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Alessio Boni: “Ormai sono giurassico ma vi spiego come ho capito cos’è l’immortalità”

Voce e interprete tra i più famigliari del cinema, della televisione e del teatro, è riuscito a mimetizzarsi in tanti volti e progetti: da Caravaggio a Puccini, da Walter Chiari a Ulisse

Alessio Boni

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Con Alessio Boni non si possono fare interviste “mordi e fuggi”, ogni volta bisogna concedersi il tempo giusto. Perché quando parla e risponde, oltre ad un flusso continuo di parole, rimandi, la conversazione può prendere inaspettatamente strade diverse, si assiste ad una lezione personale e di sostanza, alla quale in pochi sono invitati. L’occasione avviene alla 72esima edizione Trento Film Festival, dove montagne e cultura dominano. Qui è stato protagonista di un evento insieme al grande alpinista Elio Orlandi, leggendo racconti e legami di un’esistenza tra le vette e in roccia lunga 50 anni. Noi lo incontriamo qualche ora prima, in una sala piena di affreschi, nello scenario di Palazzo Roccabruna, a Trento. Si presenta con un folto capello “mitologico”, ci scherziamo a telecamere spente. È il segno visibile e tangibile del suo lavoro sull’Iliade, in cui ha interpretato Zeus, portato in teatro fino a poco tempo fa, ma non lontano dal nuovo personaggio che lo aspetta: un richiamo affascinante, e già affrontato in passato sul palco, ora da trasportare al cinema in “Don Chisciotte”, in un prossimo film firmato da Fabio Segatori.

Boni, voce e interprete tra i più famigliari del cinema, della televisione e del teatro, è riuscito a mimetizzarsi in tanti volti e progetti: da Caravaggio a Puccini, da Walter Chiari a Ulisse, all’immenso Walter Bonatti, che “ritrova” poco dopo in una mostra ai 70 della prima ascesa del K2 e ai suoi pionieri, e visibile fino al 18 maggio, soffermandosi su un possibile (e ricorrente) pensiero, omaggiare un giorno un altro grande, Giacomo Agostini, bergamasco come lui. Attore, regista, testimone di un processo creativo e di conoscenza, oggi vive un’esistenza che sicuramente attraversa quella più affascinate, l’essere padre. Un ruolo, ne parleremo, a cui si è affacciato da poco, e che lo ha cambiato profondamente.

Se il tuo mondo non ti permette di sognare, scappa verso uno dove puoi

È il motto che lo contraddistingue. “La cosa è molto semplice”, ci dice. “Ci sono due cose nella nostra esistenza che non puoi scegliere.Nella vita puoi scegliere tutto, anche di andartene, purtroppo, nei gesti estremi, ma puoi scegliere di fare ciò che ti pare, se hai voglia, determinazione, coraggio , temerarietà, decisione. Due cose, però, non puoi scegliere, dove nascere e in quale famiglia. Io mi sono sempre domandato, cercando la propria dimensione, la propria via, il proprio sognare, fare quello che ti appartiene, che non è il pre-concetto da. Ero destinato a diventare piastrellista, perché sono nato in una famiglia di piastrellisti, niente di male, ma se non ti piace? Noi abbiamo questa spada di Damocle, fin dai 13-14 anni, che dobbiamo scegliere l’indirizzo del liceo, e poi l’università, perché sei quello che fai, non sei ciò che sei. Vieni inserito nella società per la tua professione, e più vai in alto, più vieni considerato e hai potere. È una modalità che mi è sempre rimasta stretta. Sono nato in un paese dove non mi piaceva fare ragioneria serale, mettere alla mattina giù le piastrelle, non mi piaceva neanche il modo di ragionare del paese. A 16 anni scalpitavo, a 17 ho fatto domanda, sono entrato per un po’ in polizia (a Milano, ndr), e sono scappato. Da lì è stato un modo di evadere”

Dai viaggi in moto a quelli con i figli

“Adoro la moto. Sono stato nel deserto, l’Enduro, ho fatto viaggi con i Tuareg, nelle dune della Libia, in Tunisia, il Marocco, Madagascar, Zimbabwe, Mozambico, proprio perché qui abbiamo e diamo per scontato tutto. Là non c’è niente, mi piace quell’istinto di sopravvivenza alla Robinson Crusoe, determina una forza interiore. Questo non vuole dire che non mi piacciono le comodità, ma scoprire, scalare, come mi è capitato qualche volta. Trovo sia un iniezione di fiducia in se stessi, capisco il cercare che uomo sei, la ricerca dell’infinito. Ma i viaggi sono cambiati tantissimo negli ultimi quattro anni. Ho due figli, Lorenzo, di quattro anni e mezzo, e Riccardo di due e mezzo, quindi sono attorno all’esigenza figliare. È difficile oggi andare in Patagonia (uno delle mete che lo hanno più colpito, ndr) o da altre parti, ci andremo un giorno. Intanto sono tutti piccoli passi, tutto dedicato a loro, raramente mi stacco, voglio farli con loro. La libertà, il richiamo dei sogni, ad esempio, di un personaggio come Elio Orlandi, mi corrisponde un po’: da giovane avevo voglia di prendere la mia vita in mano e che nessuno me la gestisse”.

La paternità

“Quando ha aperto gli occhi di Lorenzo, il primo figlio, ero lì. E siccome ce l’aveva sulla sua pancia la mia signora, Nina (la giornalista, scrittrice e compagna Nina Verdelli, ndr), la sono stato io il primo a vederli. Ho capito cos’era l’immortalità, il passaggio da padre-madre a figlio, dentro entrambi c’è la memoria genetica, delle espressioni, delle attitudini, che puoi ritrovare nel tuo passato, tramandati, vedendoli incrociarsi e ritrovarsi, è una crasi emotiva che mi riporta alla mia infanzia, da cui mi ero un po’ allontanato, visto che ormai io sono giurassico. Torni a fare dei pensieri, dei giochi, è qualcosa di circolare, che ti ridona linfa vitale, la stessa che cerco in loro. Ti stancano da morire, ma alla fine della giornata arrivi felice. È come aver scalato una montagna, anzi un figlio è diecimila volte meglio”.

10/05/2024