in Scienze Biologiche a La Sapienza di Roma, è esperta di biotecnologie, da quelle per la creazione di piante resistenti alle malattie causate da virus vegetali allo sviluppo di vaccini sperimentali contro le patologie associate al virus del papilloma umano – l’HPV, il virus responsabile del tumore del collo dell’utero – con “l’idea di base che le piante possono essere utilizzate sia come biofabbriche per la produzione di vaccini sicuri e basso costo, sia come fonte di molecole ad attività immunostimolatoria capaci di potenziare l’attività di vaccini terapeutici anti-cancro”. 

E già allora, quando, cioè, all’Enea si iniziarono a sperimentare biofabbriche capaci di produrre vaccini, sia profilattici che terapeutici, contro i tumori causati da HPV, suo punto di partenza fu una foglia di tabacco. Quando le fu chiesto perché proprio il tabacco, rispose: “È sicuramente una delle piante più interessanti, innanzitutto perché non presenta particolari difficoltà di coltivazione; rappresenta poi un sistema ben consolidato e studiato per il trasferimento di geni e per l’espressione genica e ha un alto rendimento in forma di biomassa, con abbondante produzione di semi. Inoltre, visto che il tabacco non è una pianta commestibile, c’è un basso rischio di contaminare la catena del cibo. In alcune varietà di tabacco, inoltre, le foglie rappresentano un sito di elevata produzione proteica e a bassa concentrazione di alcaloidi: sono proprio queste varietà a poter essere utilizzate per la produzione in larga scala di farmaci e vaccini”.

Dall’HPV all’HIV, il virus dell’AIDS, sempre vaccini, sempre dal tabacco, con le piante considerate vere e proprie biofabbriche. “Il nostro nemico è il virus dell’HIV, contro il quale stiamo creando un vaccino attraverso cellule prelevate da tabacco, una delle piante più plastiche e manipolabili che esista in natura che, da nemico della salute dell’uomo, si trasforma in un valido alleato”, così, all’epoca, Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio di Biotecnologie di Enea.“Ben venga la riconversione delle distese di tabacco: la pianta non verrà più fumata ma trasformata in una fabbrica di proteine mirate a scopi terapeutici. Lavoriamo anche su pomodoro e patata, due colture il cui vantaggio è la loro commestibilità, inaugurando di fatto un altro importantissimo capitolo per i vaccini”.

I vaccini vegetali sono ormai una realtà, da quando si pensò di aiutare le piante a meglio proteggersi dagli attacchi di virus e batteri e vaccinare la popolazione mondiale, in particolare i milioni di bambini dei paesi in via di sviluppo. Fino a quando, negli anni Novanta, il fitogenetista americano Charles Arntzen non pensò di ricorrere alle manipolazioni genetiche per far produrre vaccini alle piante alimentari. “Vaccini verdi e commestibili, insomma, realizzabili e quindi coltivabili anche sul posto a costi bassissimi e senza problemi di conservazione o somministrazione, poiché basta mangiarli per essere immunizzati”, raccontano all’Enea. “In questo contesto il laboratorio del Centro Enea della Casaccia ha giocato un ruolo determinante, in quanto ha potuto dimostrare che si potevano aumentare le difese delle piante facendo in modo che un vegetale producesse molecole del sistema immunitario animale. I progressi in questo senso sono stati veloci soprattutto a partire dai primi anni 2000. Oggi la biofabbrica di farmaci è popolata di pomodori, patate, riso, banane, frumento, ciascuna specie con una specialità e un suo potenziale terapeutico”.

E di tabacco. 

 

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01/03/2016