Cosa fare oggi di una pannocchia di mais? Utilizzarla per ricavarne energia o destinarla al consumo alimentare? Tempo fa un quotidiano italiano pubblicò un articolo sul boom delle centrali biogas chiedendo un parere a uno zootecnico, che bocciò l’ultima tendenza in fatto di energie rinnovabili. Un lettore, uno che con il mais ci deve vivere, commentò: “Grazie alle centrali biogas ho potuto vendere il mio mais e ottenere un minimo per far vivere la mia famiglia. Se non ci fossero queste centrali, il mio mais verrebbe venduto sottocosto e le aziende cerealicole chiuderebbero nel breve periodo. Un quintale di mais venduto a dodici euro per uso alimentare è una vera rapina ai danni dell’agricoltura, ci pensate voi benpensanti a coprire i costi fissi per ottenere questo prodotto?”.
Diverso il parere di un altro lettore, critico nei confronti di prodotti agricoli per l'alimentazione umana e animale destinati alla produzione di energia, definendo la cosa “pura follia”. O di un terzo lettore preoccupato per l’aumento del costo di terreni, foraggi e cereali, nonché per l’impoverimento del settore agricolo e degli agricoltori e l’aumento dei prezzi al consumo.
Come si vede, prospettive diametralmente opposte. Il clima, acceso, ricorda quello di quando il Brasile, anni fa, annunciò di voler investire nella canna da zucchero per ricavarne biofuel, sollevando con ciò un vespaio di polemiche. Del suo biocarburante il Brasile si fa, ancora oggi, vanto, tanto che ai tempi dei Mondiali di calcio alcune compagnie aeree hanno imbarcato turisti e tifosi su aerei alimentati a biofuel. E a proposito di aerei, una sorpresa l’ha riservata l’alga Isochyris solitamente usata in acquacoltura e dalla quale i ricercatori della Western Washington University, in collaborazione con i colleghi della Woods Hole Oceanographic Institution, hanno scoperto come ricavare biodiesel e carburante per aerei.
Torniamo in Italia, dove a dicembre è arrivato Maurice O’Callaghan della cooperativa irlandese Drinagh, nata nel 1923 nel West Cork, e che a Bertiolo, in provincia di Udine, ha visitato la centrale a biomasse della Greenway, società costituita da tre famiglie di imprenditori agricoli, con Marco Tam presidente e Gabriele Gardisan vicepresidente.
L’impianto, realizzato nel 2012, è alimentato da una filiera di una quindicina di imprese agricole che, davanti alla crisi del settore piegato dal ribasso delle commodities, hanno convertito la propria attività tradizionale in produzione di biogas, rimanendo così sul mercato sfruttando le opportunità offerte dalle rinnovabili e producendo su circa trecento ettari di terreno tutta la biomassa necessaria.
La centrale, situata nell’area industriale di Bertiolo e della potenza di un megawatt, può produrre circa ottomila e cinquecento MwH all’anno. Dal 2012 ne ha prodotto circa venticinquemila – risparmiando l’equivalente di quattromila e cinquecento tonnellate di petrolio – per un fatturato complessivo di circa sei milioni di euro, metà dei quali con ricadute positive sul Pil locale.
Soddisfatto Marco Tam: “Siamo in linea con il nostro piano industriale, segno che le basi su cui abbiamo costruito questo progetto erano solide. La centrale è ben dimensionata, la scelta della filiera corta ha creato una rete locale molto efficiente intorno all’impianto. Mi preme sottolineare proprio questo aspetto: la scelta di produrre biogas fatta dal sistema agricolo del Medio Friuli non ha prodotto soltanto fatturato, ma ha enormemente arricchito in termini di know-how le persone attive in questa filiera, un patrimonio di conoscenze che sarà molto utile in prospettiva, perché il settore, per essere competitivo, dovrà essere in grado di innovarsi continuamente. Siamo soddisfatti quindi di mettere il nostro know-how a disposizione di colleghi stranieri interessati sia alle opportunità di business che si schiudono sia ai temi dell’ambiente e della sostenibilità, centrali in una scelta strategica come quella del biogas, che è a impatto zero e che stimola l’economia dei territori”.
“Anche in Irlanda gli agricoltori conoscono le difficoltà che hanno investito il settore in Italia e stanno provando a riorientare parte della propria attività” così, infatti, Maurice O’Callaghan. “Il biogas, che da noi non ha trovato ancora diffusione, rappresenta una soluzione di grande interesse che vogliamo percorrere a breve”.
La centrale di Bertiolo, che produce anche digestato, materiale organico per la concimazione dei terreni produttori, già pensa al futuro, con uno sguardo al biometano. “Considerando che già oggi in Italia il parco auto alimentate a metano è di settecentocinquantamila veicoli, se si andrà in questa direzione” prevede Marco Tam “per il settore si apriranno nuove possibilità in termini di occupazione e di innovazione, oltre ad avere evidenti benefici ambientali e di economicità”.