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Perché quella della psichiatra di Pisa è la cronaca di una morte annunciata: crescono aggressioni e abusi. Cosa si può fare

Il massacro di Barbara Capovani è l’espressione apicale di un’infinità di episodi di abusi, soprusi e violenze subiti dentro e fuori gli studi e le corsie da pazienti o dai loro parenti

Perché quella della psichiatra di Pisa è la cronaca di una morte annunciata crescono aggressioni e abusi Cosa si può fare

La dott.ssa Barbara Capovani. Foto Ansa

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La psichiatra dell’Ospedale di Santa Chiara di Pisa Barbara Capovani è morta dopo l’agguato di un ex-paziente. Dalle prime indagini, l’aggressore della dottoressa di 55 anni avrebbe premeditato il pestaggio a sprangate e non avrebbe manifestato pentimento dopo l’attesto. La psichiatra odiata forse per le sue relazioni cliniche su quel paziente 35 enne “antisociale,  narcisista e paranoico” lascia tre figli, famiglia e amici. Sconvolti i colleghi e la comunità delle professioni sanitarie.

Chi lavora negli ambiti della salute mentale (e non solo) potrebbe facilmente riconoscere nel massacro della dottoressa Capovani l’espressione apicale di un’infinità di episodi di abusi, soprusi e violenze subiti dentro e fuori gli studi e le corsie da pazienti o dai loro parenti. Per questo dopo l’assassinio di Pisa nel lutto e nella solidarietà per la vittima riecheggiano sentimenti d’ingiustizia, di smarrimento e di paura sempre più diffusi e demoralizzanti per la categoria dei sanitari.

La crisi pandemica ha evidenziato la brutalità con cui medici e operatori ospedalieri siano stati da prima beatificati come angeli con le ovazioni dai balconi durante la quarantena e poi demonizzati, insultati e maltrattati innumerevoli volte dai loro assistiti o dai familiari degli utenti come sappiamo dalle cronache. 

Il dramma del Covid ha funzionato come amplificatore di un disagio psicologico e sociale precedente ampiamente diffuso e di conseguenza ha mostrato la fragilità culturale, strutturale ed economica del sistema sanitario nazionale. Un sistema che con le sue carenze materiali, la burocrazia e la cronica mancanza di personale può danneggiare i pazienti e annoverare tra le sue vittime “invisibili” gli operatori sanitari sempre più colpiti da stress e burnout e patologie correlate come ansia, depressione, difficoltà affettive e relazionali.

La cronica insufficienza di fondi, la disorganizzazione dei servizi e la bassa sensibilizzazione dei cittadini alla priorità del benessere emotivo ricadono in particolare sui professionisti della salute mentale - psichiatri, psicoterapeuti, psicologi, ecc. - costretti a operare in condizioni inadeguate con un’utenza che arriva spesso tardi, ovvero con psicopatologie conclamate dopo anni dalla comparsa dei primi scompensi.

Così non di rado l’urgenza dei pazienti “psi” e delle loro famiglie può alimentare aspettative miracolistiche nei confronti degli operatori che non fanno magie, meno che mai quando fronteggiano emergenze psichiatriche in contesti che non li proteggono sufficientemente dalle aggressione fisiche, né li tutelano da altre forme di persecuzione come lo stalking o l’intimidazione previo minacce giurisprudenziali. La frustrazione degli assistiti in questo modo può mutare in aggressione verso chi assiste, sino a conseguenze letali come accaduto a Pisa.

La morte di Barbara Capovani per mano di un paziente con un grave disordine della personalità (ma non per questo incapace di intendere e di volere), un paziente con precedenti di violenza fisica e verbale contro altri psichiatri, deve aprire un discorso permanente sulla sicurezza degli operatori sanitari e sulla necessità di dotare il sistema sanitario nazionale di dispositivi efficaci e capillari di prevenzione, di consulenza, di primo soccorso e terapia psicologica e psichiatrica.

La dott.ssa Capovani salutata ieri con due minuti nel suo ospedale, ha voluto donare gli organi un segno ulteriore e definitivo dell’amore e della dedizione verso gli altri.

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26/04/2023