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Covid, studio shock sulla fertilità maschile: gli uomini guariti dal virus avrebbero subito danni

 Secondo alcune ricerche la qualità del seme maschile sarebbe compromessa nel breve periodo. "Va capito se il danno è permanente". Gli studiosi però avvertono: la certezza che sia colpa del covid non c'è

di Redazione

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Sempre più di frequente si levano voci tese a perorare la causa demografica in Italia, e non solo. “Bisogna fare più figli”, si sente dire. Per una questione sociale ed anche economica. Anche perché il nostro, insieme al Giappone, risulta uno dei Paesi più vecchi al mondo. Adesso, per di più, ci si mette anche il Covid con le sue conseguenze ad aggravare il problema. Almeno secondo quanto dimostrerebbe uno studio spagnolo presentato al 39esimo Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre) svolto a Copenhagen, in Danimarca.

Ma ecco in sintesi il problema.

La ricerca evidenzierebbe che gli spermatozoi sarebbero meno numerosi e più lenti negli uomini guariti da Covid 19, anche a distanza di oltre 3 mesi dall'infezione. Sars-CoV-2, pure se contratto in forma lieve, sembrerebbe aver peggiorato la qualità spermatica a lungo termine. Da precisare comunque che eventuali ripercussioni di questo effetto sulla fertilità rimangono ancora da chiarire.

A questa conclusione si sarebbe giunti a seguito di alcune ricerche che dimostrerebbero come la qualità del seme maschile risulta compromessa a breve termine dopo un'infezione Covid. Quale possa essere la durata di questo danno è oggetto degli studi di Rocio Núñez-Calonge, consulente scientifico dell'Ur International Group at the Scientific Reproduction Unit di Madrid.

Anche lui e i suoi colleghi pare abbiano avuto modo di osservare questi effetti  in pazienti seguiti da cliniche spagnole di fecondazione assistita. Ad avviso dello scienziato “servono circa 78 giorni per produrre nuovo sperma”, per cui “ ci è sembrato opportuno valutarne la qualità almeno 3 mesi dopo la guarigione" da Covid. Núñez-Calonge spiega come la loro ipotesi fosse che la situazione sarebbe migliorata una volta rinnovato il 'parco spermatozoi'. Tuttavia “così non è stato". Tanto da indurre ad una conclusione: “Al momento non sappiamo quanto tempo potrebbe essere necessario per ripristinare la qualità spermatica" pre-infezione.

E non basta: non possono essere esclusi "danni permanenti anche negli uomini che hanno avuto solo un'infezione lieve". Ma come si è svolto lo studio? Tra i mesi di febbraio 2020 e ottobre 2022 gli autori hanno esaminato 45 uomini, di età media 31 anni, in 6 cliniche di riproduzione della Spagna. Tutti avevano una diagnosi confermata di Covid-19 lieve e i centri disponevano delle analisi di campioni di sperma prelevati prima del contagio; un altro campione è stato prelevato tra 17 e 516 giorni dopo l'infezione, con un tempo mediano fra il prelievo pre-Covid e quello post pari a 238 giorni. I ricercatori hanno analizzato tutti i campioni prelevati fino a 100 giorni dopo Covid-19, e un sottogruppo è stato analizzato anche oltre 100 giorni dopo.

I risultati

E' stata rilevata una differenza statisticamente significativa nel volume di sperma (-20%, da 2,5 a 2 millilitri), nella concentrazione di spermatozoi (-26,5%, da 68 a 50 milioni per ml), nella conta di spermatozoi (-37,5%, da 160 a 100 milioni/ml), nella motilità totale (-9,1%, dal 49% al 45%) e nella quota di spermatozoi vivi (-5%, dall'80% al 76%).

Dopo il Covid, rispetto a prima, metà pazienti avevano una conta spermatica totale del 57% inferiore. E anche a distanza di 100 giorni dall'infezione, la concentrazione e la mobilità degli spermatozoi non erano migliorate.

La precisazione

Núñez-Calonge tiene a puntualizzare che "la compromissione dei parametri" indice di qualità "dello sperma potrebbe non essere dovuta a un effetto diretto del virus Sars-CoV-2. E' probabile che ulteriori fattori, attualmente sconosciuti, contribuiscono alla diminuzione di questi parametri a lungo termine". Inoltre "in questo studio non abbiamo misurato i livelli ormonali" e in effetti "intense variazioni nel testosterone, attore chiave nella salute riproduttiva maschile, sono stati precedentemente segnalati in pazienti maschi con infezione Covid".

L’infezione lieve

Ciò premesso, rimarca lo specialista, "riteniamo che i medici dovrebbero essere consapevoli dei possibili effetti dannosi del virus sulla fertilità maschile". Per Núñez-Calonge "è particolarmente interessante il fatto che questo calo della qualità spermatica si verifichi in pazienti con infezione lieve, il che significa che Sars-CoV-2 potrebbe influenzare la fertilità maschile senza che gli uomini mostrino alcun sintomo clinico della malattia".

Il team spagnolo intende continuare a monitorare i pazienti nel tempo, valutandone sia la qualità del seme sia lo stato ormonale. Sollecitano infine più ricerche sulle funzioni riproduttive maschili dopo infezione da Covid, per capire se la fertilità è influenzata temporaneamente o permanentemente.

28/06/2023