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"Una persona non è una taglia: vi spiego cosa vuol dire davvero essere curvy. La mia morbida protesta"

Marianna Lo Preiato, fondatrice di "Curvy Pride", l'associazione nata 10 anni fa che promuove la pluralità della bellezza e dell'essere: "Purtroppo in Italia c'è l'ossessione di un modello fisico. Noi crediamo invece nella bellezza di ogni corpo"

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Sta per festeggiare il decimo compleanno “Curvy Pride”, l’associazione per cui XXL è la misura non di un girovita, ma dell’ottimismo, della positività, della bellezza.

E Marianna Lo Preiato, che di tutto questo è motore e musa ci racconta di come sia stato possibile trasformare una taglia sopra la 42 in un valore.

Come le è venuto in mente Curvy Pride? Sembrava quasi una provocazione.

“In verità nasce proprio come una morbida protesta. Era il primo giugno 2013 e io gestivo un negozio di vestiti a Bologna, ma sempre più spesso mi trovavo di fronte a richieste di clienti che non trovavano la loro taglia. Troppo spesso le case di moda fanno le S o al massimo le M e lì si fermano”.

Si precludono anche una fetta di clientela. Quindi c’è stata anche una preoccupazione “commerciale”?

“Esattamente. E li è nata l’idea di Curvy Pride, un tema che riguarda tutti, anche donne bellissime che si sentono insicure”.

Ora però anche le modelle sono Curvy. In qualche caso è stata addirittura la chiave della loro affermazione.

“La Curvy revolution è un concetto molto americano e da loro è la normalità, quindi sono molto avanti da questo punto di vista, così come accade in altri Paesi. In Italia, invece, purtroppo, c’è ancora l’ossessione di un modello fisico”.

Colpa della televisione negli anni Ottanta-Novanta e poi dei social che propongono un certo modello?

“Sì, è così. Ma ora c’è di più: i filtri che dominano tutte le fotografie o quasi. Nessuno si espone più come è realmente, ma vedrete che passerà anche questo, come alla fine passa tutto ciò che è finto. Nel nostro intimo amiamo le cose autentiche ed il successo di artisti che si presentano al naturale è un’inversione di tendenza che stiamo già osservando e che si affermerà sempre di più”.

Quindi, paradossalmente. c’è il rischio che non ci sia più bisogno di Curvy Pride?

“Tutt’altro, perché Curvy Pride si occupa di moltissime cose e non si limita alla taglia da cui siamo partiti in questa conversazione. Cresciamo sempre più, abbiamo oltre 500 socie, con incontri settimanali su Zoom e poi conferenze nelle scuole, incontri sempre molto emozionanti. E poi trasmissioni in radio, presenze in televisione, libri, racconti. Pensi che due nostre socie si sono tatuate Curvy Pride sul corpo. Significa che sentono l’appartenenza sulla loro pelle. E’ l’atto più forte che si può fare“.

E’ tutto molto bello, belli i tatuaggi, bella l’appartenenza. E poi? Che succede?

“Che ci dicono che abbiamo salvato loro la vita. Che hanno avanzamenti di carriera. Che vincono le loro insicurezze. Che sono persone nuove”.

Avanzamenti di carriera perché sono in Curvy Pride? Ma che forza ha lei, Marianna? Una via di mezzo fra padre Pio e Superman?

“Innanzitutto non sono sola. E devo dire grazie in primis all’altra anima dell’associazione, Simona D’Aulerio. Io sono napoletana, lei di Montenegro di Bisaccia, nel Molise, il paese di Antonio Di Pietro. E ci siamo conosciute a Bologna. Ma il bello di Curvy Pride è che coinvolge persone da tutta Italia, anche dal Nord: Pordenone, Alba, Torino, Milano, giriamo ovunque. E poi facciamo eventi sempre partecipatissimi come la festa dell’inclusione al castello di Santa Severa, duemila persone. E basta farsi un giro in rete per vedere quanto sia alta la nostra reputazione. E il punto centrale, quello che poi porta ai successi personali e professionali, è proprio la nuova consapevolezza di se stessi”.

C’è qualche socia che avete particolarmente a cuore?

“Tutte, è proprio alla base del nostro gruppo la valorizzazione di tutti. Ma mi piace raccontare la storia di Valeria che si è voluta tatuare per gratitudine il nostro logo sulla pelle, in modo che sia indelebile”.

Con un biglietto da visita simile, anche l’inclusività dovrebbe essere favorita. Riscoprire se stesse aiuta anche dal punto di vista dell’affermazione della propria affettività e sessualità?

“E’ esattamente così: ci sono alcune socie che hanno scoperto, anche grazie al nostro approccio teso a scoprire i problemi veri delle persone e non i bisogni e i desideri indotti da modelli pubblicitari o dalla società, di avere un diverso orientamento sessuale rispetto a quello che era loro attribuito. E grazie a questa nuova consapevolezza riescono a vivere molto meglio. Le socie di Curvy Pride sono persone con anima e intelligenza non comuni”.

Sono nati anche amori nei vostri incontri?

“Al momento non è ancora successo, ma non lo escludo affatto. Anzi, me lo aspetto”.

Ma uomini niente? Non possono essere pure loro Curvy Pride?

“Certo che sì. La nostra è un’associazione che dà sicurezze e non occorre avere tutti lo stereotipo del maschio alfa. Abbiamo anche soci uomini e mi piace citare lo splendido signore umbro che viene a tutte le nostre iniziative con le figlie adolescenti. Ma è normale che questo avvenga. Chi entra in Curvy Pride si innamora”.

E se uno non è XXL? Lo cacciate?

“Assolutamente no. Proprio il fatto che il punto centrale del nostro lavoro è l’affermazione della propria personalità porta ad avvicinarsi anche persone che hanno altri problemi come l’alopecia e la vitiligine. La taglia è solo uno degli stereotipi che superiamo”.

 Però, lo ammetta. E’ meglio non mangiare tutto il giorno.

“Certo ed è per questo che ci siamo apertamente dissociate dall’approccio di alcune trasmissioni televisive – non in Rai, dove c’è sempre un’attenzione notevole – che presentavano le persone Curvy come fenomeni da baraccone. E’ ovvio che se si racconta di una signora obesa che mangia teglie di lasagne di prima mattina un problema c’è e non piccolo. Ma più che un problema di alimentazione è un problema di solitudine, sociale. E’ una cosa molto diversa”. 

Quindi viva la golosità?

“Il cibo è una cosa ottima, fa stare bene, è convivialità e Curvy Pride è convivialità, qualcosa che fa stare bene”. 

Perciò la parola “dieta” è una parolaccia?

“La dieta è qualcosa di personale. Ma la fisicità morbida per noi non sarà mai un problema. Anzi”.

14/04/2023