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Violenza sulle donne: le nuove leggi non servono. Umbria la regione maglia nera

Tenuto conto del rapporto omicidi-donne residenti, le regioni dove maggiori sono le denunce sono Umbria, Calabria e Campania

di Redazione

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Il 25 novembre – la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne – si avvicina e non ci sono novità da riferire sul fenomeno. Il femminicidio e la violenza di genere in Italia continuano ad essere una triste realtà nonostante le leggi realizzate ad hoc. Lo afferma il documento della Commissione parlamentare di inchiesta appositamente istituita a gennaio: gli ostacoli da superare e i vuoti legislativi sono ancora troppi. Dalla scarsa formazione dei soggetti che hanno il compito di raccogliere le denunce e agire, all’assenza di coordinamento. Insomma, per evitare che sottovalutino gli episodi denunciati c’è la necessità di creare un pool antiviolenza a livello investigativo sul modello di quelli antimafia. 

Leggi inefficaci

Sarebbero serviti poco l’introduzione del reato di stalking del 2009, la legge contro il femminicidio del 2013 e i programmi di formazione e prevenzione annunciati. «Emerge chiaramente un problema di sottovalutazione delle violenze denunciate - avverte Francesca Puglisi, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta -. Chi si occupa di accogliere le denunce e di contrastare il fenomeno deve essere in grado di distinguere la violenza domestica da una qualsiasi lite coniugale. È fondamentale farlo perché diverse sono le azioni da mettere in campo in seguito, soprattutto se ci sono dei minori coinvolti. In questo senso la formazione di chi ha a che fare con le violenze a ogni livello può fare molto. Come commissione, ad esempio, chiederemo che già nella formazione iniziale dei giuristi ci sia un insegnamento sulla violenza di genere. Anche la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli si è già detta d’accordo». 

Protocolli appositi

«Oltre alla formazione - prosegue Francesca Puglisi - occorre proseguire nell’istituzione di protocolli di coordinamento territoriale che permettano ai soggetti di agire insieme in caso di violenze. Purtroppo oggi soltanto 13 prefetture, un decimo del totale, hanno questi protocolli creando complicazioni che potrebbero essere evitate. Esistono buchi normativi da colmare come la durata delle misure cautelari che spesso è insufficiente a garantire la protezione della donna che ha denunciato una violenza. Ed è necessario andare avanti nella specializzazione dei magistrati inquirenti con la creazione di veri e propri pool antiviolenza». Questi alcuni dei suggerimenti segnalati proprio dalla Commissione sulla base dei dati di Istat, ministero dell’Interno e forze dell’ordine. 

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Femminicidi stabili

Da questi dati risulta che in Italia calano gli omicidi volontari, del 39% nei sei anni che vanno dal 2011 al 2016, ma non calano invece gli omicidi con vittime di sesso femminile: negli ultimi quattro anni restano stabili e rappresentano circa un quarto degli omicidi complessivamente commessi, spiega la Commissione. Quindi, come ha sottolineato il comandante dell’Arma dei Carabinieri, generale Tullio Del Sette, durante la sua audizione, c’è stato «un innalzamento in termini relativi del numero di omicidi con vittime di sesso femminile rispetto al numero degli omicidi degli individui di sesso maschile». 

21/11/2017