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“Quando il principe è una principessa”, la storia di Monica che ha trovato il vero amore dopo un matrimonio e due figli

Ma raggiungere la felicità non è stato semplice. Gli ostacoli da superare sono stati tanti, e tra questi c’era anche una famiglia che non ha mai accettato di avere una figlia dichiaratamente omosessuale: era una cosa vergognosa

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Cosa ci fa battere forte il cuore e cosa ci dà la spinta per andare avanti e ancora cosa fa muovere il nostro corpo, cosa nutre i nostri sensi? La risposta è: l’amore! Tu dirai: che romanticona! Fin da quando siamo adolescenti sogniamo il principe azzurro che arriva su un cavallo, sguaina la spada e ci libera dalle grinfie della strega cattiva. Solo che io devo aver letto la favola al contrario e quindi non volevo un principe, ma una principessa che mi facesse vivere accanto a sé affrontando insieme tutti i pericoli (tanti) che la vita mette sulle nostre strade. Da sempre sentivo che nel mio domani non c’era la classica storia di due ragazzi che si incontrano, si innamorano, mettono su famiglia, trascorrono un “tot” di tempo insieme e… “vissero felici per il resto della loro vita”.

Sì, ho provato a dare questa gioia ai miei genitori, ma quando realizzi (nemmeno troppo presto) che la vita è la tua e che ciò che stai facendo non ti appartiene, ciò che stai vivendo è una forzatura e soprattutto quando ti innamori veramente, capisci che non basteranno tutte le lacrime del mondo a consolarti o tutti i consigli dei benpensanti a rassicurarti. Pensi solo che vorresti una compagna vicina e non un compagno. 

Così dopo dieci anni di matrimonio e due meravigliosi bambini, la mia vita e quella di mio marito si sono divise. Per “merito” mio? Sì, ma questo ha avuto un prezzo altissimo. Ho vissuto un incubo per diversi anni. Ho fatto la cosa più giusta che secondo me potessi fare: parlare e dirgli io stessa ciò che stava succedendo. Avevo aperto gli occhi, avevo visto oltre e c’era a farmi compagnia il mio entusiasmo, tutta l’emozione di un nuovo amore, tutte quelle cose che avevo perso: l’attesa, il fremito, la gioia. Ma chiaramente avere la presunzione che chi ti sta vicino possa capire è davvero troppo. Illusa. 

Dopo che a cuore aperto ho detto al mio ex che non sarei stata io a renderlo felice perché ero innamorata di una donna, lui è corso dai miei genitori e da mio fratello a farsi compatire/ consolare causando tra me e loro una rottura che non si è mai più risanata interamente. La ragazza che avevo incontrato e per la quale ho fatto questa follia è oggi, dopo vent’anni, la mia compagna. Forse tutto sommato non era proprio sbagliata la scelta. I tempi e i modi forse potrebbero essere opinabili, ma mettere a nudo la propria anima richiede coraggio e resilienza e ho dovuto mettere entrambi questi ingredienti perché la ricetta fosse perfetta. Dopo la separazione, i figli furono affidati a me e due giorni alla settimana li prendeva lui, con orario pomeridiano nei giorni feriali. Il classico weekend alternato nella nostra separazione non era contemplato, perché così io non avrei avuto la possibilità di vedere la mia ragazza e forse mi sarebbe passato anche questo “capriccio”… 

Facevamo i salti mortali per poterci vedere e rubare qualche ora alle nostre vite fatte di lotte continue, di sguardi cattivi, di dispetti e di disprezzo (da parte di chi, teoricamente, dovrebbe proteggerti). La cosa per cui ancora oggi ho evidenti cicatrici. Ricordo, tra i vari episodi, un giorno in cui durante una lite capii che stavo rischiando troppo. Davanti allo sguardo attonito e spaventato del mio bambino decisi di porre un freno a queste continue angherie: chiamai le forze dell’ordine, sperando che loro in qualche modo potessero aiutarmi. Al loro arrivo, quando i militari chiesero a mia madre dove abitassi (le nostre case erano una di fronte all’altra), lei, nell’indicare casa mia, disse che sicuramente c’era stato un malinteso. Quando con fermezza, sfidandola, dissi che l’indirizzo era giusto, non proferì parola, ma se avesse potuto incenerirmi lo avrebbe fatto senza nessuna pietà perché non si poteva o non si doveva gettare del fango sulla famiglia, e avere una figlia dichiaratamente omosessuale all’età di trent’anni e con due figli era una cosa vergognosa. Alla fine dell’esposizione dei fatti che mi avevano indotto a rivolgermi a loro, uno dei due militari disse chiaramente che dovevo andare via da lì. Lo disse come fosse un consiglio ma anche un’esortazione a scappare, un avvertimento pensando al peggio. Seguirono altre serie di dispetti, ma la cosa che mi fece più male fu l’assoluta indifferenza dei miei: non sapevano nulla di me e nemmeno si chiedevano se avessi problemi a sopravvivere, se potevo permettermi una vita dignitosa, se stavo bene, se ero felice. 

Questa parola nessuno ha mai capito bene cosa sia e cosa rappresenti veramente, ma quello che avevamo io e il mio amore, se non era felicità, era qualcosa che ci andava molto, molto vicino. Lavoravo per andare avanti, accompagnavo i miei figli (che nel frattempo crescevano) a scuola e quando ebbi problemi con la schiena nessuno della mia pseudo-famiglia si degnò di portarmi un bicchiere di acqua. Ormai era una lotta senza risparmio di colpi, ma i miei erano colpi a salve mentre i loro facevano male. L’ultimo colpo che mi venne inferto fu l’allontanamento di mio figlio maggiore che scelse, dopo evidenti trame di raggiro, di andare a vivere con il padre. Fu un duro colpo. Assestato con precisione tra lo stomaco e lo sterno. Non lottai perché, sperando di fare la scelta giusta, misi al primo posto il bene di mio figlio ed economicamente il mio ex marito stava messo meglio, anche perché godeva del sostegno sia dei suoi familiari che dei miei. Era ingiusto, ma io avevo un solo obiettivo: raggiungere la mia principessa a Roma. 

Un giorno, dopo sette anni di questo calvario, come ciliegina sulla torta, mio padre venne a cacciarmi di casa. Mi concesse di sistemarmi provvisoriamente in un altro alloggio. Le distanze in termini di metri si accorciavano, loro sopra io sotto, ma la distanza siderale tra le nostre vite era ormai incolmabile. Soffrivo. La sofferenza inferta in tutti quegli anni fu devastante. Dopo otto anni di calvario mi lasciai alle spalle quell’incubo, con la macchina carica di tutto quello che potevo portare via, con solo 50 € in tasca, ma mi sentivo come se stessi raggiungendo Montecarlo, un albergo a 5 stelle e la carta di credito gold. Non era Montecarlo, non c’era l’albergo stellato, ma tanto tanto amore! 

Al paese avevo lasciato tutto e me n’ero andata senza salutare e senza avere la fantasia di chiamare i miei, mai più. Ora dovevo solo riconquistare mio figlio grande e pensare a far studiare il piccolo. Queste sono le priorità di una donna a prescindere dall’orientamento sessuale. Questo aspetto non dà alla persona un pregio o un difetto, non arricchisce né toglie qualcosa. La libertà di vivere ciò che si è con ciò che si sente è una cosa che non ha prezzo. 

Oggi posso dire di avere un ottimo rapporto con entrambi i miei ragazzi, che sono speciali, stupendi, e sono tutta la mia vita! Posso dire che, a seguito di eventi legati alla salute, ho ricucito i rapporti con i miei genitori, ma tutto è molto calcolato e freddo. Mio fratello non ha accettato la mia scelta e mai lo farà, ma va bene così. Gli sguardi cinici e pieni di odio omofobo che ho visto nei loro occhi non sono una cosa semplice da dimenticare e quelle cicatrici ti ricordano che la vita non ha bisogno di eroi, ma di scelte che ti danno onestà di pensiero e libertà di azione. In virtù di questo, dico sempre ai miei fi gli: nel rispetto di tutti potete fare tutto… ma nel rispetto di tutti!
 
La mia vita non è stata facile, come non lo sarà stata per tantissime persone, ma non avrei voglia di viverne un’altra perché gli insegnamenti e la forza che le lotte ti “regalano” servono a forgiare il carattere e a insegnare a chi verrà dopo che i principi fondamentali della vita sono: rispetto e libertà.

23/06/2023