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Stati Generali contro il dissesto idrogeologico, e dire che c'era già un Regio Decreto

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In Italia, quando si vogliono fare le cose in grande, si convocano gli Stati Generali. L’11 novembre, a Roma, Graziano Delrio, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha aperto quelli contro il dissesto idrogeologico. C’erano Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile, Gian Luca Galletti, ministro dell’Ambiente e che nel 2010 da candidato dell’UDC alla presidenza della Regione Emilia Romagna si disse favorevole alle centrali nucleari. E c’era Erasmo D’Angelis, coordinatore di #italiasicura, la Struttura di Missione di Palazzo Chigi contro il “dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche”.

Convocare gli Stati Generali? Tanto rumore per nulla. Primo Mastrantoni, segretario nazionale dell’Aduc, l’associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori, ha fatto capire che bastava applicare un Regio Decreto: “È in svolgimento il convegno sugli Stati generali contro il dissesto idrogeologico. Le notizie di inondazioni e di frane sparse qua e là nel territorio nazionale sono di questi giorni. Tragedie, drammi e danni non riescono ad attivare una azione di prevenzione, programmazione e intervento. Eppure, la normativa sul dissesto idrogeologico risale, addirittura, ad un Regio Decreto del 1923 che, all’articolo 1, testualmente recitava: sono sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme… possono, con danno pubblico, subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque. L’avessero applicata, oggi non avremmo questi problemi. Sono state approvate nuove leggi (n. 267/98 e n. 365/2000), ma la realtà è sotto gli occhi di tutti. Abbiamo speso 61 miliardi, dal 1944 al 2012, per riparare i danni da frane e inondazioni. Sistemare il territorio comporta notevoli investimenti e tempi lunghi. Tempi che non si addicono ai nostri governanti presi da appuntamenti elettorali annuali. Così incrociamo le dita quando si verifica un evento avverso, sperando nella nostra buona stella”.

Ora, come reagire nel frattempo al dissesto idrogeologico? Semplice, con uno scatto, chiedendo a direttori di cantiere e operai di farsi un selfie per arricchire la galleria di Palazzo Chigi (e #italiasicura) su Flickr. Mentre l’Italia crolla e affoga, su Flickr, giornalmente, direttori di cantiere e operai si mettono in posa accanto a gru, fossati, pale e tubature, partecipando alla propaganda governativa: stiamo lavorando per voi per “ridurre il rischio che frane e alluvioni danneggino o distruggano del tutto case, attività economiche, ferrovie, autostrade, monumenti, fino alla possibilità che causino vittime”. Annunci di cantieri da aprire, cifre snocciolate, miracoli, perché gli italiani sappiano che c’è un governo che li protegge (salvo accordarsi con le lobby oil & gas per distruggere il territorio).

Davanti agli spettacoli del governare contemporaneo, c’è da avere nostalgia per i Regi Decreti, così essenziali e senza artifici: rispettare il territorio, non violandolo con le opere dell’uomo. C’è una bella illustrazione di Massimo Bucchi con un uomo elegantemente vestito che, a mollo in una città allagata, con un bicchiere di vino in mano dice: “Sembra che la natura stia riprendendo il controllo del territorio”. Niente di più vero.