La notizia è che l’Italia ha rapporti diplomatici con la Corea del Nord. Tutto il resto, come l’ultima provocazione di Kim Jong-un, il dittatore di Pyongyang, che ha annunciato di aver fatto esplodere una bomba ad alto potenziale, fa parte della tradizione di famiglia, dove svagarsi con i test nucleari dà la misura di chi, ossessionato da prove di forza, sogna un mondo landa desolata, tutto funghi atomici, città e paesaggi spettrali.
Non da oggi la Corea del Nord insegue il nucleare: n’era ossessionato, nascondendosi dietro il paravento di quello a uso pacifico, Kim Il-sung, nonno di Kim Jong-un, di cui si ricorda il supporto, in particolare scientifico, dei paesi del blocco comunista, e n’era ossessionato il padre, quel Kim Jong-il che nell’ottobre del 2006, in coincidenza con il nono anniversario della sua elezione a capo del Partito dei Lavoratori, si regalò un test atomico sotterraneo con una deflagrazione che causò un’onda sismica di magnitudo 3.58 che fece tremare le regioni circostanti e, per la gioia di Pyongyang, le borse, con Wall Street, contagiata dal nervosismo dei listini asiatici e di quelli europei, ad eccezione di Milano, Londra e Zurigo, che aprì in ribasso: -0,18% il Dow Jones, -0,09% il Nasdaq, -0,15% l’S&P500, con l’aera asiatica – con l’indice Kospi e l’Hang Seng Index scivolati a 1319,40 (-2,41%) e 17.674 (-1,27%) – travolta da una raffica di vendite. Tanto costò il vezzo del padre di Kim Jong-un, accusato di aumentare le tensioni nella penisola coreana e di portare a una corsa agli armamenti nucleari nell’Estremo Oriente e nel resto del mondo.
Quell’ottobre, poco prima dell’esplosione, fu Greenpeace a protestare: “Buon anniversario, ma basta con l’atomica”, fu il messaggio recapitato a Pyongyang, con alcuni attivisti presentatisi davanti all’ambasciata della Corea del Nord, a Roma, con cartelli e striscioni con la scritta Corea del Nord: no ai test nucleari con le o disegnate con il simbolo della radioattività. “Invece di fare un test atomico, Kim Jong-il dovrebbe celebrare l’anniversario della sua elezione facendo un passo verso un mondo senza nucleare”, così Giuseppe Onufrio, l’allora direttore delle campagne di Greenpeace Italia. “Fintanto che alcuni paesi hanno armi atomiche altri inevitabilmente cercheranno di averle a loro volta. Non solo la Corea del Nord dovrebbe fermare il test nucleare e rinunciare al programma nucleare, ma lo stesso dovrebbe fare ciascuna delle altre nazioni nucleari”.
Il 9 ottobre, dopo il test, Greenpeace, che il giorno prima aveva accusato la Corea del Nord di beneficiare del commercio di materiali nucleari dal Pakistan e dall’Iran, denunciò la debolezza del Trattato di non proliferazione nucleare, nonché la “pericolosa connessione” fra ricerca nucleare, sfruttamento dell’energia atomica e armi nucleari. “La Corea del Nord – nono paese al mondo a dotarsi di un arsenale di questo tipo –” così Greenpeace “non possiede, in apparenza, un sistema di armamenti a capacità nucleare effettiva: l’ultimo esperimento di prova missilistica – che risale allo scorso luglio – è stato in realtà un fallimento, mentre nel test precedente – condotto nel Pacifico – il missile era esploso in volo. Quella di oggi è tuttavia una pericolosa provocazione che non sposta i rapporti di forza esistenti – gli Stati Uniti hanno un arsenale di 5000 ordigni atomici e missili intercontinentali pronti a colpire la Corea del Nord in ogni momento – ma crea grande tensione sul piano politico. C’è il rischio concreto di una corsa agli armamenti nucleari: la Corea del Sud ha, ad esempio, già dichiarato di volere ottenere quantitativi di plutonio simili a quelli detenuti dal Giappone, paese che ha il più grande quantitativo di plutonio al mondo e anche la più avanzata tecnologia missilistica”.
Giusto l’anno prima Greenpeace aveva ricordato sotto la Tour Eiffel, a Parigi, il ventesimo anniversario dell’inabissamento della Rainbow Warrior, sua nave ammiraglia, affondata nel porto di Auckland, mentre organizzava la protesta contro i test nucleari del Pacifico, da agenti dei servizi segreti francesi con l’approvazione – come sarebbe emerso dalle rivelazioni del quotidiano Le Monde – dell’allora presidente della Repubblica, il socialista François Mitterand. “Nel luglio 1985, la Rainbow Warrior” ricorderà Greenpeace “era ad Auckland, dopo esser stata nell’atollo di Rongelap, nel Pacifico, per evacuare gli abitanti, vittime delle radiazioni dei test nucleari condotti dagli americani. La nave sarebbe dovuta partire poi per fermare i test atomici a Moruroa. Il 10 luglio 1985, due esplosioni affondarono la nave mentre era in porto ad Auckland e Fernando Pereira, il fotografo a bordo, rimase ucciso. Due agenti sospetti dei servizi segreti francesi furono catturati dalla polizia e nelle settimane successive si andarono progressivamente accumulando le prove del coinvolgimento dei più alti livelli del governo francese”.
Dai pruriti francesi a quelli nordcoreani, dove lo scorso 6 gennaio i sismografi hanno registrato un terremoto di magnitudo 5.1 con epicentro poco lontano da Sungjibaegam, nella regione di Paegam, dove si trova un sito militare per test nucleari del regime di Pyongyang, che, subito dopo, ha annunciato di aver fatto deflagrare una bomba all’idrogeno – cosa fra gli altri smentita dagli esperti – un modo per festeggiare la conferenza della settimana dei lavoratori.
Nella Corea del Nord test nucleari presunti o annunciati fanno, come si vede, sempre da contorno a eventi e ricorrenze, con la macchina della propaganda di Pyongyang che, in occasione dell'ultimo, nonché presunto test, ha diffuso un ipotetico documento del 15 dicembre con le direttive di Kim Jong-un, nonché il messaggio: “Cominciamo il 2016 – un anno glorioso e vittorioso in cui si terrà la storica settima conferenza del partito dei lavoratori – con il suono emozionante della prima bomba all’idrogeno, in modo che il mondo intero possa ammirare la nostra Repubblica socialista dotata di armi nucleari”.
E mentre unanime è stata la condanna verso Pyongyang, nel Parlamento italiano c’è chi, come il deputato Antonio Razzi di Forza Italia, estimatore del regime nordcoreano, ha difeso, ignorandone la portata provocatoria, la notizia dell’esperimento, spiegando, anche quando fosse vero, che chiunque ha il diritto di difendersi, anche con le armi nucleari, annunciando una visita all’ambasciatore nordcoreano in Italia.
Non sappiamo se il sisma sia stato provocato dall’esplosione ordinata da Pyongyang o se Pyongyang abbia sfruttato un sisma per cavalcare ancora una volta la propaganda, ululando, stanco copione, alla luna come un lupo triste e solitario.
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