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“Picchiate, abusate e poi uccise”. Ma c’è chi sopravvive: “Io sepolta viva nel tunnel di Gaza”

Il video del rapimento di Amit Soussana aveva fatto il giro del mondo, ora l’avvocata è libera: "Siamo stati tenuti in condizioni disumane. Nessuna persona dovrebbe mai essere sottoposta a un trattamento così brutale e spietato"

Foto Ansa

di Redazione

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Chiudete gli occhi e immaginate vostra figlia che viene uccisa, picchiata, abusata, sia psicologicamente che sessualmente", sono le parole di Mandy Damari, rapita il 7 ottobre insieme alla figlia Emily, 27 anni. La madre è stata liberata ma la figlia è ancora ostaggio a Gaza, "Ora - racconta con la voce incrinata - si trova in un tunnel, 40 metri sotto terra. Continuano le testimonianze degli ex ostaggi di Hamas che sono stati liberati dall’esercito israeliano o liberati dai loro aguzzini della Striscia di Gaza.

Tenuti in condizioni disumane

Fra i racconti c’è quello di Amit Soussana, una giovane avvocata di Kfar Aza, uno dei kibbutz più martoriati dall'attacco di Hamas. Lì, dove viveva, anche lei è stata rapita il 7 ottobre ed è rimasta a Gaza nelle mani dei terroristi per 55 giorni prima di essere liberata. "Siamo stati tenuti in condizioni disumane. Nessuna persona - racconta con voce flebile ai media, per la prima volta dal rilascio - dovrebbe mai essere sottoposta a un trattamento così brutale e spietato".

Nel kibbutz distrutto

Amit, così tutti la chiamano, parla di fronte ai resti della casa che ha abitato fino a quel giorno nel cosiddetto 'Quartiere dei giovani adulti' del kibbutz, una sfilza di piccole strutture in cemento e un giardinetto. Lo scenario delle case tutto attorno è spettrale: mobili, elettrodomestici, oggetti di vita quotidiana gettati alla rinfusa, materassi ancora macchiati di sangue, pareti e gazebo carbonizzati, decine e decine di fori di proiettili nei muri e anche bossoli. Su quel che resta degli edifici, parenti e amici hanno messo, come ricordo, le foto di chi vi abitava: volti di giovani ragazzi un tempo sorridenti, ora uccisi o rapiti. E la frase che oramai rimbomba in tutto Israele. "Riportateli a casa".

Il terribile eccidio

A poca distanza da dove parla Amit, campi coltivati dividono Israele da Gaza: dall'altra parte, nella Striscia, si intravedono Beit Lahia o Jabalya. Una doppia recinzione sorge attorno a Kfar Aza ma il 7 ottobre non è servita a proteggere il kibbutz preso d'assalto all'alba da oltre 70 miliziani di Hamas, armati pesantemente. L'eccidio è stato terribile: 74 gli israeliani uccisi, 19 i rapiti di cui 6 ancora nella Striscia, 11 i liberati e tra questi Amit. Due invece quelli morti in cattività: Alon Shamriz e Yotam Haim, entrambi uccisi per errore dall'esercito a Gaza. Il volto gioviale e i capelli rossi di Yotam risaltano sul poster appeso sulla sua ex casa, ridotta ora ad un ammasso carbonizzato.

Il rapimento di Amit Soussana e quel video terribile

Amit Soussana ha detto di aver tentato di nascondersi nell'armadio, ma invano. In molti come lei sono stati strappati via dai luoghi o dalle stanza rifugio con le granate lanciate da Hamas contro i muri o appiccando l'incendio alla casa. Amit - ha raccontato - si è difesa disperatamente. "Ho continuato a resistere finché alla fine - ha spiegato - mi hanno legato braccia e gambe trascinandomi via. C'è voluta più di un'ora per portarmi a Gaza". Foto e video sul web hanno più volte mostrato la terribile scena. "Essere 55 giorni prigioniera mi è sembrata un'eternità. Per questo non riesco nemmeno a immaginare cosa si provi dopo 115 giorni".

“Non possono più aspettare”

C’è poi la testimonianza di Avichai Brodetz che ha avuto la moglie e tre figli, tra i 4 e i 10 anni, ostaggi di Hamas a Gaza per 51 giorni. "I prigionieri laggiù sono vivi e non hanno molto tempo. Spero - ha detto - che non ci siano più combattimenti ma se c'è bisogno la guerra può aspettare, gli ostaggi non possono. E io chiedo ai media e alla comunità internazionale di fare pressione su tutti".

30/01/2024