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Agricoltura 3.0: Enea presenta la prima serra verticale italiana

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In città, in futuro, le serre verticali – le vertical farms per la coltivazione di ortaggi “fuori suolo” forse saranno la normalità. Serre verticali si trovano già negli Stati Uniti, Olanda, Giappone, Corea del Sud. L’Italia, con Enea, ha lanciato il progetto Skyland per la costruzione di un eco-edificio urbano a trenta piani per la coltivazione indoor di ortaggi. Nel Future Food District di Expo 2015 si trova intanto esposto il prototipo, grazie a cui i visitatori potranno scoprire come sarà l’agricoltura del futuro. Un futuro a cinque zeri: zero emissioni, zero rifiuti, zero chilometri, zero pesticidi, zero energia. 

Il progetto nasce dalla collaborazione fra gli architetti Giulio Mizzoni e Gabriella Funaro, nonché da ingegneri, fisici, biologi, tutti dell’Enea. 

Del progetto Skyland ci ha parlato Gabriella Funaro, oggi nell’organico del Servizio Enti Locali della Direzione Committenza di Enea e che prima di ricoprire il nuovo incarico ha svolto la propria attività presso il Servizio Prospettive Tecnologiche per la Sostenibilità dell’Unità Centrale Studi e Strategie, continuando a occuparsi di studi settoriali per l’edilizia sostenibile, progettazione urbana eco-compatibile, progettazione di vertical farms, relazioni con soggetti pubblici e privati per un prototipo di vertical farm per Expo 2015, che quindi ha progettato.

Gabriella Funaro si è laureata in Architettura nel 1978. Dopo un’esperienza didattica e di ricerca alla Facoltà di Architettura di Torino, si è occupata di tecnologie per le fonti rinnovabili e l’uso razionale dell’energia per la CTIP Solar di Roma. All’Enea è arrivata nel 1987, dove ha iniziato la sua attività come responsabile della diffusione del risparmio energetico nel settore civile, sviluppando “nuovi metodi e strumenti informativi, formativi e diagnostici per l’efficienza energetica”. Dal 1991 al 2001 è stata direttore aggiunto della Divisione Promozione dell’uso razionale dell’energia, quindi direttore dell’Unità Coordinamento Attività Territoriali. Dal 2002 al 2007 è stata assistente di direzione della Divisione Biotecnologie, coordinando e gestendo, in questo ruolo, progetti per il Consorzio Train sul trasporto intermodale. Dal 2008 al 2009 è stata assistente di direzione dell’Ufficio di Presidenza dell’Enea, dove si è occupata di “pianificazione e coordinamento di attività strategiche” per la sostenibilità dell’ambiente urbano, nonché di studi specifici per l’integrazione delle fonti rinnovabili nell’architettura con il progetto Skyland e il progetto Solar Farm per Masdar City. Fino all’oggi.

Di Skyland, si diceva. Skyland è sostanzialmente un “modello di agro-ecosistema energetico” per l’agricoltura del terzo millennio, un progetto, in buona sostanza, per studiare “nuovi modi di fare agricoltura in un orizzonte di risorse sempre più limitate nel tempo” spiega Gabriella Funaro.

Cosa ha ispirato il progetto? “L’esaurimento delle terre coltivabili, l’urbanizzazione in forte crescita, l’allarme desertificazione, i forti consumi di energia fossile per il trasporto delle derrate alimentari” così ancora l’architetto Funaro “hanno creato lo spunto per riflettere su come ottimizzare la risorsa suolo all’interno delle megalopoli del prossimo futuro. È nato così, nel 2008, il progetto Skyland che vuole essere una sfida tecnologica e progettuale: si tratta di un eco-edificio urbano che integra, in un’unica struttura, l’intera filiera agro-alimentare, partendo dalla produzione indoor fino alla commercializzazione dei prodotti”.

Skyland è una serra a sviluppo verticale per la coltivazione idroponica – coltivazione dove la terra è sostituita da un substrato inerte, come, ad esempio, torba pressata, argilla espansa, lana di roccia  – di alimenti vegetali e  capace di “soddisfare le esigenze alimentari di un quartiere di circa ventimila abitanti”. “La struttura” spiega Gabriella Funaro “utilizza l’energia, i materiali, lo spazio, il lavoro, in modo sostenibile secondo cinque fondamentali paradigmi: zero power, zero waste, zero emission, zero distance, zero pesticides. Essa si configura come uno dei possibili nodi al servizio del distretto energetico in cui è inserita, autosostenendosi e producendo energia per il quartiere, utilizzando fonti rinnovabili (fotovoltaico, biogas, geotermico) e convertendo residui della filiera agroalimentare per la produzione di combustibile, elettricità, calore”.

Il prototipo di Expo 2015 – dove sono stati coltivati basilico e lattughe in cubetti di torba pressata immersi in acqua con soluzioni nutritive a riciclo continuo e dove la crescita della piante è assicurata da una illuminazione a Led che “replica le condizioni naturali”, accelerando la fotosintesi clorofilliana – si presenta come una struttura metallica con pannelli di vetro trasparenti sui lati est e ovest e pannelli termoisolanti sui lati nord e sud. Sul lato nord si trova uno schermo a Led, mentre la porta di servizio si apre sul lato sud. Sui lati est e ovest sono, invece, presenti scaffalature con sei ripiani, progettate per sorreggere le vasche a flusso e riflusso, contenenti acqua con sostanze nutritive e colture.     

 

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