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Stop alla cattura di richiami vivi e uccelli selvatici: il Parlamento impallina i bracconieri

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Certo, c’è voluta l’Unione Europea a ricordare all’Italia che la cattura degli uccelli migratori utilizzati come esche vive per la caccia era immorale, che imprigiornarli, infliggendo loro ogni sevizia, era inammissibile. Lager per pennuti fonte di gioia per cacciatori e bracconieri e di denaro per gente dedita al malaffare. Crudeltà e business: una miscela amara.

E nel Parlamento italiano c’è voluto il coraggio di chi, scontrandosi con la lobby della caccia, ha portato avanti la propria battaglia. Vincendola. Certo, c’è voluta l’Unione Europea e ci sono volute le infrazioni contro l’Italia. Una storia che Tiscali ha raccontato il 3 novembre scorso – quando sembrava che la lobby della caccia avesse vinto – denunciando episodi di malaffare e bracconaggio dietro gli uccelli migratori usati come richiami vivi. 

Intanto, il 23 luglio, dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge d’iniziativa del governo Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea – Legge europea 2014. Le disposizioni relative alla cattura dei richiami vivi sono quelle contemplate dall’art. 21, quindi dall’art. 22 del Capo VIII, quello, cioè, sulle disposizioni in materia ambientale. 

L’art. 21 stabilisce che il comma 3 dell’art. 4 della legge 157 dell’11 febbraio 1992 viene sostituito dal seguente comma: “L’attività di cattura per l’inanellamento e per la cessione ai fini di richiamo può essere svolta esclusivamente con mezzi, impianti o metodi di cattura che non sono vietati ai sensi dell’allegato IV alla direttiva 2009/147/CE da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall’ISPRA. L’autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell’attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività”. In poche parole: al bando, come previsto dalla Direttiva Uccelli comunitaria, reti, trappole, vischio per la cattura dei richiami vivi. Poiché i richiami vivi possono essere catturati solo attraverso reti, vischio e trappole, da oggi la loro cattura, considerato il divieto ora in essere, sarà impraticabile. 

Con l’art. 21 vengono quindi abrogati i commi 1-bis e 1-ter dell’art. 16 del Decreto Legge 91 del 24 giugno 2014, convertito, con modifiche, dalla legge 116 dell’11 agosto 2014. Il comma 1-bis modificava il comma 3 dell’art. 4 della legge 157 dell’11 gennaio 1992 con: “Non è consentita la cattura degli uccelli ai fini di richiamo, salvo nei casi previsti dall’articolo 19-bis”. Con l’abrogazione di tale comma il divieto di cattura degli uccelli destinati al richiamo non conoscerà più alcuna eccezione. Il comma 1-ter modificava, invece, “di cattura” del comma 2 dell’art. 5 sostituendolo con “allodola; cesena, tordo sassello; tordo bottaccio; merlo; pavoncella e colombaccio”.

Un duro colpo per chi, nel mondo della caccia, vede nell’Unione Europea un fattore che condiziona “negativamente l’attività venatoria”. Né nel mondo della caccia mancano frizioni fra le varie associazioni. “La caccia è a un bivio” così, ad esempio, Carlo Bravo, presidente regionale dell’Associazione Lombarda Cacciatori nel suo appello in vista della seconda giornata nazionale dell’Orgoglio Venatorio, tenutasi il 17 maggio scorso a Bastia Umbra “c’è chi come il Polo Associativo Venatorio vuole rivendicare la centralità della nostra passione senza scendere a patti con il nemico e chi fa scelte diverse. La realtà è che il 2015 sarà un anno cruciale per la caccia. Le incognite si chiamano DEROGHE, RICHIAMI, IMPIANTI DI CATTURA (ROCCOLI) alle quali si aggiungono l’ISPRA e i CALENDARI VENATORI”.

L’art. 22 prevede, invece, con la sostituzione della lettera cc) del comma 1 dell’art. 1 della legge 157 dell’11 febbraio 1992, il divieto di commercio di “esemplari vivi, non provenienti da allevamenti di specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri dell’Unione europea, anche se importati dall’estero”. Una triste notizia per quei cacciatori italiani che dai Balcani o, ancora, dalla Grecia arrivano in Italia via mare con cacciaggione di frodo. Una piaga ben presente ai paesi dei Balcani che s’avvicinano all’Unione Europea e a quelli che già ne fanno parte.

Alcuni episodi recenti. Lo scorso dicembre, nel porto di Bari, i funzionari dell’Ufficio delle Dogane, nell’ambito di attività di contrasto ad attività illecite, hanno sequestrato in collaborazione con la Guardia di Finanza e il Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato, ventotto beccacce, due beccaccini e un merlo, tutti privi di certificazione sanitaria. Il bottino è stato rinvenuto su un’autovettura di due cittadini italiani, poi denunciati alla Procura della Repubblica, provenienti dal Montenegro. Sempre nel 2014, ad agosto, nel porto di Brindisi, i funzionari dell’Ufficio delle Dogane, hanno scoperto e sequestrato in tre diverse operazioni, sempre in collaborazione con la Guardia di Finanza e il Nucleo Operativo Cites del Corpo Forestale dello Stato, quattrocento tortore selvatiche. La selvaggina è stata rinvenuta a bordo di tre automezzi provenienti dalla Grecia e condotti da cittadini italiani, poi denunciati all’autorità giudiziaria per “violazione delle norme sulla protezione di specie animali protette dalla Convenzione di Washington”.

La piaga c’è ed esiste, ma è anche vero che da oggi uccelli migratori e uccelli selvatici saranno finalmente liberi di volare. Sulle ali della legge.

 

Per un approfondimento:

Liberi di volare. Malaffare e bracconaggio dietro gli uccelli migratori usati come richiami Articolo Tiscali  

Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea – Legge europea 2014 Testo