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“Mi metto con te solo se dimagrisci”: quando la normalità per una donna è la lotta contro il proprio corpo

"Da zero a 100", di Martina Giraldi, è uno dei brani del libro "Mi racconto per te" del progetto Curvy Pride APS, un’associazione che promuove la pluralità della bellezza

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Ciao, sono Martina e ho quarant’anni. Le persone che mi incontrano mi descrivono come una persona solare, estroversa, positiva, coraggiosa e sicura di sé. Quello che molti non sanno è che per ventiquattro anni della mia vita non sono stata così! Stavo vivendo tranquillamente la mia vita da teenager quando, a quattordici anni, il ragazzino che mi piaceva ha pronunciato la fatidica frase:

“Mi metto insieme a te solo se dimagrisci”.

All’inizio non capivo, ero normopeso, seguivo uno stile di vita attivo e mangiavo in modo sano. Per la prima volta mi sono guardata intorno con occhio critico e mi sono resa conto che in effetti “Ero grassa!”, tutte le mie coetanee erano più magre di me. Da quell’istante iniziò ciò che, purtroppo, è ancora considerata la normalità per una donna: la lotta contro il proprio corpo, cercando di inseguire un ideale di perfezione spesso fittizio e irraggiungibile.

Il primo dietologo che mi ha seguita mi ha accolta nel suo studio con una smorfia di disappunto e ha sentenziato “Niente pane, pasta o dolci!” Dopo mesi di restrizioni riuscii a calare di qualche chilo, che ripresi inesorabilmente quando ricominciai a mangiare normalmente. Dai quattordici ai ventinove anni ho seguito numerosi regimi alimentari (seguita da specialisti), che mi 48 facevano perdere peso per qualche tempo, prima di ingrassare nuovamente con il classico effetto yo-yo.

Non riuscivo più a gustarmi il cibo senza sensi di colpa. Spesso evitavo di mangiare fuori con amici perché temevo che mi giudicassero. Succedeva spesso che ordinassi la stessa pietanza di un’amica magra, magari dopo settimane di restrizioni, e i commensali mi suggerissero di mangiare di meno o di prendere un’insalata. A lei ovviamente non suggerivano nulla, perché era magra. Abitavo in una località marittima e non andavo più al mare o in piscina perché mi vergognavo del mio corpo in costume.

Avevo “una visione dietocentrica della vita”. A sedici anni ho sviluppato il primo disturbo alimentare, la bulimia, che mi permetteva di mantenere il peso in caso avessi mangiato troppo. A vent’anni il mio cervello non sopportava più alcun tipo di restrizione e la bulimia si trasformò in B.E.D. (binge eating disorder, sindrome da abbuffate compulsive).

Per anni ho odiato me stessa e la mia famiglia, colpevole di non avermi trasmesso dei “geni magri”. Intorno ai trentacinque anni mi sono resa conto che la mia vita ruotava attorno alla dieta e al peso: se dimagrivo ero una persona valida, se ingrassavo ero una perdente. Non sapevo cosa fare per uscire da quel circolo vizioso e la frase alla quale pensavo più spesso era “quando sarò magra finalmente potrò vivere appieno”.

Ed eccola, la luce alla fine del tunnel. Arrivò sotto forma di commedia al cinema: Come ti divento bella, con l’attrice Amy Schumer. Quel film mi fece ridere, piangere, e soprattutto la storia che raccontava… era la mia! Da quel momento ho iniziato a guardare il mondo con occhi un po’ diversi (anche se una vocina dentro di me diceva “Beh, Amy Schumer è robusta, ma ha comunque delle belle gambe magre e lunghissimi capelli biondi!”). Ancora non mi sentivo del tutto rappresentata dai media, il mio corpo era ed è “a pera”, mentre le curvy che iniziavano a spopolare in Tv erano più che altro a clessidra, ovvero con seno e sedere prosperosi e gambe snelle.

Un bel giorno sulla copertina di Cosmopolitan vidi lei: Iskra Lawrence, top model curvy inglese, a pera! Finalmente mi sentii rappresentata. Divorai l’articolo, Iskra parlava del movimento “Bodypositive”. Mi informai e venni a conoscenza di iniziative body positive e curvy in Italia, come Curvy Pride e Bodypositive Catwalk, oltre a diversi concorsi di bellezza curvy. A giugno 2019 partecipai a uno di essi per provare e per divertirmi e, inaspettatamente, vinsi. Non ero la più bella, o quella con le curve più proporzionate: ero la persona che trasmetteva più confidence e gioia di vivere.

Questo è il segreto. Non una dieta dimagrante, non un trattamento estetico: il numero sulla bilancia e la taglia non determinano il nostro valore. La nostra autostima, il nostro coraggio e le nostre azioni dicono chi siamo. Io ho “perso” ventiquattro anni della mia vita sentendomi inadeguata, pensando che il mio aspetto fisico offendesse in qualche modo la gente intorno a me. Mi sono ammalata, pensavo che il mio corpo fosse una prigione, ma in realtà lo era la mia mente. In questo momento molte persone stanno combattendo contro le discriminazioni: ci vorrà del tempo per cambiare la mentalità comune.

Non possiamo (ancora) cambiare la mentalità del mondo, ma possiamo cambiare la nostra, iniziando ad amarci e accettarci per quello che siamo, vivendo la nostra vita nel migliore dei modi possibili senza limitazioni dovute alla nostra esteriorità. Credetemi, le persone si accorgeranno della differenza, e sarà il vostro esempio, unito a quelli di tante altre persone, che potrà cambiare la società una volta per tutte.

04/08/2023