Che fosse una straordinaria imitatrice già lo si sapeva. Che fosse capace di entrare nei panni di donne diversissime tra loro e “rubare” loro l’anima ridefinendone attitudini e sottolineandone manie era chiaro a tutti, fin da quando si era “impossessata” di Belen o di Ornella Vanoni. Ma stavolta Virginia Raffaele ha davvero battuto sé stessa. Nel film “La vita va così”, la commedia dolceamara firmata da Riccardo Milani che ha aperto la Festa del cinema di Roma e che è andata in scena al Teatro Lirico di Cagliari in anteprima nazionale (il film sarà nelle sale a partire dal 23 ottobre), Virginia Raffaele sfoggia un accento sardo perfetto, dove la tipica cadenza isolana non scivola mai in qualcosa di macchiettistico.
Virginia interpreta Francesca, la figlia di un pastore sardo che si oppone ostinatamente a vendere il suo “furriadroxiu” a una società immobiliare del Nord Italia che vuole costruire un resort a cinque stelle a ridosso di una delle spiagge più belle del mondo. La storia è ispirata a una vicenda realmente accaduta della quale è stato protagonista Ovidio Marras, morto l’anno scorso a 93 anni, un agricoltore di Teulada che, unico tra tutti, non ha mai venduto il suo terreno vicino alla spiaggia di Tuerredda, dove lui portava a pascolare una decina di vacche. Non solo. Marras aveva anche citato in giudizio la società che aveva iniziato i lavori di costruzione del resort occupando di fatto anche lo stradello attraverso cui giungeva al mare dalla sua proprietà. E il tribunale di Cagliari gli aveva dato ragione. La classica storia di Davide contro Golia che con i toni della commedia è capace di riproporre una drammatica realtà nella quale la Sardegna si dibatte da decenni: opportunità di lavoro o rispetto del territorio? Sviluppo o sfruttamento? Soldi o identità?
Un film che ha toccato molto da vicino Virginia Raffaele, incapace di trattenere le lacrime quando prima della proiezione viene presentato Giuseppe Ignazio Loi, quello che nel film interpreta l’ostinato pastore Efisio Mulas, “babbu meu”, “mio babbo” come dice lei in sardo.
Virginia come hai fato a imparare il sardo tanto rapidamente?
“ho cercato di fare del mio meglio. I sardo è una lingua difficilissima e la cadenza lo è ancor di più: ho cercato di non stereotiparla. Poi avevo “babbu meu” accanto che comunque mi dava dei consigli e parlavamo in sardo anche fuori dal set”.
Della storia di Ovidio Marras che nel film si chiama Efisio Mulas che cosa ti ha colpito? È una storia paradigmatica, lui è un po’ un eroe dei nostri tempi.
“Non la conoscevo questa storia e sono rimasta affascinata dal fatto che un pastore decida di fare causa a questi giganti immobiliari e a vincerla perfino. È l’emblema del coraggio e della dignità con la quale portare avanti le proprie battaglie”.
Hai girato in posti meravigliosi come la spiaggia di Tuerredda e le campagne vicino a Chia. Che idea ti sei fatta? Secondo te esiste una via che salvi il lavoro ma anche il territorio, il turismo ma anche la sostenibilità?
Dovrebbe esserci questa possibilità rispettando il territorio e l’ambiente . sicuramente qualcosa che possa portare a un paese lavoro e turismo e tutto ciò che serve per andare avanti e sostenersi e rimanere fedeli a se stessi”.
Che cosa hai scoperto della Sardegna?
Mi ha colpito l’umanità. C’è una iniziale scorza da superare ma poi siete come le panadine croccanti fuori e morbidi dentro”.
E naturalmente da sarda acquisita ci saluta in sardo, “a si biri”, “arrivederci”.