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Bellocchio e l'elisir di eterna giovinezza: "In genere uno alla mia età è rimbambito. Io invece...". E annuncia un nuovo progetto bomba

L'anno magico di questo ragazzino di 83 anni fa coincide con il successo di "Rapito" ed "Esterno notte". E annuncia: "Voglio fare una serie tv su Enzo Tortora per raccontare l'enorme ingiustizia di cui è stato vittima mentre viveva il momento più alto del suo successo con Portobello, oltre venti milioni di spettatori a puntata"

In queste immagini il maestro Marco Bellocchio alla presentazione dei suoi ultimi film: "Rapito", "Esterno notte", "Il traditore". Sul red carpet anche la compagna Francesca Calvelli. Credit Ansa

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Una ragazza giovanissima si avvicina a Marco Bellocchio e gli chiede, come la bimba dei “Vestiti nuovi dell’imperatore”, quando dice che il re è nudo: “Ma scusi Bellocchio, perché la chiamano maestro?”. E lui, “il maestro”, sorridendo, spiega: “Sinceramente, non lo so”. Quindi, vada per Maestro. E il Maestro è a Genova con Fausto Russo Alesi, che è uno dei suoi attori feticcio (non a caso insieme a Fabrizio Gifuni, che è anche in questo film, così come Filippo Timi, altra presenza ricorrente) per presentare “Rapito”, reduce dal trionfo di Cannes.

E, proprio a partire dagli undici minuti di applausi del Festival francese, ecco l’intervista che abbiamo fatto, da spettatori, a Bellocchio insieme a Francesca Savino, che è docente di critica cinematografica oltre ad essere una delle persone più sensuali fra coloro che si occupano di cinema in Italia. Bellocchio è reduce da un anno magico, con l’ovazione di Cannes e il trionfo ai David di Donatello come migliore regista per “Esterno notte”, dopo un record di nomination. E proprio “Esterno notte” per il regista piacentino è stata la misura del tempo tarato non tanto e non solo sulla programmazione in sala – sia pure in due film – ma proprio sui tempi televisivi.

"Voglio fare una serie tv su Enzo Tortora"

E proprio un’altra serie tivù potrebbe essere il prossimo impegno per Bellocchio, con la stessa misura, sei puntate : "Voglio fare una serie tv su Enzo Tortora per raccontare l'enorme ingiustizia di cui è stato vittima mentre viveva il momento più alto del suo successo con Portobello, oltre venti milioni di spettatori a puntata. Dall'oggi al domani lo mettono in manette e lo portano a Regina Coeli. Un uomo poi assolto, riabilitato completamente, ma quando torna a fare Portobello non ce la fa più a parlare al Pappagallo, non è più lo stesso. Quei giudici di fronte a tutte le evidenze lo condannarono a dieci anni e non è che per il loro errore si siano dimessi. E poi nessuno ha pagato. Il titolo della serie potrebbe essere “La colonna infame”, ovvero il libro che Tortora voleva sulla sua bara".

L'elisir di eterna giovinezza

Insomma, stiamo raccontando di un regista che sta vivendo un momento magico. E, mentre ci sono alcuni registi che a una certa età imboccano la strada discendente, a 83 anni è come se Bellocchio avesse trovato l’elisir dell’eterna giovinezza. Da “Vincere” in poi ha firmato negli ultimi anni i suoi migliori film, con “Rapito” e “Esterno notte” come punte dell’iceberg positivo. Merito dell’aria di Bobbio, il paese dove è nato e dove ogni estate ospita un festival con i colleghi registi e molti attori? “In verità, ormai, la maggior parte del tempo la passo a Roma, dove vivo da sessant’anni. Però curo la salute e sto bene e finchè ho energia fisica e lucidità vado avanti”. Di più: "In genere uno a una certa età è rimbambito, si è ritirato. Ma c'è chi non lo ha fatto come Michelangelo. Il fatto è che va difesa la propria fantasia, si fanno anche compromessi, ma c'è sempre un confine, un limite. Bisogna difendere le proprie idee. È vero ci sono grandi registi che si sono bloccati a un certo punto. A me non è ancora capitato perché mi piace questo lavoro".

"Rapito" e l'odissea del titolo

E proprio il racconto di “Rapito”, la storia del caso Mortara, il bimbo ebraico rapito dai cattolici e poi diventato un simbolo per Pio IX (“ricordiamolo, beatificato da Wojtyla come “defensor fidei”) e infine sinceramente convertito è l’occasione per raccontare il mondo di Bellocchio, splendido ragazzino di 83 anni: “C’è chi ha paragonato questa storia a Dickens e a Victor Hugo; – spiega Bellocchio – a me sinceramente viene più in mente il libro Cuore, che un tempo per me era il male e che invece oggi rivaluto”. Fra l’altro il titolo, “Rapito” è il terzo che arriva per questo film: “Il primo doveva essere “La conversione”, ma non mi convinceva completamente; poi ci piaceva “Non possumus”, ma quando lo dissi ai produttori mi fulminarono, perché non è previsto il latino; a un certo punto abbiamo pensato anche a “Kidnapped”, cioè il bambino rapito, ma anche qui c’erano parole straniere”. “Ma non è la prima volta – sorride il regista - anche “I pugni in tasca” doveva intitolarsi “L’età verde””. Ma, al di là del titolo – come testimoniano anche gli incassi, oltre al successo a Cannes – fra gli elementi che fanno volare questo film ci sono le interpretazioni, a partire da quella del bimbo protagonista, Edgardo: “Non era mai entrato in una chiesa e non ha religione, non è né cattolico, né ebreo. Ma ha una famiglia e dei genitori straordinari. Anche quando siamo stati da Mara Venier a Domenica in è stato perfetto…”.

La trattativa per far vedere il film a Papa Francesco

Ma, se il bimbo è straordinario, Fausto Russo Alesi non è da meno: “A un certo punto, anche se non era previsto dalla sceneggiatura, si è immedesimato nel personaggio – dopo la sentenza del processo che condannava l’inquisitore – e si è percosso la testa talmente forte da ferirsi, con un anello che indossava”. Bellocchio racconta poi la “trattativa” per fare vedere il film a Papa Francesco: “La reazione del mondo cattolico è stata assolutamente positiva, nonostante un tema da cui la Chiesa non esce benissimo, ma io – da appassionato di storia – mi sono basato su atti e studi storici. Ho pensato che forse avrebbe fatto piacere al Papa vedere il film e a questo punto gli ho scritto una lettera: “Caro Francesco, mi piacerebbe che lei vedesse…”. Al momento non c’è stata ancora risposta, ma Bellocchio racconta un retroscena esilarante: “A consigliarmi per primo di scrivere al Papa è stato il professor Melloni, storico della Chiesa, ma anche il direttore dell’Osservatore Romano Antonio Monda. Ma ciascuno mi diceva di rivolgermi a un segretario diverso…Diciamo che il Papa ha la lettera, se vuole mi risponde e viene a vedere il film…”.

23/06/2023