“Gli uccelli del paradiso vivono in un’isola ai confini della terra, uno degli ultimi luoghi intatti del nostro pianeta. Il mio sguardo indaga la loro fragile bellezza, i colori, le forme che sfoggiano per apparire bellissimi agli occhi attenti delle loro compagne. Una piccola finestra aperta su un mondo in bilico, inesplorato, che tenta ancora di rimanere inaccessibile”.
Parole d’incanto, che sanno di mondi puri, lontani. I tanti mondi del mondo di Alice. Ecco le sue creature colorate, che ammaliano gli occhi, il Cicinnurus respublica, il Cicinnurus regius, il Cicinnurus magnificus, la Paradisaea apoda, la Paradisaea decora e che a Genova saranno in esposizione nella Sala Dogana di Palazzo Ducale, con altre curiosità del mondo naturale, fino al 14 giugno nell’ambito di Piccolo compendio di animali perduti, esposizione, a cura di Mariacarla Auteri, di opere di Alice Padovani.
Modenese, classe 1979, studi in Filosofia e in Arti Visive all’Università di Bologna, dal 2000 al 2009 attrice presso la Compagnia Laminarie di Bologna, fondatrice nel 2005 di Amigdala, associazione nata nell’ambito del teatro di ricerca e delle arti contemporanee, dove lavora come regista e organizzatrice di eventi fino al 2012, grafica del Comune di Modena dal 2009, Alice Padovani, che predilige “l’utilizzo del disegno, dell’installazione e della perfomance”, ha all’attivo, come artista visiva, diverse personali e collettive sia in Italia che all’estero e ora a Genova con la sua personale sugli “animali perduti”.
“Di animali estinti ho iniziato a occuparmi nel 2012” racconta “a seguito di un mio desiderio di evocare un tipo di memoria che si sta perdendo. Una memoria del mondo che l’uomo considera marginale ma che, come ben sappiamo, non lo è”.
Un amore per il mondo naturale che ha radici antiche, con Alice piccola naturalista, lei che viveva in una casa che “sembrava un museo”, che arrivava a scuola con i suoi trofei: “Il mio amore per il mondo naturale è qualcosa che porto con me da sempre, anche grazie a un’infanzia che mi ha permesso di essere curiosa e libera. Da bambina mi aggiravo in una piccola casa che sembrava un museo. Ne andavo così fiera che a scuola portavo meraviglie e reperti da mostrare a compagni di classe increduli e ammirati: fossili, conchiglie, insetti… In classe ero considerata quella strana, ma le cose che portavo erano così belle che invece di essere emarginata diventavo semplicemente ‘diversa’. Tutti, prima o poi, volevano vedere la collezione di coleotteri di mio padre”.
Un’infanzia come una “sorta di regno della meraviglia”, il “paradiso non del tutto perduto” racconta ancora l’artista “che posso rivivere attraverso le forme della natura. Raccolgo con lo sguardo e poi disegno per ricordare. Colleziono e conservo per creare visioni di bellezza. Disegno ciò che è altro, diverso da noi perché porta in sé una bellezza sconosciuta. Da questo e da molto altro deriva il mio interesse per il regno animale, vegetale. Noi stessi siamo animali che si sono dimenticati del proprio passato: lo sguardo di una bestia ce lo può ricordare”.
“Questa bestia non è più. Estinta. Scomparsa, finita, cacciata, mangiata. Perduta per sempre”, sono gli “animali perduti”, come quelli di Mnemosyne, opera, che integra il progetto, di ventotto tavolette di legno di balsa, “diario visivo” di oggetti che sono solo “vaghi ricordi”, “compendio di animali perduti, piccolo, difficilmente enciclopedico”, “elenco di parti anatomiche”, “inventario di occhi”, “atlante di strane creature destinate all’oblio”, “memoria in pezzi”.
E la speranza che forse non tutto è perduto, con le creature, esplosione di colori, della serie Paradisee, concepita come “l’unica nota colorata all’interno della mostra” spiega l’artista “proprio perché si tratta di uccelli non ancora estinti, ma che rientrano da diversi anni a questa parte all’interno della lista delle specie minacciate o a rischio di estinzione. I loro colori sono un inno alla vita, ma la loro è una bellezza fragile. Il loro equilibrio è precario perché abitano in una zona davvero ristretta del mondo, la Papua Nuova Guinea, e con il progressivo popolamento da parte dell’uomo anche le loro foreste si rimpiccioliscono, causando la loro sparizione. Diciamo che i loro colori e il fatto di essere solo ‘minacciati’ ma non ancora estinti, incidono sul progetto degli animali perduti con una nota di vaga speranza”.
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