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Vera, sensuale e piace a tutti: ritratto dell'artista più irregolare della scena italiana, Valentina Lodovini

L’attrice si racconta, svelando anche la sua la sua passione per il cibo, e più specificatamente per i carboidrati, quello che le attrici “fighettine” abborriscono: “Pane, pasta, pizza”

di Massimiliano Lussana

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Arriva in scena struccata, con un paio di jeans neri e un camicione largo, nero anche quello. Insomma, quanto di meno sensuale ci sia in natura. Eppure, Valentina Lodovini riesce ad essere sensualissima anche così. Perché è di una simpatia contagiosa, perché è vera e verace, perché non ha paura della sua fisicità, che fa innamorare uomini e donne. E il pubblico lo sa e la segue, anche nelle avventure che sembrano assolutamente strane e disorganiche. Ad esempio, in queste sere, alla Sala Mercato di Sampierdarena, Genova, con il Festival dell’Eccellenza Femminile, un kolossal firmato ogni anno da Consuelo Barilari, nelle ultime edizioni in tandem con il Teatro Nazionale di Genova, per rappresentare “I, the Victim”, un’opera di una drammaturga e performer slovena, Simona Semenic, che racconta di malattia, di pipì a letto, di epilessia, di tentati suicidi con barbiturici e boccette di smalto per unghie… 

Non le cose più divertenti al mondo, ma scritte in modo autoironico che Lodovini rende benissimo. E’ una rappresentazione unica, quella di Genova, eppure Valentina si è preparata ed interpreta alla perfezione la parte a memoria, spinta solo dalla passione: “Porto in scena la sfida di riscattare le vittime con ironia” racconta con il suo sorriso trascinante: “Sono a Genova per la stima, la curiosità e l’empatia per Simona Semeric”. E il fatto che sia assolutamente tutto vero è testimoniato anche dal fatto che, senza grancasse, senza vantarsi, senza annunciarlo, Valentina la sera dopo è in platea ad applaudire Simona che è venuta a vederla il giorno prima e interpreta “The second time”, che è l’ideale prosecuzione dello spettacolo del giorno prima. 

Già da questa storia appare chiaro come Valentina Lodovini non sia solo l’attrice più sensuale del cinema italiano, ma anche la più irregolare, diva nell’essere antidiva, nella sincerità assoluta e nel mettersi a nudo, persino quanto parla di cibo. E, ovviamente, anche in questo caso, lo fa nel modo più sexy a disposizione. Ha raccontato in un’intervista al “Corriere della Sera” che Valerio Mastandrea l’ha soprannominata “Capannelle”, che era il personaggio dei “Soliti ignoti” che pensa solo a mangiare in tutto il film. 

“Il mio – ha raccontato Valentina – è un tipo di mangiata emozionale, visto che uso il cibo anche per consolarmi”. E in particolare la sua passione sono i carboidrati, quello che le attrici “fighettine” abborriscono: “Pane, pasta, pizza”. Ma ovviamente senza che questo sia un elogio della bulimia: “So che mangiare in continuazione significa che a volte che non ci si vuole bene, perché se si mangia male, in fretta, anche cibo senza sapore, non ci si sazia mai”. E nel suo racconto della passione per il cibo ha spiegato: “Non sono una maniaca del cibo sano e nemmeno dei piatti gourmet”. Insomma, è onnivora: “MI può capitare di mangiare cibo macrobiotico e nel mio frigorifero ogni tanto c’è l’insalata dell’orto della mia mamma”. Ma il salutismo eredità della famiglia non nega la convivenza con cibo spazzatura: “Patatine fritte, hamburger di vario genere, quando vivevo con le mie amiche a Perugia sperimentavamo di tutto, siamo arrivate alla cotoletta con la Nutella”. 

Insomma, ogni volta che in un’intervista le chiedono del suo rapporto col suo corpo morbido, Valentina si supera: una volta mandò al diavolo un agente che le chiedeva di dimagrire venti chili, roba che nemmeno De Niro al contrario per interpretare Jake La Motta in “Toro Scatenato”, la taglia 38 non fa parte dei suoi beni culturali, la quarta di reggiseno invece sì. 

E un giorno ha spiegato che la sua forza è la normalità, la possibilità per ogni donna di identificarsi in lei. Con la nudità riservata solo ai film quando i registi la ritengono necessaria. Eppure, quando serve, Valentina è splendida: la scena dell’orgasmo in “Pornorama”, film tedesco, è un capolavoro di fisicità che supera ogni durezza linguistica e consonanti aspirate e ruvide teutoniche e, nuovamente, di ironia, che è la sua cifra stilistica, sempre, nella vita e sullo schermo. 

Ma è tutta la storia di Valentina Lodovini ad essere assolutamente disorganica e irregolare rispetto alle attrici che sembrano fatte in batteria, come modo di recitare e di vivere. 

E vale per tutto: per il rapporto con la geografia, dall’amore per Torino, visto che è tifosissima della Juventus, ma anche per il Centro Italia: nata a Umbertide, in provincia di Perugia, è legata alla sua terra, ma soprattutto alla Toscana, visto che “Sono nata in Umbria per caso perché a mia mamma si ruppero le acque per strada, ma io sono di San Sepolcro”, il paese di Piero della Francesca, che è in provincia di Arezzo, al centro di una sorta di splendida terra di mezzo fra Toscana, Umbria e Marche. 

La sua storia che si intreccia con quella di Paola Cortellesi è tutta da raccontare in questi giorni del trionfo di Paola e del destino che le ha portate insieme a Genova: di Valerio Mastandrea, amicissimo di entrambe, si è detto; tutte e due hanno nelle prime pagine del curriculum un video dei Tiromancino ed hanno anche lavorato insieme in televisione, in “Nessundorma” nel 2004 su Raidue. 

Ma la particolarità di Valentina è quella di andare dove la porta il cuore, senza soluzione di continuità fra film mainstream e cortometraggi semisconosciuti, con una filmografia che – al netto delle produzioni televisive – conta al momento, se non ho sbagliato i conti, cinquantuno film: dai blockbuster come “Benvenuti al Sud” (e al Nord) o “Dieci giorni senza mamma”, insomma leggerezza e disimpegno programmatici, che a volte sono qualcosa di cui abbiamo bisogno come il pane, a Paolo Sorrentino con cui praticamente esordì con “L’amico di famiglia” o allo splendido “La giusta distanza” di Carlo Mazzacurati con cui prese la prima candidatura al David di Donatello come migliore attrice protagonista. E poi lo vinse, ma da non protagonista proprio per “Benvenuti al Sud”, segno della capacità di essere eclettica fra commedia e ruoli drammatici. 

Ma, per l’appunto, sto parlando di film e ruoli mainstream, che come detto Valentina alterna con roba molto off: film di autori semisconosciuti, cortometraggi di esordienti, scelti semplicemente perché le piacciono o la appassionano. 

E così, i due ruoli più emozionanti sono proprio quelli teatrali. Questo monologo della scrittrice croata, dove riesce a far sorridere della malattia, e un altro spettacolo, straordinario, recitato esattamente dieci anni fa al Teatro Modena, che è quello qui a fianco della Sala Mercato, splendido teatro all’italiana di Sampierdarena, che resta il capolavoro della carriera di Giorgio Gallione: “Quando Nina Simone ha smesso di cantare” di Darida Al Joundi e Mohamed, che racconta la guerra in Libano, ma anche la guerra di una ragazza per affermare i propri diritti e la propria libertà. 

Valentina lo raccontava dieci anni fa.

Come oggi. 

10/11/2023