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Rocco Siffredi e "Supersex" a Berlino: "Ho pagato caro il mio essere orgogliosamente uomo-oggetto per la donna"

"È una fortuna poter assistere alla rappresentazione della tua vita, del dolore e dell’amore", dice l'attore porno più famoso al mondo e si commuove: “Non sono mai riuscito a fingere, volevo solo proteggere la mia famiglia"

Foto Ansa

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Icona, uomo oggetto, l’attore porno più famoso, insomma il più celebrato, quello che ha fatto scuola, ispirando altri aspiranti giovani a seguirlo, studiando nella sua Academy, a Budapest, ma facendosi seguire dalle basi, e partendo alla maniera di un tempo, come “un cineasta del porno”. Rocco Siffredi è il protagonista della sua stessa vita, che non ha eguali. Nel rispondere, si commuove un paio volte durante l’incontro riguardo proprio l’attesa serie-evento, Supersex, presentata alla Berlinale come evento speciale (uscirà il 6 marzo su Netflix), dove ad interpretarlo sarà  Alessandro Borghi, con, nel cast, anche Jasmine Trinca e Adriano Giannini. “La serie mi rispecchia al 98%, inizialmente pensavo un po’ di meno”, dice. “Avevo dubbi per come certe cose volevano e potevano essere raccontate. Poi l’ho vista, ed è qualcosa di molto forte, è una fortuna poter assistere alla rappresentazione della tua vita, del dolore e dell’amore. Quel 2% è una forma di protezione verso alcuni famigliari, nel dire alcuni no”.

Mascolinità addio?


“C’è stata un’evoluzione”, sottolinea “Negli anni più belli del porno, gli ‘80-’90, quelli di Moana Pozzi, Cicciolina, c’era grande visibilità e libertà nel mondo. Internet poi ha cambiato tutto, stiamo assistendo a una industrializzazione del porno, che è solo una scelta per fare soldi. Lì non sono più film, ma dati, è un ritrovo con tanti gusti, ma nel quale si capisce cosa tira, e la mascolinità si è persa, entrando in una dimensione di pre futuro della sessualità, portandoci così a una inversione. Tutto è finito da almeno 15 anni. Quando io ho iniziato invece nel 1985 non potevo neanche andare in giro, mi guardavano male, poi durante un Festival di Cannes, d’un tratto c’erano tutte le tv, si interessavano a noi". 

Ambizioso, innovativo, antieroe, Siffredi rivive allora in una parabola seriale che però ne tratteggia tante sfumature, dall’adolescenza alle prime esperienze, nelle relazioni, alla scoperta di un mondo in cui è stato il migliore, e che conosce ormai negli angoli più bui. “Mi aspetto curiosità dai giovani, secondo me si interesseranno anche a capire i passaggi difficili che ho vissuto, e quello che oggi è invece spiattellato in maniera fredda. La verità è che si mangia, ma senza gustare, io invece non ricambierei nulla mia epoca”.

 

Il sesso come condanna e vocazione


“Non sono mai riuscito a fingere, volevo solo proteggere la mia famiglia. Ora vorrei poter aiutare nella mia Academy le persone come me a poter accingere a questo mondo, con la voglia di conoscersi, capire l’ essere umano. Negli anni ‘80 guardavano solo ce l’avevo duro, oggi è ultima cosa che chiedo ai giovani attori.  Non riesco completamente a distaccarmi in ogni caso, ma sto benissimo, ho una moglie, io la chiamo Santa Rosa,  che mi sopporta da 30 anni, una famiglia sincera, che cresce con tanta naturalezza. Siamo reali. Per anni sono stato orgogliosamente un uomo oggetto per la donna, mi sono sentito il cazzo del piacere, ero nato per questo, non lo dico per vanto, l’ho sempre fatto nel migliore dei modi, davo tutto me stesso, per questo non ho nessun pentimento, vado a testa alta. Eppure so che per avere tutto questo l’ho pagata. Mi dicevano che con queste scelte non avrei potuto crearmi una famiglia bella quanto la mia. Dentro di me forse non l’ho mai superato come dubbio: me la sono davvero meritata?”

22/02/2024