Dopo una lunga vacanza estiva trascorsa tra Città del Messico, il Lago di Como, Ibiza e Kos, Chiara Ferragni ha annunciato su Instagram la nuova collezione del suo brand ma le cose per la sua azienda non vanno affatto bene. A certificare le difficoltà del suo impero è il fascicolo dei conti aggiornati della società Fenice, titolare dei marchi dell'influencer e imprenditrice digitale, depositato in camera di commercio dall'amministratore Claudio Calabi, pronto a certificare un importante taglio dell'organico, passato da 13 dipendenti degli ultimi mesi del 2024 a 6 dipendenti attuali.
Licenziati 3 dipendenti su 4
Duro il confronto col bilancio presentato alla fine del 2023: 27 dipendenti, ricavi pari a 12,55 milioni, disponibilità liquide pari a 1,9 milioni di euro. Dopo il crollo registrato nel 2024 c’è un importante riduzione del personale, 13 dipendenti in totale, taglio che potrebbe non essere bastato a bloccare la crisi dell'azienda.
Nel marzo scorso, per evitare il fallimento, Chiara Ferragni ha versato 6,433 milioni di euro per ricostituire il patrimonio netto, mossa che potrebbe non essere sufficiente. Stando a quanto riferisce il quotidiano Open, i ricavi di Fenice sono crollati dai 12,55 milioni del 2023 a 1,759 milioni di euro, con una perdita d’esercizio di 3,379 milioni. Anche la liquidità è stata prosciugata, passando da 1,9 milioni di euro ad appena 3.929 euro in cassa.
Obiettivo: contenere la perdita economica
A oggi a bilancio risultano 4,92 milioni di euro accantonati a fondi rischi e oneri, così distribuiti: 1,78 milioni per contenziosi aperti nel 2024, 210 mila euro per le buonuscite del personale, 2,45 milioni di euro per potenziali controversie con clienti, 320 mila per possibili perdite su società controllate e 160.818 euro per la chiusura anticipata del contratto di affitto della sede di via Turati, chiusa definitivamente nel gennaio scorso.
Nel documento depositato in camera di commercio, l'amministratore Calabi ammette che l'obiettivo al momento resta quello di "contenere la perdita economica" e sottolinea che la ripresa di Fenice dipenderà "in modo significativo dall’esito delle vicende giudiziarie in corso". Ferragni, detentrice del 99,08% della società Fenice, a partire da oggi dovrà affrontare anche il processo per truffa.
Al via le udienze per il caso pandoro-uova
Ferragni vuole prendere parte alle udienze del processo che la vede accusata di truffa, per rispetto della giustizia, per respingere le contestazioni e dimostrare la sua innocenza. Da quanto si è saputo, però, non ci sarà all'udienza pre-dibattimentale a porte chiuse, solo di un primo passaggio tecnico per la costituzione delle parti. All'influencer, a fine gennaio, fu notificato il decreto di citazione diretta a giudizio per gli ormai noti casi del pandoro natalizio e delle uova di Pasqua. Decreto che ha riguardato anche i coimputati, il suo ex collaboratore Fabio Damato, Alessandra Balocco, amministratore delegato dell'azienda dolciaria piemontese, morta lo scorso agosto dopo una lunga malattia, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID.
Truffa aggravata
Ferragni, come i coimputati, deve rispondere di truffa aggravata: per i pm e stando alle indagini del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Gdf, tra il 2021 e il 2022 avrebbe ingannato follower e consumatori facendo credere loro che il ricavato delle vendite a un prezzo più alto di quello di mercato del pandoro natalizio e delle uova di Pasqua, con la sua griffe e con la sua sponsorizzazione, sarebbe servito par aiutare bimbi malati di tumore o ragazzi disabili. Con presunti ingiusti profitti per circa 2,2 milioni di euro.
“Dimostrerò la mia innocenza”
"Credevo sinceramente che non servisse un processo per dimostrare di non aver truffato nessuno", aveva spiegato l'imprenditrice, aggiungendo: "Farò tutto ciò che è in mio potere per far valere le mie ragioni e dimostrare la mia innocenza". Per i suoi difensori non ha commesso alcun reato e ha già chiuso il fronte amministrativo ed effettuato donazioni per un totale complessivo di 3,4 milioni.
L’accordo col Codacons
A dicembre 2024, poi, ha raggiunto un accordo con il Codacons che, dopo aver ottenuto 150 euro di ristoro per ciascun consumatore tutelato e un assegno di 200 mila euro per un progetto a favore delle donne vittime di violenza, ha ritirato la querela. Cosa che per i legali costituisce un difetto di procedibilità sulla truffa per assenza di denunce, che i pm hanno superato contestando l'aggravante della "minorata difesa" per via dei presunti raggiri commessi su piattaforme on line. La difesa potrebbe puntare a far cadere quell'aggravante ed ottenere un proscioglimento o già in fase pre-dibattimentale o scegliendo l'abbreviato. Questione, però, che non si porrà nella prima udienza dedicata al tema delle eventuali parti civili. Nella lista testi dei pm, intanto, figurano 8 consumatori che avrebbero acquistato i prodotti griffati e due rappresentanti di associazioni, l'Associazione utenti servizi radiotelevisivi e Consumatori italiani.
Foto Ansa e Instagram