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Lella Costa: "Quel "no" che ho detto a Maria De Filippi che mi avrebbe cambiato la vita e il nostro legame"

"Pentita? No, io mai, anzi sono sempre stata soddisfatta e contenta della mia scelta, il mio commercialista molto meno”: attrice, scrittrice, attivista, Lella Costa si racconta e svela com'è l'amore a una certa età: "mi sono firmata Anna, intesa Anna Karenina"

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Di Lella Costa ne potremmo raccontare mille: l’attrice teatrale impegnata, la divulgatrice culturale, la scrittrice, la narratrice di audiolibri, la cabarettista, la donna impegnata in battaglie politiche, l’opinionista televisiva, la direttrice artistica di un teatro, la simpatica umorista che sbucava dalle finestrelle del “Gioco dei nove” con Raimondo Vianello prima e Gerry Scotti poi. Insomma, siamo alla definizione perfetta di cosa significhi essere multitasking. Ma quello che non si sa è che alla lista avrebbe potuto aggiungersi anche “Amici”. Ed è lei stessa a raccontarlo sul palco di “Verso il tempo delle donne”, il viaggio attraverso storie femminili (e non solo) voluto dal Corriere della sera e dalla Regione Liguria. 

Il no a Maria De Filippi

“Maria De Filippi ed io abbiamo da sempre un ottimo rapporto” racconta Lella, dando all’affinità anche una spiegazione geografica: “Forse è un po’ anche il nostro essere entrambe profondamente lombarde: lei di Pavia ed io di Milano, insomma ci siamo sempre piaciute”. E Lella piaceva a tal punto a Maria da proporle di essere lei la conduttrice di “Amici”, “ma io stroncai l’idea”. Pentita? “No, io mai, anzi sono sempre stata soddisfatta e contenta della mia scelta, il mio commercialista molto meno”. E, a dire il vero, qualche puntata del primo “Amici” nel 1992, ha visto proprio Lella alla conduzione, quando era un talk show dedicato all’amicizia con dibattiti fra ragazzi in studio e non un talent. Durò pochissimo e la storia merita di essere raccontata tutta, “anche perché occorre pensare a cos’era “Amici” allora e le cose sono molto cambiate nel corso di tutti questi anni. Ma, insomma, all’inizio si cercava una conduttrice per il programma e a un certo punto giravano nomi di varie estrazioni, tipo Iva Zanicchi…”. Insomma, “a un certo punto, anche dopo il mio rifiuto, intervenne Maurizio Costanzo e disse a Maria che, se proprio voleva fare questa trasmissione, allora sarebbe stato giusto che la conducesse direttamente lei. E così è stato con i risultati che tutti abbiamo visto e apprezzato moltissimo negli anni”.

L'amore in età matura, quanto romanticismo

La conversazione con Lella Costa è tutt’altro che banale e scontata. E anche il racconto dell’amore con suo marito, che resiste negli anni, è una storia di assoluta serenità “anche perché non siamo adolescenti e il nostro amore è nato già in età matura da parte di entrambi, con esperienze precedenti”. E questo racconto dell’amore maturo è qualcosa che ha un che di letterario e anche un po’ di teatrale, molto romantico. E fu la stessa Lella a raccontarlo in passato, proprio al femminile del Corriere della sera: “La nostra storia è iniziata nel 1987, con una lettera datata San Pietroburgo, scritta da me e chiamando lui Conte Vronskij, come in Anna Karenina e firmandomi “Anna cara”. Il testo della risposta di lui diceva: “Mi trovo a Tver, dove, nella mia condizione di aiutante di campo dello Zar, mi occupo dell’arruolamento delle reclute”. E quindi sui loro anelli nuziali all’interno hanno la scritta: “San Pietroburgo, 1° dicembre 1990”. Nell’andare a raccogliere queste storie Manuela Croci è bravissima a scandagliare la profondità dell’animo e Lella a mettersi a nudo con dolcezza, raccontando che l’uomo giusto (e conseguentemente la donna giusta) sono quelli che accolgono le storie precedenti e anche proprio la storia personale dell’altro: «Quando ho conosciuto Andrea lui era separato e io avevo già una figlia di quattro anni. Mi ha detto: “Io voglio vivere con te. Non dopo, non poi, non tra un po’. Adesso”». Da lì è nata un’unione solidissima, fatta di complicità e molto aiutata anche dalla vita nomade di Lella: “Aiuta”.

Gli uomini che ci fanno perdere la testa

Poi, certo, non si può pensare che tutte le storie siano rose e fiori e il racconto di Lella Costa è quello di moltissime donne che magari sono corteggiate da uomini dolci, gentili e sensibili, “ma poi spesso perdiamo la testa per gente che dovrebbe andare in giro col simbolo della morte ed il teschio sulla fronte, di cui si capisce immediatamente la pericolosità. Ma non c’è niente da fare, lì andiamo a parare”. Alla vita nomade di Lella Costa contribuirà certamente la ripresa, dopo 24 anni, dello splendido Otello scritto da lei e firmato insieme a Gabriele Vacis, a mio parere il migliore regista italiano a teatro, che torna in una nuova versione con l’anteprima il 14 marzo allo splendido Teatro Sociale di Camogli, che per Lella è stata spesso una seconda casa. Camogli e anche il Teatro Sociale. Ma proprio Otello, anzi “Precise parole” che è il titolo dello spettacolo originario, anzi “Otello, di precise parole si vive”, offre lo spunto per parlare di attualità: “In fondo, la storia di Shakespeare si può leggere ogni giorno sulla rassegna stampa del Nord Est, con uno straniero che si innamora e c’è anche un modello di integrazione. Ma poi arriva anche un femminicidio, anzi il più frequente dei femminicidi, un omicidio-suicidio…”.

Il maschio non è un nemico a prescindere

Raccontare anche il dramma con un linguaggio leggero è una specialità di Lella Costa, così come la scelta delle parole che rifugge da ogni luogo comune: “Si parla molto di solidarietà fra donne ed è una bella cosa. Ma personalmente non credo che ci possa essere solidarietà comunque. Si solidarizza con un singolo, non con un genere”. E allo stesso modo, ribaltando il discorso, l’uomo non è per forza cattivo: “Non si può considerare il maschio un nemico a prescindere, sarebbe sbagliato”. Pausa e risata: “Mi rendo conto che sto dicendo cose perfette per il pomeriggio di Canale 5”, situazione che in qualche modo riporta al talk di “Amici” da cui siamo partiti. In questo quadro, anche i due eventi “al femminile” che hanno segnato gli ultimi mesi, facendo nascere quella che sullo stesso palco Noemi ha definito “un’onda” come abbiamo raccontato proprio qui su Milleunadonna, vanno analizzati con un occhio scevro da ogni massimalismo ideologico: “Il messaggio di Gino Cecchettin è arrivato molto forte perché era firmato da un padre, da un uomo”. E poi: “Sbagliano coloro che esaltano il film di Paola Cortellesi solo per il messaggio. Il successo è dovuto al fatto che è un film bellissimo. Poi ha anche un messaggio”. Precise parole, verrebbe da dire, per l’appunto.

14/03/2024