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Si può convivere con il dolore per un lutto anche vivendo al meglio la vita

di Caterina Steri

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 Il lutto, come già accennato tempo fa, è un’esperienza soggettiva costituita da diverse fasi che vengono vissute in periodi e tempi diversi.

Varie sono le esperienze emotive da affrontare: l’incredulità, la disperazione, la rabbia, l’accettazione dell’evento. Alcuni purtroppo sperimentano anche il senso di colpa.

Quest’ultimo può scaturire da situazioni particolari: parole sbagliate pronunciate in precedenza alle quali ora non si può più riparare o perché si sente di non aver fatto abbastanza per chi è deceduto.

Alcuni provano un senso di colpa perché dopo la morte del proprio caro si sentono sollevati o perché hanno dovuto decidere se spegnere le macchine da cui dipendeva il battere del suo cuore.

Tante e diverse possono essere le cause del senso di colpa. Ciò che questo causa comunemente è una cristallizzazione nella vita di chi è sopravvissuto.

C’è chi, per non fare un torto alla memoria del defunto, decide di non concedersi nessun tipo di piacere. Una punizione per dimostrare che dato che il defunto non può più sperimentarle, anche i sopravvissuti non debbano farlo.

Lungi da me il giudicare come ognuno vive il lutto, ma stare fermi e non godere più della propria vita mi pare più sprecare ciò che ci viene concesso ogni giorno che espiare delle colpe (che forse tali non sono).

Ho visto alcune donne che avendo subito lutti importanti hanno deciso di vivere al minimo la vita e di non concedersi nulla che non fosse strettamente necessario. Senza pensare che onorare la vita e viverla al meglio potrebbe essere un riscatto nei confronti della perdita subita e che anche il defunto avrebbe voluto viverla così.

Tanto si può imparare da un’esperienza luttuosa. Si può ad esempio sentirsi terribilmente consapevoli della umana natura mortale. Una sensazione che potrebbe causare paura ed angoscia. Ma come dice Virginia Satir “'La vita non è come dovrebbe essere: è quella che è. È il modo in cui l'affronti che fa la differenza'.

La consapevolezza di non essere eterni potrebbe essere presa ad esempio per vivere al meglio ogni evento e ogni giorno della vita, in modo da darle un senso. La si può intendere onorando la memoria di chi abbiamo perso, riuscendo a fare ciò che l’altro avrebbe voluto ma che non ha potuto per mancanza di tempo. Se invece chi ci ha lasciato non era capace di vivere serenamente, potremmo invece dimostrare alla sua memoria che la vita è bella e per questo va goduta fino in fondo.

Il senso di colpa è solo un freno alla bellezza della vita. Riprendere a sorridere e a stare bene non è un reato, è un ringraziamento verso la possibilità di vivere. E’ anche un modo per sentire vicino il defunto in modo più “leggero” condividendo con il suo ricordo piacevoli esperienze.

E’ luogo comune inoltre che vivere bene significa amare meno la persona scomparsa. Io non condivido questo pensiero. Vivere bene significa essere consapevoli di avere la fortuna di poter andare avanti senza sprecare un attimo.

Con questo discorso non voglio dire che così facendo il dolore per un lutto passerà. Forse con il tempo, se decidiamo di reagire al meglio, si attenuerà. Potremo imparare a convivere con il dolore, a dargli il giusto spazio nella nostra quotidianità e nonostante la sua costante presenza, a godere di momenti felici anche piangendo per la mancanza di chi purtroppo non è più con noi.

 

02/09/2013