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Industriali, pugili, scrittrici e contadine: le donne di 50 Paesi si raccontano attraverso occhi, sorrisi e corpi

Il documentario di Anastasia Mikova e Yann Arthus-Bertrand presenta donne capaci di vincere i pregiudizi e il razzismo, ma anche prigioniere di guerra che hanno visto e vissuto degli orrori e mogli che hanno saputo ribellarsi alla violenza dei mariti

di Redazione

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Le donne si alzano in piedi e si raccontano. Figure che nella loro semplicità diventano monumentali e iconiche. Donne vigili del fuoco, pescatrici, capitane d'industria, minatrici, pugili, scrittrici, contadine; capaci di vincere i pregiudizi e il razzismo, ma anche prigioniere di guerra che hanno visto e vissuto degli orrori; mogli che hanno saputo ribellarsi alla violenza dei mariti. Il progetto internazionale Sono solo alcune delle voci, fra le 2000 donne da 50 Paesi che, raccontandosi in prima persona, hanno partecipato al progetto internazionale Woman, un documentario globale sul mondo femminile realizzato da Anastasia Mikova e dal maestro del documentario Yann Arthus-Bertrand (insieme avevano già fatto Human), distribuito da Magnitudo Distribution dal 2 marzo, dopo l'anteprima fuori concorso alla Mostra di Venezia.

Occhi, sorrisi, corpi e storie

Un racconto fatto di storie, volti, occhi, sorrisi, imbarazzi, dolore, risate, corpi che rivelano la propria innata bellezza al di là dell'età o della malattia. Un puzzle sulla vita, che unisce le protagoniste su temi come il lavoro, il modo in cui si vive o non vive, la maternità; il rapporto con il sesso, il matrimonio, l'invecchiare; la guerra; la solitudine.

C'è la contadina russa che descrive il suo amore per il marito, oltre la morte, e la ranchera 58enne prossima alle prime nozze; la donna sudamericana che dai 17 ai 23 anni ha fatto cinque figli perché nessuno le aveva fatto conoscere la contraccezione (il marito era contrario), e la manager e scrittrice di successo, lucida nella sua scelta di dare tutto alla carriera ma anche di aver perso "la formazione di tanti ricordi insieme" a chi amava.

I proventi a un’associazione

Chi racconta la soddisfazione di aver contribuito ad abbattere i muri di pregiudizio ad Harvard, diventando una delle prime donne che si laureavano nella prestigiosa università e chi ha trovato la forza di riscoprirsi come donna, anche combattendo un tumore. I due cineasti devolveranno tutti i provento del film all'associazione che hanno creato ad hoc Woman(s) (Women on media and news - school) il cui obiettivo principale sarà formare ragazze e donne a lavorare nel mondo dei media, in modo da essere capaci loro stesse di raccogliere e trasmettere storie e vite. "Mentre giravamo Human, ci avevano molto colpito le testimonianze delle donne - spiegano i due autori -. Anche se erano spesso timide o sospettose prima delle interviste, poi si aprivano completamente di fronte alla cinepresa, come se avessero aspettato tutta la vita per quel momento, come se per loro fosse questione di vita o di morte. Le donne avevano bisogno di parlare. Ma soprattutto di essere ascoltate, che qualcuno conoscesse le loro storie di coraggio. Quindi abbiamo pensato fosse arrivato un momento di un film interamente dedicato a loro".

02/03/2023