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Finestre di nanoparticelle luminescenti: e l’edificio diventa fotovoltaico

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Lastre di plexiglas o vetro che trasformano una finestra in pannello solare che, trasformandosi a sua volta in un generatore di elettricità, potrebbe alimentare i computer di un ufficio, condizionatori d’aria, l’illuminazione di un’abitazione. Dietro questa soluzione innovativa ci sono gli studi dei ricercatori del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca – coordinati da Francesco Meinardi e Sergio Brovelli –, che, in collaborazione con il Los Alamos National Laboratory UbiQD, hanno ideato dei concentratori solari luminescenti; in questi hanno incorporato delle speciali nanoparticelle capaci di assorbire la luce solare, quindi trasferita alla lastra, dove piccole celle solari, a sentinella del perimetro, raccolgono la luce, convertendola in elettricità.

La scoperta fu annunciata nel 2014 con uno studio Large-area luminescent solar concentrators based on ‘Stokes-shift-engineered nanocrystals in a mass-polymerized PMMA matrix– pubblicato su Nature Photonics. In poche parole, cos’era stato scoperto? Che semplici lastre di plexiglas o di vetro “drogate” con nanoparticelle fluorescenti, dette cromofori, catturavano e concentravano, convogliandola verso i bordi, la luce solare, trasformando le vetrate degli edifici in generatori di energia pulita.

Un passo in avanti, sì, perché la sfida era realizzare materiali privi di ri-assorbimento, superamento dei cromofori standard che, insegna l’esperienza, riassorbono, sebbene parzialmente, la loro fluorescenza. In caso di ri-assorbimento, infatti, la luce emessa da un cromoforo viene ri-assorbita dal cromoforo successivo, con un’intensità che tende ad affievolirsi, fino ad “azzerarsi, via via che ci s’avvicina al bordo della lastra”. Con i cromofori standard, infatti, non era stato possibile, fino ad allora, realizzare concentratori solari luminescenti adatti a un impiego in “contesti reali” come “vetrate, serre, coperture trasparenti”. Per convogliare la luce verso i bordi della lastra, si pensò, così, di “sfruttare” il fenomeno della “riflessione totale interna”, che è, poi, quel che si fa con le fibre ottiche per telecomunicazioni, dove la luce è trasformata in energia elettrica da “piccole celle solari” collocate lungo gli spigoli.

Una scoperta dai grandi benefici sul piano del risparmio energetico e della sostenibilità degli edifici: “Questa tecnologia di cui noi avevamo fornito la prova di principio solo un anno fa” così, infatti, Sergio Brovelli “diviene ora una realtà facilmente scalabile per la produzione industriale e potrà essere immediatamente utilizzata nella green architecture e nella building sustainability. Con questi nuovi nano-materiali altamente performanti sarà possibile nel breve periodo realizzare finestre fotovoltaiche o altri elementi architettonici flessibili e semi-trasparenti per convertire non solo i tetti ma tutte le parti di un edificio in generatori di energia solare, come sempre più fondamentale nei contesti ad elevata urbanizzazione. Le nostre stime indicano che sostituendo le vetrate tradizionali di un grattacielo come lo Shard di Londra con i concentratori che abbiamo brevettato, si genererebbe l’energia necessaria alla totale auto-sostenibilità di circa 300 appartamenti. Aggiungete a queste cifre il risparmio energetico derivante dal ridotto ricorso al condizionamento ambientale, grazie all’assorbimento della luce solare da parte dei concentratori solari che limita il sovra riscaldamento degli edifici, e avete una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria per le città a energia zero del futuro”.

Una scoperta importante, con tanto di nuova pubblicazione – Highly efficient large-areacolourless luminescent solar concentrators using heavy-metal-freecolloidal quantum dots – su Nature Nanotechnology. Nello studio, finanziato dall’Unione Europea e dalla Fondazione Cariplo, si parla di aumentare l’efficienza fotovoltaica grazie a “lastre essenzialmente incolori, molto simili alle tipiche lenti degli occhiali da sole grigio-brune”, una soluzione ad hoc, spiega Francesco Carulli – che ha lavorato al progetto durante la sua tesi di laurea in Scienza dei Materiali, ciò che gli è valso il premio Technology for Human beings di Prismian Group – per poter integrare in “modo invisibile” le “nuove finestre fotovoltaiche” nel “contesto urbano”.

Non solo, i pannelli del team Bicocca-Los Alamos non sono tossici: niente cadmio, niente altri metalli pesanti. “Affinché questa tecnologia potesse uscire dai laboratori di ricerca ed esprimere il suo potenziale nell’edilizia sostenibile” rassicura, infatti, Francesco Meinardi “è stato necessario abbandonare schemi composizionali delle nanoparticelle dati per scontati fino a ieri. Invece di continuare a lavorare con i classici cristalli semiconduttori a base di metalli pesanti come il cadmio o il piombo noi abbiamo realizzato nanoparticelle costituite da leghe di più elementi, riuscendo ad ottenere concentratori non tossici, con straordinarie capacità di assorbimento della luce del sole, e che al contempo preservano la caratteristica chiave di non riassorbire la luce emessa da loro stessi. In questo modo abbiamo coniugato le elevate efficienze e le grandi dimensioni richieste per la costruzione di elementi architettonici reali. Il fattore estetico è poi di fondamentale importanza perché una soluzione tecnologica per essere accettata non può andare a discapito della qualità della vita”.

 

Abbiamo parlato di: 

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